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Matteo-PronziniPubblichiamo il testo dell’intervento in Gran Consiglio di Matteo Pronzini contro il Preventivo 2016 del Cantone.

“Cari colleghi, care colleghe,
il mio voto sul Preventivo 2016 sarà negativo. Non voglio qui dilungarmi su tutte le ragioni che militano in favore di questa scelta. Molte di queste sono già contenute nel rapporto di minoranza e quindi, in questo intervento di entrata in materia, non vale la pena riprenderle. Mi limiterò invece a sollevare alcune considerazioni di fondo, squisitamente politiche, che soggiacciono alla presentazione di questo Preventivo 2016.
La prima, fondamentale, è quella del rapporto tra questo Preventivo e la legge sul cosiddetto freno al disavanzo approvata dal GC e poi ratificata (seppur con una maggioranza non mi pare eccessivamente convincente viste le posizioni dei diversi schieramenti politici) in sede di votazione popolare.
Ho combattuto, come si ricorderà, quella proposta: ne ho combattuto non solo la versione uscita dalla maggioranza del Parlamento (contrariamente, ad esempio, ai mie colleghi socialisti e Verdi); ma abbiamo contestato il principio stesso che si dovesse, ed in più ancorandolo alla costituzione, introdurre un simile meccanismo.
L’adozione di quella disposizione rappresenta (più o meno) un versione nostrana del famigerato fiscal compact vigente nell’Unione europea (che, malgrado le deprecazioni propagandistiche, continua ad ispirare, in particolari nella sue peggiori politiche, la maggioranza di coloro che siedono in questo Parlamento). Un orientamento di politica di bilancio che di fatto si traduce, nel contesto nel quale viviamo, in una politica sistematica di taglio alla spesa pubblica.
E questo preventivo 2016 è il primo (sicuramente di una lunga serie di Preventivi) che si caratterizzano per una sistematica esigenza di tagliare (magari parlando di riorganizzazione o riqualificazione) la spesa pubblica cantonale. Con tutte le conseguenze del caso.
Nella discussione pubblica su questo Preventivo, come vi era da aspettarsi, abbiamo visto concretizzarsi la logica viziosa del cosiddetto freno ai disavanzi. Di fronte alle incertezze su tagli o su qualsiasi dispositivo di legge, ecco scattare la minaccia di un possibile aumento delle imposte, per riportare i conti entro i parametri previsti. Uno strumento per mettere in riga chiunque, in un modo o nell’altro, voglia contestare gli orientamenti di fondo del Preventivo e muoversi in una prospettiva diversa.
Il Preventivo 2016 è il primo nato all’ombra di questo nuovo regime (uso il termine nel senso più ampio esso possa essere compreso, cioè sia dal punto di vista finanziario che da quello politico) e preannuncia tutta una serie di interventi sulla spesa pubblica con l’obiettivo di raggiungere il pareggio dei conti e di diminuire il debito pubblico.
Una situazione che mortifica la politica intesa come capacità di scelta e di progettazione; una situazione simile a quella dei paesi dell’UE che, all’epoca del fiscal compact, hanno di fatto perso qualsiasi possibilità di scelte politiche di fondo che possano, seriamente e realisticamente, rispondere alla crisi sociale che essi vivono.
Crisi sociale che anche il nostro cantone vive. Potete raccontare quello che volete, ma i segnali di una crisi sociale in questo cantone esistono e sono visibili: dal costante numero di persone che sono alla ricerca di una lavoro (ricordo che ancora nella scorso mese di novembre erano oltre 10’000: una bazzecola? E che questo numero tende a non calare da ormai molti anni), al numero di giovani disoccupati, ai casi di assistenza sociale, alla diminuzione sistematica dei salari, sospinti verso il basso dalla concorrenza organizzata dal padronato con il solo obiettivo di abbassare i salari e difendere o aumentare i propri margini di profitto. Il Ticino è anche tutto questo: una serie di fenomeni evidenti di crisi sociale che tendono ad approfondirsi.
Di fronte a tutto questo il Preventivo 2016, proprio con la logica che lo sottende, ha un effetto ulteriormente depressivo. In un contesto nel quale il ciclo economico tende a peggiorare, il compito dello Stato, dal nostro punto di vista, non può essere che quello di un’azione anticiclica, pur nella modestia di quanto potrebbe fare un Cantone con il proprio bilancio. Qui invece si fa esattamente il contrario: il Preventivo e la logica che lo sottende (quella del cosiddetto freno ai disavanzi) è una logica eminentemente pro ciclica, che tenderà inevitabilmente a peggiorare le cose, non certo a migliorarle, soprattutto per quelle ampie fasce di popolazione che subiranno le conseguenze.
