Al momento in cui chiudiamo questo numero di Solidarietà (11 novembre) circa 9mila persone stanno dimostrando a Ginevra, all’insegna della lotta unitaria pubblico e privato. Ai lavoratori del settore pubblico (che per il secondo giorno consecutivo scioperano e si mobilitano) si sono uniti i lavoratori edili che lottano per il rinnovo del contratto.
È la costituzione di un esemplare fronte di lotta pubblico-privato, di un movimento sociale che sia in grado di mobilitare e di parlare a tutta la società.
Era d’altronde questo che avevamo proposto in Ticino alcune settimane fa; raccolta la disponibilità di Unia, ci si è arenati di fronte alla mancanza di qualsiasi volontà e prospettiva di mobilitazione dei sindacati del settore pubblico. Peccato!
Lo sciopero dei funzionari pubblici ginevrini, indetto dal cartello intersindacale della funzione pubblica ginevrina, per il 10 novembre e poi ricondotto l’11 è stato sicuramente un successo. Percentuali molto alte di lavoratori del settore pubblico (in particolare tra gli insegnanti) si sono astenuti dal lavoro; in molti altri settori (sanità, amministrazione, etc.) l’astensione ha preso la forma di assemblee durante il tempo di lavoro. Alla manifestazione del pomeriggio hanno partecipato oltre 11’000 persone.
Quanto sta succedendo a Ginevra non è molto diverso, nella sua dinamica, da quanto sta succedendo e succederà in Ticino. Di fronte ad una situazione delle finanze pubbliche ritenuta, secondo i criteri dominanti, “drammatica”, ecco scattare il programma di “risanamento”.
Poco importa come e perché tale debito si sia formato (in gran parte anche attraverso una politica di sgravi fiscali condotta anno dopo anno); poca importa che questo deficit sia il risultato di un’impostazione contabile che parte da concetto totalmente discutibili (basti pensare al modo in cui avvengono gli ammortamenti – spropositati e a breve termine – di investimenti strutturali decennali); poco importa che una serie di uscite siano da considera non tanto come spese correnti, ma come veri e propri investimenti (salute, istruzione, etc). Tutto questo al governo cantonale e ai partiti che lo sorreggono poco importa. A lor importa drammatizzare la situazione delle finanze cantonali, fissare la necessità del pareggio di bilancio e avviare una politica di riduzione della spesa pubblica, attraverso misure che colpiscono i funzionari pubblici e rimettano in discussione una serie di prestazioni e servizi.
Così, ecco varato, un pesantissimo piano di austerità le cui misure più importanti sono le seguenti:
- tagli lineari (dell’1%) nelle spese del personale e di funzionamento dei vari dipartimenti
- congelamento degli scatti salariali e del l’indennità di rincaro
- peggioramento delle condizioni di assunzione
- blocco del personale e non sostituzione dei partenti
A queste misure, tutte previste nel Preventivo 2016 del cantone, se ne aggiungono altre, denominate “strutturali” (come si vede i governi cantonali si somigliano anche nel modo di parlare – quante volte negli ultimi mesi abbiamo sentito il governo ticinese parlare di misure “strutturali” nell’ambito della politica di risparmio avviata!). In particolare:
- l’aumento dell’orario di lavoro da 40 a 42 ore (il che corrisponde ad una diminuzione di salario pari a circa il 5%)
- la diminuzione degli effettivi e dei sussidi relativi al personale in altri settori (complessivamente si calcola una perdita di circa 1’800 posti di lavoro nei servizi pubblici)-
- facilitazione dei licenziamenti e altre misure che penalizzano fortemente i diritti democratici dei lavoratori in difficoltà (ad esempio malati)
Di fronte a questo bel programma di austerità, il governo cantonale (composto collegialmente da rappresentati di diversi partiti – PLR,PPD,MCG, PS e Verdi) ha rifiutato di intavolare trattative. Normale che a questo punto l’unica strada percorribile fosse quella dello sciopero. (11 novembre ore 17.00)