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adrtsiprasPochi giorni fa Syriza festeggiava il primo anniversario di governo con un meeting affollato ma preoccupato per i sondaggi più recenti che danno la destra di Nuova Democrazia al primo posto. Nella stessa sala, un anno fa Tsipras, giustamente, sosteneva che il successo elettorale di Syriza del gennaio 2015 si basava sulle lotte e prometteva la rottura del sistema. Anche oggi ci sono lotte, anzi proprio ieri giovedì 4 febbraio c’è stato un partecipato sciopero generale. Ma ora le lotte sono contro il suo governo, trasformatosi in governo vassallo dei diktat liberisti di Bruxelles.

Il governo applica le politiche neoliberali presentandole in due modi apparentemente opposti: da un lato c’è il volto cinico, come quello di Stergios Pitsiorlas, il direttore dell’agenzia per le privatizzazioni, che dichiara che la vendita del porto del Pireo al gigante cinese Cosco è un “successo”, perché così, “il Pireo diventa la porta verso l’Europa per tutti i prodotti asiatici, cosa che darà un ritorno fantastico alla città e alla Grecia tutta”… Accenti simili vengono usati per quanto riguarda la privatizzazione dei 14 aeroporti provinciali che saranno venduti ad una società tedesca, nascondendo le conseguenze vere che queste operazioni potranno avere sul turismo, sull’agricoltura, sull’industria delle regioni coinvolte, sottraendo loro ogni sovranità sulle politiche di sviluppo.

L’altro atteggiamento è quello un po’ gesuita del ministro del Lavoro Georgios Katrougalos: il suo progetto sulle pensioni, che è una vera e propria operazione di definitiva demolizione del carattere solidaristico del sistema previdenziale greco, è contestato da ogni parte, ma lui cerca di farlo passare per una riforma di sinistra, forse bisognosa di qualche aggiustamento, mentre tutti i settori sociali mobilitati durante lo sciopero esigono il ritiro secco del disegno di legge. E si tratta del dodicesimo taglio al ribasso delle pensioni, nel lungo ma precipitoso percorso inaugurato dal governo del PASOK di George A. Papandreou nel 2010.

Georgios Katrougalos, al contrario cerca di frenare le critiche esibendo le poche briciole che la legge promette in cambio dei tagli brutali. Ma il successo dello sciopero generale di ieri fa capire come sempre meno lavoratori greci cadano nella trappola, mentre non pochi settori della sinistra europea ancora sostengono il governo Tsipras e i suoi ministri.

Lo sciopero è riuscito, ma la mobilitazione resta ancora insufficiente. I greci, certo, non si aspettano più quei radicali cambiamenti promessi durante la campagna elettorale che ha preceduto la vittoria del gennaio 2015, ma pensano che Tsipras possa garantire qualche miglioramento, almeno lo stop alla caduta nell’abisso. Per ora, poche cose sono cambiate e il degrado sociale si approfondisce: continua a crescere la disoccupazione, gli ospedali sono al collasso… E continuano le tremende pressioni dell’Unione europea. E pochi continuano a credere che il governo Tsipras 2 possa allentare la morsa della Troika.

Così, la questione dei migranti fa sì che Bruxelles esiga la immediata costruzione da parte dalle autorità elleniche di un enorme campo profughi da 400.000 posti alla periferia di Atene e il rispetto scrupoloso degli accordi di Dublino e di Schengen… Contro questo diktat il ministro dell’Immigrazione Ioannis Mouzalas leva la sua protesta, ma la Commissione europea, sapendo con chi ha a che fare, per mettere in riga anche il ministro indisciplinato, minaccia ancora una volta la “Grexit”, cioè la cacciata della Grecia dalla Eurozona.

E’ il prezzo che si paga per non aver voluto, quando la mobilitazione contro i governi dell’austerità era massiccia e la crisi del rapporto con la Commissione europea più acuta, intraprendere la via difficile ma inevitabile della rottura e di aver privilegiato quegli elementi di ambiguità che peraltro erano già evidenti nella linea di Tsipras anche quando era ancora all’opposizione e ancora più evidenti erano nei primi mesi di governo, quando nel febbraio 2015 Tsipras dichiarò di voler evitare ogni decisione unilaterale, sostanzialmente consegnandosi all’unilateralismo liberista della Troika.

I risultati importanti e positivi dello sciopero mostrano che il disorientamento prodotto dalle illusioni sul governo Tsipras 2 e dalla demagogia del leader ellenico sta, forse lentamente ma inesorabilmente, diradandosi. E’ quello per cui lavorano le compagne e i compagni di Unità popolare, la coalizione delle forze radicali che ha rotto con Syriza dopo la adozione del terzo memorandum, è quello per cui si battono, all’interno di Unità popolare, le nostre compagne e i nostri compagni di DEA, la Sinistra operaia internazionalista.

A noi il compito di combattere le residue illusioni che in ampia parte della sinistra italiana permangono su Alexis Tsipras e sulla “sua” Syriza. E’ quello che abbiamo cercato di fare durante tutto il nostro dibattito congressuale appena concluso. E’ quello che cercheremo di fare nei prossimi giorni, forti anche delle regioni dei centomila in piazza ad Atene e delle decine di migliaia in piazza nelle altre città greche.

E’ quello che, a livello europeo, cercherà di fare il 19-21 febbraio un ampio schieramento di forze che si ritroverà a Madrid sulla base di un appello al quale Sinistra Anticapitalista ha aderito.