Una delle pochissime classifiche in cui l’Italia contende il primato ad altri paesi è certamente quella del debito pubblico. Nel secondo trimestre del 2015 il debito pubblico italiano è salito al 136% del Pil, passando dal 134,5% del secondo trimestre del 2014 e dal 135,3% del primo trimestre 2015. Insomma la ripresa c’è ma del debito…
Eurostat ci informa così che l’Italia ha raggiunto il discreto primato di 2204 miliardi di euro di debito pubblico. Tutto ciò accade a valle della pesante riduzione della spesa pubblica e dei tagli durissimi allo stato sociale che si sono operati negli ultimi 30 anni. Sull’altare del debito pubblico e del presunto necessario risanamento abbiamo cancellato le pensioni da lavoro, ogni automatismo a difesa dei salari, persino lo statuto dei lavoratori è stato cancellato in ossequio alle politiche d’austerità. Oltre dieci punti di ricchezza sono passati dal lavoro alle rendite ed ai profitti. Eppure nonostante tutto ciò il debito è totalmente fuori controllo e, come tutti sanno, non potrà mai essere onorato considerato che il bilancio annuo dello stato è in attivo ma che serve a pagare gli oltre 90 miliardi di euro di interessi ogni anno. La verità è che il debito andrebbe cancellato, almeno quello della grande finanza, altrimenti paesi come l’Italia o la Grecia, ormai sprofondata al 167,8% di debito, o come il Portogallo al 128,70% dovranno liquidare del tutto lo stato sociale considerato i rigidi obblighi del Fiscal Compact sottoscritto in sede Ue.
La legge di stabilità del governo Renzi è figlia delle stesse politiche d’austerità dei governi precedenti, tra operazioni di marketing elettorale e tagli pesanti alla sanità,riduzione delle tasse ai ricchi ed alle imprese e aumento della pressione fiscale sul lavoro dipendente. Le risorse a disposizione del rinnovo dei contratti del pubblico impiego, bloccati da anni, sono ridicole, oltraggiose persino per la dignità di chi lavora. La misura è colma, il sindacalismo confederale è scomparso travolto da incapacità e complicità dei suoi gruppi dirigenti, quello alternativo appare diviso e rissoso più che mai. Tuttavia noi continuiamo a pensare che sia possibile e necessario costruire un’opposizione sociale a questo governo ed alle politiche della Ue. Per queste ragioni sosteniamo lo sciopero della logistica del 29 ottobre, quello del mondo della scuola del prossimo 13 novembre. Organizziamo la ripresa si, ma delle lotte!