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blocoDopo le elezioni in Portogallo esisteva, teoricamente, la possibilità di formare un governo a guida socialista, con l’appoggio esterno o l’astensione di Blocco di sinistra e PCP, a patto ovviamente che il PS adottasse una serie di misure minime antiausterità e anti-Troika. Nessuno si illudeva che il PS – responsabile primo, ai tempi del governo Sócrates (ora in galera per via di scandali), del degrado attuale economico e sociale – accettasse una tale ipotesi.

Da ieri esclusa categoricamente dallo stesso segretario socialista António Costa, che in questo modo apre la strada a un governo di minoranza di centrodestra, che dovrà navigare stentatamente fino all’estate, non essendo possibile riconvocare elezioni legislative per l’imminenza di quelle presidenziali. La situazione in Portogallo non è quindi stabilizzata dall’esito elettorale, e andrà seguita attentamente.

Come contributo a una maggiore conoscenza del Blocco di sinistra, che in Italia non ha mai attirato su di sé molte attenzioni, pubblichiamo, con qualche lieve taglio, un contributo “di base” di Rui Matoso, in garbata polemica con un esponente del PCP, che sottolinea alcune delle “novità” che a suo parere stanno alla base della “rinascita” del Blocco.

Per non appesantire il testo con note e rimandi, abbiamo raggruppato in una nota finale un minimo di informazioni sulle persone citate, del tutto o quasi ignote in Italia. (Note di redazione a cura di Antonio Moscato)

 

«E adesso, che cosa mai festeggia il Blocco di sinistra?»

 

La domanda che riporto come titolo di questo articolo, posta da Carlos Vidal nella sua pagina Facebook nel corso della nottata elettorale, mi serve da alibi per una possibile risposta, senza alcuna intenzione di abbandonarmi a polemiche innecessarie fra compagni, e tanto meno fra il Partito comunista portoghese (PCP) e il Blocco di sinistra (BE), poiché non mi compiaccio per niente di discorsi e atteggiamenti settari e, soprattutto, ho molta stima intellettuale per quello storico e critico d’arte, al quale debbo parte della mia formazione estetica. […]

Il Blocco, al contrario di ciò che la domanda retorica vuole insinuare, ha molte e diverse ragioni per festeggiare il risultato elettorale del 2015. A cominciare dal fatto inequivocabile di aver ottenuto il maggior numero di deputati dal 2009 e di aver recuperato i voti persi nel 2011. Ma la risposta che ho dato a quel post postelettorale è stata che il BE deve festeggiare essenzialmente la forza d’animo, la resilienza e l’energia interna che ha dovuto mettere in campo per conseguire questi risultati dopo tutte le frizioni, le dissidenze e le trasformazioni sofferte a partire dal 2011. Per qualunque organizzazione o collettivo è sempre entusiasmante verificare che la sua percezione della realtà e la sua strategia sono valse a risolvere crisi interne e, simultaneamente, si sono dimostrate efficaci per il suo sviluppo verso l’esterno.

Non v’è dubbio che è piacevole festeggiare la vittoria, ma questo fatto non si può ridurre a una (ri)seduzione estetica e superficiale con la quale le malelingue di sinistra pretenderebbero di spiegare il risultato, evocando un presunto «innamoramento» della stampa [per il BE] per poter così sminuire il valore intrinseco dei candidati, del programma e degli attivisti del Blocco. I fatti e le notizie sono lì a dimostrare quel che i media vaticinavano per il BE: «Il Blocco a rischio di disintegrazione…» (Público, 2014); «Blocco di sinistra: il partito che avrebbe voluto essere come Syriza ma che è fallito» (Jornal on-line, 2015). Vi è stato anche chi si è concesso l’infame lusso di decretare pubblicamente «La fine del Blocco di sinistra» (Observador, 2014). E, per concludere, nel ciberspazio non mancano certo esempi di questo tenore, visionario e anacronistico. E’ altrettanto sicuro che entro breve tempo avremo notizie opposte, con titoli egualmente tromboneschi, del tipo: Il BE rinasce come una fenice politica; Il Blocco riacquista nuova vita; I bloquistas si fingevano morti ma erano ben vivi, eccetera…

Dal punto di vista interno sono egualmente pubblicamente note le varie tappe della crisi di crescita, chiamiamola così, che il BE ha dovuto attraversare dal 2011. Sono state molte e simultanee: l’appoggio a Manuel Alegre (2011), la perdita di metà dei deputati (elezioni del 2011), la dissidenza di Rui Tavares, deputato (indipendente) eletto per il BE al Parlamento europeo; la morte di uno dei fondatori del BE, Miguel Portas (24 aprile 2012); le dimissioni di Francisco Louçã dal Parlamento e dalle sue funzioni di coordinatore del BE (2012); le logoranti polemiche circa il nuovo modello di coordinamento, detto bicefalo, assicurato da Catarina Martins e João Semedo; il confronto pluralistico e democratico fra le varie correnti fondatrici del BE; l’uscita di João Semedo dal gruppo parlamentare; le dimissioni mediatizzate di Joana Amaral, Daniel Oliveira, Ana Drago, Gil Garcia… e la conseguente frammentazione in micro-partiti e movimenti di matrice bloquista. Tutto questo, e altro ancora, ha ribollito all’interno del BE dal 2011, ed è per questo che sostengo che […] il consolidamento e il rafforzamento della struttura bloquista nel corso di questo quadriennio sarebbero ragioni più che sufficienti per festeggiare […]

