È proprio vero che la sconfitta è orfana e la vittoria ha molti padri. Così, anche alle nostre latitudini, Tsipras ha trovato molti sostenitori. A destra come a sinistra. Sicuramente sono state le dimensioni della vittoria del NO a lasciare senza munizioni coloro che, soprattutto, a destra, si erano preparati bei discorsi sulla necessità che il governo greco ritrovasse finalmente la via della ragione ed accettasse, in cambio di nuovi finanziamenti, di continuare una certa politica di austerità.
Il più sorprendente nel campo della “destra” è stato sicuramente Marcello Foa, amministratore delegato del gruppo Timeda. In un commento televisivo estremamente chiaro, dopo il referendum, ha sparato a zero contro la politica delle “istituzioni”, insistendo necessità di “cambiare”. Bene. Peccato che l’ammiraglia del gruppo che Foa dirige, il Corrierone, ha di fatto difeso gli orientamenti delle “istituzioni” europee sia prima che dopo il referendum. Provare per credere: leggere l’editoriale di Fabio Pontiggia del 7 luglio.
A sinistra, non poteva mancare la rivendicazione dei social-liberali nostrani. Sostegno pieno a Tsipras e alla sua lotta contro l’austerità. Una lotta che, a sentire le parole del reggente Carlo Lepori, dovrebbe essere condotta dappertutto in Europa. Bene anche qui. Lepori e suoi dovrebbero tuttavia chiedersi chi, in questi anni, ha sottoposto a pesanti cure di austerità non solo il popolo greco, ma anche altre popolazioni; chi, con le politiche ispirate e coordinate dall’UE, continua a seguire politiche che da anni ormai deprimono la crescita economica di tutta l’Europa.
Certo, vi sono molti politici di destra. Ma, la “sinistra” social-liberale, alla quale Lepori e soci si reclamano, ha svolto una parte rilevante, diremmo decisiva, nel condurre queste politiche. Lo ha fatto in Grecia dove il PASOK, ormai assurto a simbolo della corruzione e del malgoverno, ha governato per anni. Lo fa in Italia, dove il segretario del PD, partito al quale Bertoli e compagni hanno rivendicato a più riprese vicinanza politica, dirige un governo che sta attuando una politica neoliberale che nemmeno Berlusconi aveva osato tentare di realizzare. E la Germania, la terribile Germania che vuole morti Tsipras e il suo governo?
Qui, naturalmente, viene messa in evidenza la terribile Merkel, magari acconciata con baffetti hitleriani. Ma come dimenticare che la Merkel è capo di un governo di coalizione con l’SPD, partito da sempre amico e ispiratore del PSS svizzero? E, guarda caso, dopo il referendum sono state le dichiarazioni del vice-cancelliere Gabriel (SPD) e del presidente del Parlamento europeo Martin Schulz (SPD) a dire che, dopo tutto, il voto greco non cambiava granché. Non fa meglio Hollande (al quale ama ispirarsi il sindaco di Bellinzona Mario Branda). Alla fine del suo colloquio con la Merkel ha ribadito che ora tocca a Tsipras fare nuove proposte (sottinteso: di austerità). Come dire: si continua come prima, peggio di prima.
Su tutto questo i social-liberali nostrani dovrebbero interrogarsi. Anche perché la vittoria elettorale di Syriza si è costruita, negli ultimi anni, proprio partendo dalla consapevolezza che le forze social-liberali (come il PASOK) sono entrate in una prospettiva nella quale la dimensione liberale capitalistica ha cancellato ormai qualsiasi aspirazione “sociale”.