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arenzi-squinzi-640E’ partito l’assalto finale alla classe lavoratrice e ai diritti del lavoro: chi pensava che i capitalisti potessero accontentarsi del Jobs Act e dei tanti regali che hanno avuto nel corso degli anni, si sbagliava di grosso. Aveva dimenticato le dure regole della lotta di classe: la borghesia, di fronte alla crisi economica e alla crisi storica del movimento operaio, sceglie di non fare prigionieri.

Aveva dimenticato anche l’elementare principio che se dai un dito ai padroni questi si prendono la mano, poi il braccio e tutto quello che serve loro per aumentare a dismisura lo sfruttamento del lavoro.

Siamo di fronte a un vero e proprio complotto contro la classe lavoratrice, orchestrato in modo congiunto e concordato tra governo e Confindustria.

Renzi muove tre pedine in contemporanea: punta a colpire il diritto di sciopero, già limitato da molte norme nel settore pubblico, con una sua drastica limitazione e togliendone la titolarità ai lavoratori, per “lasciarlo” solo nelle mani degli apparati burocratici sindacali, sulla base di una loro presunta soglia di rappresentatività; lavora per stabilire per legge un nuovo sistema di contrattazione col pretesto che Confindustria e direzioni sindacali hanno difficoltà a trovare un accordo; fa balenare l’introduzione del salario minimo per legge (per altro a un livello infimo) come misura democratica e sociale di fronte al dilagare dei salari di fame indotti dalle varie forme del lavoro precario, nero e grigio. Ma anche qui, il suo obiettivo di fondo è quello di far saltare l’ultima trincea dei lavoratori, cioè il contratto nazionale di lavoro.

Dopo il blocco diretto nel pubblico impiego e lo svilimento dei contenuti economici e normativi del contratto nazionale, il padronato e il governo pensano che ci siano i rapporti di forza per smantellare questo pilastro di unità dei lavoratori sia a livello nazionale che generazionale. Dal secondo dopoguerra in poi questo istituto ha segnato la forza delle lavoratrici e dei lavoratori, la difesa di salari e diritti, il sentirsi tutti uniti dal Nord al Sud. A contrattare il salario e le norme non si andava più ognuno per conto suo, ma uniti come classe, consapevoli che solo così fosse possibile fronteggiare la forza soverchiante dell’avversario.

Marchionne già 4 anni fa aveva scelto di rompere il tabù dell’unità contrattuale dei metalmeccanici, uscendo dalla Confindustria e ingaggiando una prova di forza vittoriosa con i lavoratori Fiat che ha aperto una larga breccia nel fronte unitario di classe.

Oggi i padroni pensano di poter sfondare completamente l’organizzazione dei lavoratori e di decidere livelli salariali e condizioni normative non solo azienda per azienda, ma addirittura, come è già in molti casi, a livello individuale.

Squinzi ha radunato le categorie padronali aderenti alla Confindustria per affermare una linea che non lascia adito a dubbi: “sui contratti il capitolo è chiuso”: Nel caso in cui ci fosse ancora qualche categoria padronale disponibile a qualche forma di trattativa minimamente accomodante (come sperano molti dirigenti sindacali), le mette in riga: certo esiste l’autonomia formale delle categorie e la loro possibilità di continuare le trattative aperte, ma la Confindustria detterà un decalogo preciso di quel che si può fare e non fare. E gioca apertamente di sponda col governo, lasciando intendere che questi potrebbe intervenire e definire per legge i nuovi assetti contrattuali.

I dirigenti sindacali da sempre speranzosi sull’autolimitazione dei padroni sono serviti.

Tanto più che le organizzazioni sindacali sono alle corde e fortemente indebolite da quando sono entrati nel tunnel (almeno 25 anni fa) dei cedimenti e dei compromessi a perdere, nel tentativo di limitare i danni e di preservare la sopravvivenza dell’apparato burocratico.

Passo dopo passo hanno dilapidato le conquiste e la forza della classe lavoratrice ed oggi si ritrovano strutturalmente a terra, sotto l’incalzare dell’iniziativa padronale. L’illusione che evitando lo scontro diretto ed essendo estremamente accomodanti fosse possibile spingere i padroni ad essere meno violenti e più disponibili a vaghe forme di compromesso, è svanita; così come la speranza di realizzare un accordo con la Confindustria sul nuovo modello contrattuale per non lasciare che fosse Renzi a imporlo per legge, preservando in questo modo almeno lo status simbolico di controparte sociale con un peso nella vita politica italiana. Illusione che ha attraversato la stessa direzione Fiom. Era evidente invece l’esistenza di una piena intesa tra Renzi e Squinzi, a cui va aggiunto Marchionne: una versione italiana della troika.

E’ difficile per le organizzazioni sindacali rispondere all’aggressione della Confindustria e del governo, dopo aver rinunciato per anni a una reale mobilitazione dei lavoratori. E’ improbabile che i dirigenti del sindacato di Cisl e Uil possano reagire seriamente; ma è improbabile che lo facciano anche i dirigenti della CGIL, che, pur criticando le diverse misure del governo, nei fatti hanno sempre di più seguito la strada delle altre due confederazioni.

Ma oggi siamo alla resa dei conti. Non battersi sarebbe il segno della fine e sindacati trasformati in strapuntini finiscono per essere abbastanza inutili….

La battaglia va fatta a tutto campo, anche per chiedere un cambio di indirizzo alla CGIL, una vera e propria rivoluzione culturale per recuperare la forza combattendo seriamente padroni e governo.

Le correnti sindacali di classe, sia interne alla CGIL, che esterne, i sindacati di base, possono e devono essere capaci di una campagna unitaria per denunciare in tutti i luoghi di lavoro quello che sta per succedere, per coinvolgere fino in fondo le lavoratrici e i lavoratori, per fare assemblee, per provare a trascinarli fuori dalla rassegnazione e dalla rabbia priva di sbocchi, per costruire mobilitazioni e lotte. Bisogna costruire la barricate contro le direzioni aziendali, i manager, i padroni del vapore che vogliono un mondo in cui contano solo i loro profitti; con cinismo totale, per garantirsi lo sfruttamento del capitale sul lavoro, licenziano e ricattano, distruggendo la vita e il futuro delle lavoratrici e dei lavoratori.

Come le vicende recenti della lotta all’Air France confermano, costoro cercano di presentarsi come persone per bene, volgarmente assalite dai lavoratori, quando sono loro i protagonisti della più violenta e feroce aggressione alle classi lavoratrici e popolari. Si deve agire come i lavoratori dell’Air France: dire con chiarezza che non lasceremo più fare ai padroni i loro comodi: che i violenti sono loro e che per difendere i nostri diritti siamo pronti a strappargli quella camicia di potere e alterigia con cui pretendono di essere nati.