I nostri estremisti sono brave persone, quelli degli altri sono diabolici
Il filosofo Alain Badiou ci ricordava come tanti intellettuali avessero fatto propri i preconcetti di una sorta di razzismo da salotto che aveva finito con lo sdoganare l’estrema destra, soprattutto in Francia.
Come accade spesso, questi intellettuali criticati da Badiou avevano sostituito la riflessione – o lo sforzo per cogliere le contraddizioni della realtà -, con l’ideologia o, più semplicemente, con la scelta della via più comoda e facile. Ora, la cosa più facile è classificare e ordinare, proteggendosi così dall’ombra di ciò che è sconosciuto. E così adottarono la xenofobia come legge della terra e linguaggio per rigettare l’inconosciuto.
Questa paura del diverso ha radici ancestrali, e due giovani olandesi hanno voluto esplorarne i confini: hanno interrogato per strada alcune persone, chiedendone il parere circa certe frasi della Bibbia, che leggevano da un libro sulla cui copertina stava però scritto “Corano”. La maggior parte degli interrogati trovò conferma a ciò che già gli sembrava evidente: erano frasi che dimostravano il radicalismo, l’estremismo, la violenza e il settarismo dell’Islam (in youtube c’è un riassunto di questa esperienza). Le persone intervistate, per le quali tutto sembrava così chiaro, rimasero stupefatte quando seppero che si trattava della Bibbia.
Non conosco tutte le frasi che furono usate, ma la seguente si trovava nella lista: «Ma se non mi darete ascolto e se non metterete in pratica tutti questi comandi […] manderò contro di voi il terrore, la consunzione e la febbre, che vi faranno languire gli occhi e vi consumeranno la vita. […] Mangerete perfino la carne dei vostri figli e mangerete la carne delle vostre figlie» (Antico Testamento, Levitico, 26].
Vi sono molti altri brani dello stesso tenore, nell’Antico come nel Nuovo Testamento. Eccone alcuni esempi, molto diversi tra loro:
«Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada. Sono infatti venuto a separare l’uomo da suo padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera; e nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa. Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. (Nuovo Testamento. Matteo 10:34-38)
«Se uno ha rapporti con un uomo [..] tutti e due hanno commesso un abominio; dovranno essere messi a morte» (Antico Testamento. Levítico 20)
«Se un uomo ha rapporto intimo con lei [una donna durante le mestruazioni], l’impurità mestruale viene a contatto con lui: egli resterà impuro per sette giorni e ogni giaciglio sul quale si coricherà resterà impuro» (Antico Testamento, Levítico 15» [1]
Con il titolo «È forse blasfema la Bibbia?» Frei Bento Domingues proprio in questi giorni, qui su «Público», ha trattato di un tema simile all’esperimento dei due giovani olandesi, citando uno studioso che si interroga con angoscia circa questa frase di Mosè, nell’antico Testamento:
«Quando ti avvicinerai a una città per lottare contro di essa […] Jahvè, il Dio tuo, la consegnerà nelle tue mani e passerai a fil di spada tutti i suoi maschi, le donne e i figli, e il bestiame; tutto ciò che c’è nella città, tutti i suoi averi, li prenderai come bottino […]. Quanto alle città che Jahvè, il Dio tuo, ti assegna in eredità, non vi lascerai nulla in vita; condannali allo sterminio: Hittiti, Amorrei, Cananei, Perizziti, Evei e Gebusei, come ha comandato Jahvè, il Dio tuo, affinché non vi insegnino a imitare tutti gli abominii che commettono in onore dei loro dèi: pecchereste contro Jahvè vostro Dio» (Antico Testamento, Deuteronomio 20: 10-18).
La traduzione di cui dispongo è leggermente diversa:
«Quando ti avvicinerai a una città per attaccarla, le offrirai prima la pace. Se accetta la pace e ti apre le sue porte, tutto il popolo che vi si troverà ti sarà tributario e ti servirà. Ma se non vuol far pace con te e vorrà la guerra, allora l’assedierai. Quando il Signore, tuo Dio, l’avrà data nelle tue mani, ne colpirai a fil di spada tutti i maschi, ma le donne, i bambini, il bestiame e quanto sarà nella città, tutto il suo bottino, li prenderai come tua preda [..]. Soltanto nelle città di questi popoli che il Signore, tuo Dio, ti dà in eredità, non lascerai in vita alcun vivente, ma li voterai allo sterminio: cioè gli Ittiti, gli Amorrei, i Cananei, i Perizziti, gli Evei e i Gebusei, come il Signore, tuo Dio, ti ha comandato di fare».
In realtà, la differenza fra le due traduzioni riguarda soprattutto il grado della carneficina e poco più. Ciò che colpisce è lo scopo: uccidere o schiavizzare. Gli esegeti citati da Frei Bento Domingues sostengono che vi è una tensione fra l’interpretazione universalistica della Bibbia e l’interpretazione nazionalistica, con il linguaggio aggressivo e bellicoso di una tribù, quella di Israele, destinata alla distruzione dei propri vicini per ambizioni territoriali. E Domingues conclude: «Io tiro le mie conclusioni: il javehismo [ebraismo] storico veicola una teologia nazionalista che a volte è di un’estrema violenza. Mette in bocca a Dio gli interessi di un popolo contro gli altri popoli. Questo nazionalismo religioso bestemmia». Di conseguenza, un tipo di lettura deve escludere e anzi condannare l’altra, ma entrambe risultano scritte nei testi, dove si scontreranno il nazionalismo guerriero e l’universalismo umanista.