Ciò che, a mio avviso, ha favorito l’irrobustimento del Blocco negli ultimi anni risiede nella focalizzazione attorno al codice genetico del BE, nell’aver preso di petto tutte le lotte alle diseguaglianze sociali, nell’audacia con la quale affrontiamo i poteri costituiti e nella proposta di una immaginazione radicale che mira a una democrazia di alta intensità a tutti i livelli. Nell’ultimo anno, e più precisamente dal novembre 2014 e durante la campagna per le legislative, è doveroso sottolineare le capacità di dirigenza politica evidenziate da Catarina Martins e il modo in cui è riuscita a valorizzare il patrimonio bloquista di gente de verdade [gente di parola], gente che resiste all’influenza di ortodossie ed egemonie nazionali e straniere.

E’ egualmente un eccellente motivo per festeggiare che questo risultato elettorale sia anche fondato su una cultura femminista che è trasversale al Blocco, una filoginia propiziatrice di un orizzonte rivendicativo comune e di una soggettività politica emancipata. E’ un segno che lo scontro con la misoginia (fisica e simbolica) della società portoghese comincia a dare risultati positivi, anche in un contesto avverso, conservatore e patriarcale, in cui le pratiche radicate di riproduzione sociale di genere sono ancora abbastanza operative nella società contemporanea – dalle rappresentazioni mediatiche tradizionali ai rapporti fra i più giovani -, come del resto testimoniano le parole d’ordine che la coalizione Avanti Portogallo ha cercato di far passare: il posto della donna è la casa, come dissero Passos e Portas in perfetta sintonia sessista.

Tuttavia, non si tratta tanto del potere formale di rappresentazione di genere, evidenziato negli elogi della stampa a Mariana Mortágua, a Joana [Mortágua] e a Catarina. Quel che realmente importa è il suo riconoscimento popolare, e che nella vita di tutti i giorni si verifichi il rigetto del maschilismo spesso anodino, ma subliminale e integrante del potere simbolico che condiziona in gran parte la democrazia, lo spazio pubblico e la sfera privata.

Viva o Bloco de Esquerda!

 

Nota finale

Carlos Vidal, col quale polemizza Matoso, è un artista plastico, attivo nel PCP. Passos e Portas sono rispettivamente il primo ministro e il vice-primo ministro, l’uno a capo del Partito socialdemocratico, l’altro di quello popolare, uniti nelle elezioni nella coalizione Avanti Portogallo (PàF). Manuel Alegre è uno storico dirigente del Partito socialista, rappresentante la sua ala sinistra. Il riferimento è alle elezioni presidenziali del 2011, in cui fu appoggiato, oltre che dal PS, dal Blocco. Catarina Martins, attrice teatrale, dal 30 novembre 2014 è portavoce del Blocco, eletta a Porto nel 2009 e 2011, e rieletta quest’anno. Mariana eJoana Mortágua sono due gemelle (la prima economista) molto attive nel Bloco. Figlie di un dirigente della Lega d’unione e d’azione rivoluzionaria (LUAR), un’organizzazione armata attiva durante il salazarismo, sono entrambe state elette, a Lisbona e a Setúbal. Francisco Louçã è stato un dirigente della Lega comunista internazionalista, poi Partito socialista rivoluzionario, sezione portoghese della IV Internazionale e una delle tre organizzazioni all’origine del Blocco. Parlamentare dal 1999 al 2011 e a lungo coordinatore del Blocco, ha passato le consegne alla generazione successiva. João Semedo ha fatto parte del Comitato centrale del PCP, uscendo da questo partito nel 2003 per fondare la piccola organizzazione Rinnovamento comunista ed entrare nel 2004 nel Blocco. Miguel Portas ha militato nel PCP (1973-1989) per partecipare anni dopo alla fondazione di Política XXI, una delle tre organizzazioni alle origini del Blocco. E’ stato eurodeputato. A Política XXI è appartenuto anche Daniel Oliveira, nel Blocco dalla fondazione al 2013. Rui Tavares stato eletto al Parlamento europeo nelle liste del Blocco nel 2009, come indipendente. Due anni dopo, mantenendo il seggio, ha abbandonato il gruppo del Blocco e ha fondato (2013) Livre, di orientamento ecologista e favorevole a un avvicinamento al PS. Alle elezioni ha ottenuto risultati deludenti. A Livre è approdata anche Ana Drago, deputata per il Blocco dal 2005 al 2011, esponente di Fórum Manifesto, corrente che si è scissa dal Blocco. Joana Amaral, eletta al Parlamento per il Blocco nel 2002, è stata protagonista di varie giravolte politiche che l’hanno portata fuori dal partito. Ha fondato un effimero movimento, Agir, che alle elezioni ha ottenuto risultati irrilevanti. Nella coalizione di Agir figurava anche Gil Garcia, dirigente del Movimento Alternativa socialista, che fa parte del raggruppamento internazionale cui appartiene anche il minuscolo Partito di alternativa comunista in Italia. Il MAS deriva da una piccola scissione del Blocco (2011). (c.d.)