Le prime conseguenze della modifica costituzionale che introduce il principio del freno ai disavanzi cominciano a manifestarsi concretamente. Ed appare con chiarezza quello che in realtà era l’obiettivo di quella riforma: l’introduzione di un freno,di fatto permanente, alla spesa pubblica. Che, nel contesto attuale, significa una politica permanente, preventivo dopo preventivo, di tagli alla spesa pubblica.
Avevamo commentato la vittoria dei sì (seppur non ampia: l’aveva approvata il 55%) a quella modifica costituzionale, sostenendo che quella, per le forze che da sempre si battono per una riduzione della spesa pubblica, era la vittoria più importante della legislatura e che la politica di freno ai disavanzi, d’altronde approvata nel suo principio, da quasi tutto lo schieramento politico, si sarebbe trasformata in proposte di taglio alla spesa già in occasione del Preventivo 2016: una predizione scontata.
Ma vale la pena ricordare che quel che rende possibile questo orientamento, oltre il meccanismo introdotto, è la convinzione politica, condivisa – da quel che si è capito – da tutto il governo, di puntare sul pareggio di bilancio entro i prossimi tre anni.
Così, nei giorni scorsi, sono arrivate le prime misure, preannunciate dal capo del DFE, Christian Vitta, ai diretti interessati nell’ambito di incontri informativi.
Funzionari e docenti di nuovo alla cassa
Come era prevedibile i primi a passare alla cassa, nuovamente è il caso di dire, saranno gli impiegati e i docenti cantonali. È ormai da oltre due decenni che la politica di contenimento della spesa del Cantone va a colpire il personale pubblico. Un personale al quale si chiede sempre di più e al quale si offre sempre meno. Basti ricordare, a questo proposito, le numerosissime misure introdotte in passato: dai vari contributi di solidarietà all’aumento dell’orario di lavoro, dalla soppressione di alcune indennità alla recente modifica della cassa pensione.
Ora si annuncia un’altra serie di misure per complessivi 15 milioni: blocco degli scatti salariali, allineamento semestrale degli scatti stessi, diminuzione dell’1% del personale, decurtazione dello 0,5% per chi si trova al massimo della propria categoria di stipendio.
Misure, come ha fatto notare qualcuno, che abbiamo già visto in passato: a denotare la scarsa fantasia delle autorità cantonali, quasi andassero a consultare un immaginario catalogo dei tagli dal quale estrarre, di volta in volta, le misure più adeguate alla circostanza.
Meno soldi ai comuni per la scuola
Una seconda pesante misura è quella che investe i comuni in materia di scuola. Il governo, infatti, ha intenzione di ridurre il contributo cantonale al finanziamento dei salari dei docenti delle scuole elementari e dell’infanzia per un importo complessivo di 12 milioni. In cambio, i comuni godrebbero di una relativa autonomia nella fissazione del numero di sezioni di scuola elementare e dell’infanzia (pur dovendo rispettare le disposizioni di legge sul numero di allievi per classe).
Quali conseguenze questa misura potrà avere è facilmente immaginabile: a cominciare dal fatto che essa tende inevitabilmente ad aumentare le differenze tra quei comuni che possono permettersi di spendere di più per la scuola e quelli che devono tirare la cinghia. Un passo ulteriore verso una scuola dei comuni a due velocità.
La misura, d’altronde, cade in un contesto assai delicato, caratterizzato dall’entrata in vigore del concordato Harmos (che comporta una riorganizzazione dei cicli scolastici) e da una situazione che vede le sezioni di scuola elementare (soprattutto nei comuni più importanti) già al limite del numero massimo legale, in particolare per le scuole dell’infanzia. Questa decisione tenderà a creare pressioni sulla formazione delle classi nei comuni e, di conseguenza, sulla qualità dell’insegnamento.
Di fronte a tutto questo appare più che necessario rilanciare la mobilitazione del personale. In questo senso è da accogliere positivamente la netta presa di posizione del sindacato VPOD che invita il governo a ritirare il pacchetto di misure di risparmio. Ma opposizioni che si limitino a semplici prese di posizione modificano poco i rapporti di forza e, di conseguenza, gli orientamenti del governo.
Appare quindi urgente e necessario tentare di costruire una mobilitazione tra docenti e impiegati che parta immediatamente e che si ponga chiari obiettivi.
I motivi di scontento e frustrazione sono importanti tra il personale del cantone; lo conferma, ad esempio, la recente pubblicazione dei risultati dell’inchiesta condotta dal DECS sulla soddisfazione dei docenti dalla quale emerge profonda insoddisfazione proprio per quei rapporti contrattuali oggi di nuovo sotto pressione. Vi è quindi uno spazio sufficiente per costruire una mobilitazione che abbia un concreto obiettivo da raggiungere nelle prossime settimane.
È in questa direzione che dovrebbero andare l’impegno e le priorità dell’azione dell’apparato sindacale (ancora prima che in inutili campagne elettorali); ”e in questa direzione che dovrebbe andare l’impegno di tutti i militanti attivi nel settore pubblico cantonale.