Torniamo ora ai nostri giovani olandesi e alla loro esperienza di strada. Qualunque dei brani citati della Bibbia, letti in un libro sulla cui copertina è scritto “Corano”, potrebbe servire a confermare il preconcetto secondo il quale i precetti religiosi dei musulmani incitano alla violenza o addirittura all’uccisione di chi si oppone alla loro fede o di chi si comporta in modo difforme rispetto alle norme fissate. E tuttavia, i brani citati sono della Bibbia, ed esortano allo stesso tipo di carneficina.
Ora, come scopre Frei Bento Domingues, in molti antichi testi, e anche nella Bibbia, si possono trovare giustificazioni per azioni di sterminio, rivestendo con panni religiosi ambizioni di dominio, di distruzione e di guerra. Pertanto, non è dal Corano che nasce il Califfato: esso è presente in testi di tutte le religioni monoteiste sorte in Medio Oriente, anche se sotto altri nomi.
Da questo gioco di specchi fra le religioni e i loro fanatici, derivano necessariamente due considerazioni, entrambe le quali mi sembrano fondate.
La prima è che oggi non si commettono crimini simili in nome di una interpretazione letterale della Bibbia. Ora forse è così, ma non lo è sempre stato. In passato, in nome dell’unicità della religione la Chiesa cattolica ha favorito la violenza settaria, e in suo nome altri poteri hanno commesso crimini abominevoli, rifacendosi appunto a una interpretazione letterale dei precetti biblici (o, più semplicemente, in nome del potere di dominazione). Questo è il passato del nostro presente.
La seconda è che la lettura di questi testi è, nel caso del cattolicesimo, disciplinata da una organizzazione gerarchica rigida, la Chiesa cattolica, sia nel male (Inquisizione) sia nel suo superamento (la post-Inquisizione, e oggi l’apertura ecumenica di papa Francesco, che ha preso di sorpresa la Chiesa). Al contrario, nel caso della religione musulmana non c’è un’interpretazione ufficiale legittimata da un discorso e da un’organizzazione unica riconosciuta come fonte di un potere centralizzato. Pertanto si possono avere discorsi diversi, con nuove affermazioni, compresa, al limite, quella di un progetto militare di occupazione territoriale (il Califfato) come appunto quello del Daesh.
Queste considerazioni si basano entrambe su fatti. Ma sfugge loro l’essenziale: e cioè che le possibilità di successo di queste interpretazioni e di questi progetti dipenderanno sempre dal grado di disgregazione di una società o dal come questa si sente minacciata. In altre parole, dipenderà dal fatto di considerare o meno socialmente accettabile una interpretazione letterale di norme culturali elaborate per la propria sopravvivenza o per volontà di potere da tribù mediorientali di circa 2500 anni fa in un caso (la Bibbia) e di circa 1000 anni fa nell’altro (il Corano). Le radici culturali dell’estremismo si possono trovare sia nelle parole di Mosè come in frasi del Corano. Vi si può trovare anche l’opposto: ciò che vi leggiamo oggi dipende, lo leggiamo, con occhi di oggi. Ma è dove imperano miseria e disperazione che si potranno sviluppare le interpretazioni più radicali di testi religiosi finalizzate a diffondere l’odio per l’altro.
Ciò che forse spaventa di più è il fatto che il mondo moderno non limita affatto, ma anzi sembra stimolare questo estremismo e la sua giustificazione trascendente. Nel caso del mondo musulmano, come diceva uno studioso del mondo arabo, Ziauddin Sardar, intervistato da «Público», questa interpretazione alla lettera dei testi storici aveva già prodotto un’estremismo sociale sconnesso dal resto del mondo come quello dell’Arabia Saudita, con il suo immenso potere fatto di petrolio, dollari e armi. Per dirla con Sardar, «lo Stato Islamico è sempre esistito: è l’Arabia Saudita».
Ora, l’Arabia Saudita è il principale punto d’appoggio del potere imperiale degli USA nella regione, di quegli stessi presidenti che in tono religioso finiscono i propri discorsi con un “God bless America”, anche se non pensano certo al dio del Corano. La politica dell’una e degli altri ha alimentato, e spesso deliberatamente, come in Iraq e in Siria, i mostri nati dal sonno della ragione. Le loro giustificazioni nascondono il traffico di armi, gli obiettivi e le politiche e dimostrano come coloro che riteniamo essere i nostri uomini di Stato, i moderati, sono facilmente i creatori dei radicali fanatizzati dalle parole incendiarie di testi che tanti considerano sacri.
Il mondo è più complesso di quanto qualunque preconcetto possa supporre.
[1] I brani citati dall’autore in portoghese, tratti dalla traduzione del 2009 della Sociedade Biblica de Lisboa, sono stati sostituti dalla traduzione italiana della CEI (Commissione episcopale italiana). Il brano citato da Frei Bento Domingues, un frate domenicano e teologo molto noto in Portogallo, è invece tradotto direttamente dal portoghese. «Público» è uno dei principali quotidiani portoghesi.
Testo originale portoghese in «Público» del 29 dicembre 2015