Basterebbe prendere un solo dato per mostrare l’assurdità di questa situazione, e cioè la differenza tra interessi attivi e interessi passivi del cantone. Gli interessi provenienti dal patrimonio del cantone sono una volta e mezza gli interessi sul debito del cantone. E questo dura ormai da almeno un paio di decenni e, vista la situazione, tenderà a non diminuire.
In questo contesto un politica di contenimento della spesa, o peggio ancora di taglio, rischia di compromettere servizi pubblici fondamentali, sia per lo sviluppo individuale delle persone che per lo sviluppo sociale, economico e culturale del cantone.
E rappresenta una politica miope penalizzare, come si fa con le scelte previste in questo Preventivo, il personale che garantisce il funzionamento amministrativo, il servizio pubblico. Una politica che
Pensiamo, ad esempio, alla formazione, alla scuola, alle sue strutture, alla impellente necessità di riforme profonde, democratiche ed eque.
Abbiamo potuto prendere atto, del grande disagio che vive il mondo della scuola. I docenti hanno fatto sapere, con le loro pubbliche posizioni espresse negli ultimi giorni, di non condividere la politica del personale condotta dal governo. E non certo per ragioni puramente ed unicamente, diciamo così, sindacali, per un proprio tornaconto materiale. Ma per ragioni più profonde, serie, legate al modo in cui interpretano o vorrebbero interpretare, al meglio, il mandato che lo Stato ha affidato loro: lo sviluppo formativo dei nostri figli.
Quasi tutte le assemblee delle scuole medie e delle scuole medie superiori, molte sedi di scuola elementare e dell’infanzia, così come altri consessi rappresentativi dei docenti di altre ordini di scuola, hanno deciso di aderire alla giornata di disobbedienza (la chiamo così per semplificare) indetta per il prossimo 23 marzo. Quel giorno, che secondo il calendario annuale avrebbe dovuto essere un normale giorno di scuola, le scuole ticinesi rimarranno, per decisione del governo, chiuse. Un giorno di “libero” per i docenti, per compensarli, così ha confermato il capo del DECS, delle misure salariali previste nel Preventivo che stiamo discutendo.
I docenti non ci stanno. Pensano che la compensazione di quanto viene tolto loro con il Preventivo 2016 non debba essere scaricata sugli studenti e sulle famiglie, non debba trasformarsi in una penalizzazione del servizio pubblico quale la scuola è o dovrebbe essere; hanno detto chiaro e tondo che non vogliono un piccolo compenso (che non hanno richiesto) pur di tacitarli e di associarli a questa penalizzazione del servizio pubblico, promosso con la sola logica di risparmio.
Per questo hanno deciso che il prossimo 23 marzo loro lavoreranno (una sorta di sciopero al contrario), disubbidiranno a chi gli chiede di starsene buoni a casa. Invece apriranno le scuole, saranno presenti in sede, garantiranno a quelle famiglie che lo vorranno la cura e la formazione dei loro figli; laddove non vi saranno allievi inviati dalle famiglie, i docenti, se abbiamo letto bene le loro risoluzioni, discuteranno dei problemi della scuola, di come migliorare la loro condizione di insegnanti, dei problemi dell’insegnamento e dell’apprendimento. In poche parole, di quello che oggi sarebbe necessario (in termini di mezzi, di programmi, di risorse, di orientamenti pedagogico-didattici, di atteggiamenti culturali) per rendere migliore l’insegnamento e l’apprendimento.
Vi invito a riflettere su questo messaggio che giunge da una categoria alla quale dobbiamo molto (dobbiamo la qualità della nostra scuola, tanto per cominciare) e alla quale in questi ultimi due decenni, con l’adozione di misure come quelle previste nel preventivo 2016, abbiamo mostrato scarsissima riconoscenza.
La linea del Preventivo 2016 rischia di peggiorare questa situazione (alcune delle proposte di risparmio avanzate, a titolo esemplificativo, dal PLR, ne sono la conferma).
La mia speranza è che, oltre ai docenti, altre categorie sociali, del pubblico e del privato si organizzino per dire un NO chiaro e forte a queste scelte politiche e a quelle, ancora peggiori, che vedo avanzare.”