È molto ampio, almeno tra il ceto politico cantonale, il sostegno alla candidatura di Norman Gobbi al Consiglio federale. Anche coloro che invocano ragioni d’ordine, diciamo così, etico per opporsi a questa candidatura (rimproverano a Gobbi la mancanza di apertura su questioni fondamentali come quella europea oppure episodi nei quali il suo spirito di tolleranza democratica ha fatto difetto), alla fine si allineano, sostenendo che, dopo tutto, la sua elezione sarebbe un bene per il Ticino, rappresenterebbe un passo avanti nella difesa di non meglio precisati «interessi del Ticino».
Ed è proprio attorno a questa idea, quella del rafforzamento della presenza del Ticino a Berna per difenderne gli interessi, che si è costituita una sorta di «union sacrée» cantonale della quale si sono fatti interpreti Governo, Parlamento, associazioni di vario genere, media di ogni tendenza.
Vorrei spiegare, brevemente e ricorrendo a un tema concreto, per quale ragione le opzioni di Gobbi e dell’UDC siano fondamentalmente contrarie agli interessi non del Ticino (che, in quanto tali, a mio parere, non esistono), ma della grande maggioranza di chi vive e lavora nel nostro Cantone.
Prendiamo uno dei temi che, non vi è dubbio, preoccupa tutti noi: la difesa dei livelli salariali e quindi delle condizioni di vita concrete della maggioranza dei salariati, messe a dura prova dall’avanzata del dumping salariale, cioè di una spinta verso il basso dei salari.
Quasi tutti concordano sul fatto che, di fronte a questo fenomeno, vadano assunte misure forti, in particolare controlli e regolamentazioni che vadano ben al di là delle insipide ed inefficaci «misure di accompagnamento». Ricordiamo, ad esempio, che la maggioranza degli elettori di questo cantone (e di altri) si è espressa in modo chiaro a favore dell’introduzione di un salario minimo legale.
Come stanno le cose a livello federale? Quali sono le posizioni che Gobbi (candidato ufficiale dell’UDC che, ci ha ricordato di recente il consigliere nazionale Chiesa, sosterrà in Consiglio federale le opzioni fondamentali dell’UDC) difenderà su questo tema?
Non è un mistero per nessuno che l’UDC è l’unico partito contrario a misure di regolamentazione del mercato del lavoro e, in particolare, dei salari. E non poteva essere altrimenti, visto che tra gli esponenti di spicco di questo partito vi sono pezzi da novanta dell’economia nazionale, padroni di primo piano quali Blocher o l’ex consigliere nazionale e padrone di Stadler Rail, Peter Spuhler. Essa ha votato contro tutte le misure di accompagnamento, al di là della loro reale portata, proposte in passato ed è contraria a nuove misure di protezione per i salariati. Il suo punto di vista si è ormai imposto a livello del governo federale, visto che l’intero esecutivo condivide questa posizione.
Certo, si ammetterà, ma Gobbi è un’altra cosa, viene dalla Lega, che si vanta di essere più «sociale». Ma davvero? A chi avesse la memoria corta ricordiamo che il teorico (si fa per dire) dei bassi salari per i frontalieri è stato Giuliano Bignasca. Per anni sul «Mattino» ha difeso quelle che lui chiamava, con riferimento al contesto italiano, le «gabbie salariali»; cioè l’idea che, vista il differenziale di potere d’acquisto tra Italia e Svizzera, ai lavoratori frontalieri in Ticino potevano e dovevano essere versati salari più bassi. Bignasca è stato accontentato. Ma il risultato di questa politica è stata una tendenza generale di tutto il sistema salariale verso il basso (dumping), oltre che l’apparizione di fenomeni di sostituzione evidenti. La Lega ha continuato in questa logica, sostenuta purtroppo da quasi tutto il Parlamento; ad esempio, portando al 100% il moltiplicatore comunale per le imposte dei frontalieri, con la peregrina idea che più si deprimono i salari dei frontalieri minore sarà il loro interesse a venire in Ticino. Bella pensata!
Gobbi quindi, sia come leghista che come UDC, porterà in seno al Consiglio federale un punto di vista lontanissimo dagli interessi di chi vive del proprio salario, la stragrande maggioranza dei ticinesi. Sicuramente le sue posizioni faranno felice il padronato ticinese, che continuerà a poter sfruttare liberamente manodopera a basso costo. Certo difficilmente si può sostenere che tale orientamento corrisponda in qualche modo agli interessi del Ticino, ancora meno agli interessi della stragrande maggioranza di chi vive e lavora in Ticino
Non diverse le cose per la questione del raddoppio del San Gottardo in favore del quale Gobbi, come i suoi colleghi UDC e della Lega, milita. Siamo veramente sicuri che un raddoppio corrisponda agli interessi del Ticino? In febbraio, al di là dei sondaggi che dicono tutto e il contrario di tutto, lo vedremo.
La verità è che esistono, in Ticino come altrove, interessi diversi e contrapposti. Interessi che noi ci ostiniamo a chiamare interessi di classe. La Lega «popolare» e «sociale» ha da tempo ormai fatto le proprie scelte: a fianco, con convinzione, degli interessi di fondo delle classi dominanti. E il passaggio di Gobbi all’UDC è il suggello di questa evoluzione.
Opinione pubblicata oggi sul Corriere del Ticino