Il sindaco Marino denuncia ormai ogni giorno l’ordita congiura di palazzo di cui è stato vittima, congiura che dopo due anni e mezzo di consigliatura gli ha impedito di proseguire con il suo programma.
Una reale congiura si è consumata, il cui mandante è chiaramente il segretario del partito democratico Matteo Renzi, che ha usato l’incapacità politica e la poca trasparenza gestionale dell’ex sindaco Marino per imporre il suo modello che fa disprezzo di ogni forma di democrazia e della stessa legge elettorale per l’elezione diretta dei sindaci, altre volte da lui stesso osannata come esempio per la legge elettorale nazionale. Una congiura che si è sostituita alla necessaria rivolta che si sarebbe dovuto produrre per le politiche di austerità messe in campo da Marino.
Per questa congiura Marino non è riuscito a proseguire la privatizzazione di Acea contro il mandato referendario espresso dai cittadini romani, ha solo iniziato la privatizzazione di AMA, tacciando i lavoratori di essere inefficienti, ha annunciato l’ingresso di privati in Atac, non prima di aver condannato i lavoratori che denunciavano semplicemente le reali carenze di sicurezza del trasporto romano, ha proclamato la messa sul mercato di Farmacap, accusando i lavoratori del dissesto economico dell’azienda per il furto del Viagra, anche le Assicurazioni di Roma sono entrate nel suo mirino, solo fino a quando ha cercato, dopo lo scandalo delle cene a carico della comunità, di firmare una copertura assicurativa contro il rischio di una sua condanna per danno erariale.
La congiura ha impedito al sindaco Marino di continuare a tagliare il salario dei dipendenti comunali, proseguendo la sua politica di austerità alle spalle dei lavoratori e delle lavoratrici, costringendoli magari, se solo ne avesse avuto il tempo, al tanto in voga lavoro gratuito.
Se la congiura non si fosse perpetrata sarebbe probabilmente riuscito a vedere ed ammirare dal suo ufficio in Campidoglio l’estinzione di ogni esperienza sociale e culturale in città, come accaduto con le esperienze del teatro Valle e del Cinema America, a vedere Scup sgomberato, il Corto circuito sotto minaccia di chiusura e contemplare i sigilli messi all’Angelo Mai e alla Casa della pace, mentre sempre più feroce si faceva la repressione continua contro chi difende il diritto all’abitare.
Di fronte alla denuncia della congiura non poteva mancare la chiamata in sua difesa del popolo romano, agilissima nel cliccare migliaia di mi piace, meno audace nella piazza del Marco Aurelio, una chiamata finalizzata a costruirsi quell’aurea da martire con il quale voleva resistere e con la quale vuole rilanciare la sua figura nella prossima campagna elettorale.
Un Partito “democratico” che consegna alla città una drammatica messinscena, con un martire, Marino e un carnefice, Renzi, in realtà entrambi oppressori di questa città, dove l’azione di Renzi è stata resa più semplice dalla incapacità del sindaco di gestire Roma, lasciandola abbandonata a se stessa senza una reale connessione con i sentimenti e i bisogni reali di chi in questa città vive e lavora.
Ma oggi si apre un nuovo scenario, le politiche di austerità non hanno bisogno di democrazia e partecipazione, sono già decise ed assunte, come l’esperienza del governo greco e delle ultime elezioni in Portogallo ci insegnano, per cui la finzione democratica è inutile ed il governo Renzi ed il Partito democratico sperimentano un nuovo modello, quello delle politiche di austerità e di repressione agendo sul carattere emergenziale, superando anche il modello “protezione civile” di Bertolaso ai tempi di Berlusconi per la gestione dei grandi eventi; si passa direttamente al podestà del terzo millennio per la gestione quotidiana di una metropoli con la giustificazione di governare il Giubileo e di preparare la spartizione delle Olimpiadi.
Ma a Roma non bastava un solo podestà, dopo i due Papi, ora i due prefetti, pronto il Prefetto Gabrielli a creare allarmismo annunciando, urbi et orbi, che questo è il primo Giubileo ai tempi dell’ISIS e con il secondo, il Prefetto Tronca, pronto a presentarsi come l’uomo solo e duro al comando, con le precettazioni e la repressione contro ogni forma di dissenso. Il cerchio si chiude. Che il periodo emergenziale abbia inizio, dopo il Daspo dallo stadio avremo il Daspo dalla città!
In tutto questo marasma il partito democratico romano viene tacciato e pure giustamente, anche alla luce dell’inchiesta di Mafia Capitale, come un partito terremotato e conflittuale, contaminato da una guerra tra clan, in una lotta del potere per il potere, una lotta che visti gli appetiti in campo si è semplicemente estesa a livello nazionale ma sempre e comunque dentro la stessa proposta politica: privatizzazioni, grandi eventi, austerità, repressione e clientele.
Ad uscire sconfitto non è il sindaco Marino, che non ha brillato, né per le sue politiche ma nemmeno per trasparenza, ad uscire sconfitti sono gli abitanti delle periferie, i lavoratori e le lavoratrici del settore pubblico, i fruitori dei servizi pubblici massacrati, i precari e i disoccupati.
Di fronte a tutto questo appare allucinante la posizione di chi, anche alla sinistra del partito democratico, rievoca il menopeggismo, tra il PD di Renzi ed il PD di Marino, senza tenere conto che questo dibattito oltre che sterile per le sorti di una vera proposta politica alternativa, è destinato a finire presto con il funerale politico dell’ex Sindaco.
Quella di Marino va annoverata come una esperienza, seppur breve, non neutra, che evidenzia nella sua conflittualità interna alla gestione del potere (se ce ne fosse ancora bisogno) che le politiche di austerità non accettano mediazioni. Questo si riverbera anche sulla gestione dei comuni. Perciò è necessaria una svolta per la città, è necessaria una presa di posizione di tutti coloro che, facendo propria la gestione etica della politica (dopo il mercimonio delle giunte di questi ultimi venti anni, Alemanno in testa), costruiscano una politica di rottura capace di sognare e di costruire una città diversa, dove ci si riappropri della facoltà di decidere partecipando, passando per la ribellione contro il potere economico che corrompe, contro i costruttori che speculano sui nostri territori, contro l’ingerenza del Vaticano: una ribellione necessaria che rompa con tutte le pratiche clientelari che anche a sinistra sono sopravvissute, elemosinando briciole da un sistema al servizio del grande capitale, in cambio della pace sociale.
In questo contesto occorre tornare nel campo della politica e della lotta di classe. Aprire uno spazio di opposizione politica e sociale attraverso un percorso partecipativo caratterizzato dalla lotta alle politiche dell’austerità (che impongono sacrifici e riduzione dei diritti ai lavoratori e abbondanza e tutela dei privilegi ai potenti) in direzione di un governo popolare della città.
Gli avversari dei nostri avversari non sono nostri alleati.