La tattica governativa è ormai sempre la stessa: Renzi proclama la risoluzione di un grave problema che affligge il paese e subito parte un’operazione mediatica per convincere la gente della bontà della proposta; poi quando si chiariscono i particolari legislativi ed attuativi ci si accorge della inconsistenza della proposta o, peggio, degli effetti negativi, ma ciò avviene quando i riflettori mediatici sono spenti.
Questa volta la bufala è veramente grande: viene annunciato un provvedimento per contrastare la povertà denominato “sostegno per l’ inclusione attiva” (SIA) ed il ministro Poletti la interpreta addirittura come instaurazione di un Reddito Minimo Garantito (RMG).
Che questa volta la hanno sparata davvero grande ci si accorge subito. L’unica cosa seria di questa vicenda è che il governo ha ammesso che la povertà esiste. La cosa è ovvia, certo che esiste ed è gravissima; Renzi se ne accorge in ritardo e non dice che essa è il risultato della politica economica del suo e dei governi che lo hanno preceduto (Berlusconi, Monti e Letta), governi che hanno gestito la crisi economica spostando ricchezze dal lavoro alle imprese ed alla finanza.
Infatti, il gap di reddito tra la fascia sociale più benestante e quella meno abbiente è in continua ascesa: il reddito medio del 10% più ricco è dieci volte superiore al reddito medio del 10% più povero, rapporto molto più elevato degli altri paesi europei (dati OCSE). C’è da chiarire che i valori citati sono riferiti ai redditi non ai patrimoni dove la differenza è abissale. Altro elemento è che la tassazione dei ricchi è diminuita e le tasse indirette, pagate ugualmente da tutti, sono ulteriormente aumentate.
Dati Istat 2014 ci dicono che 1.470.000 famiglie (5,7% di quelle residenti) per un totale di 4.102.000 persone (6,8% della popolazione residente), vivono in condizioni di povertà assoluta. Riguardo alle diverse aree del paese al Nord la povertà assoluta è del 4,2% mentre al Sud è più che doppia (8,6%). Non bisogna poi ignorare la povertà relativa che nel 2014 coinvolgeva il 10,3% delle famiglie per un totale di altre 7.815.000 persone.
Di fronte alla tragicità di questi dati i provvedimenti governativi dovrebbero riguardare solo 280.000 famiglie, cioè solo il 19% delle famiglie in povertà estrema. Nemmeno per le famiglie beneficiarie del provvedimento le cose andranno molto meglio; infatti l’importo relativo a ciascuna famiglia sarebbe solo di 320 € mensili e verrebbe dato solo se la famiglia è numerosa, cioè con due o più figli a carico. Una famiglia senza figli o poco prolifica, non avrebbe nessun diritto; chiaramente emerge una logica familista che non tiene in nessun conto gli individui in quanto tali a prescindere dall’istituzione matrimoniale.
Con un tale sussidio, secondo Renzi, la famiglia assegnataria risolverebbe tutti i suoi problemi. L’ottenimento dei 320 €, inoltre, sarebbe condizionato dalla frequenza scolastica dei figli fino ai diciotto anni o, in alternativa, all’accettazione di un qualsiasi lavoro per i figli. Il governo controllerà che i ragazzi vadano a scuola tramite apposite società private alle quali sarà assegnato un fondo di 150 milioni di euro. Allo scattare di ripetute assenze scolastiche verrà tolto il sussidio alla famiglia.
Tutto ciò viene contrabbandato come RMG, ma in realtà è una misera elemosina che verrebbe data in misura ridottissima ad una frazione minima dei bisognosi. Che non possa chiamarsi RMG lo dicono anche le leggi europee che fissano tale misura per i cittadini aventi il 60% del reddito medio nazionale. Inoltre non può non preoccupare molto la clausola dell’obbligo dell’accettazione di qualsiasi tipo di lavoro che si configura ancora una volta come uno strumento per svilire i salari e aumentare in tutti i modi lo sfruttamento della forza lavoro.
Il RMG dovrebbe essere inteso come reddito di dignità, cioè misura adeguata a conferire a tutti i cittadini una condizione minima di sicurezza che dia loro la serenità di partecipare alla vita sociale e politica della collettività. E’ in questa prospettiva che è recentemente nata in regione Campania una proposta di legge popolare regionale di RMG, partita e portata avanti collettivamente da soggetti politici di sinistra alternativa, sindacati conflittuali, collettivi studenteschi, centri sociali, associazioni ambientaliste, singoli attivisti sociali; lo stesso sindaco di Napoli De Magistris e la sua giunta hanno ufficialmente sostenuto l’operazione.
La proposta di legge campana prevede l’assegnazione di 583 € mensili ai cittadini con reddito inferiore a 7.000 € annui. Essa ha un impronta universalista perché prescinde dal nucleo familiare e coinvolge tutti i residenti in regione Campania a prescindere dalla cittadinanza di appartenenza. Questo particolare differenzia la proposta campana dalla legge di iniziativa parlamentare del M5S che prevede un reddito di cittadinanza limitato ai cittadini italiani.
L’esperienza campana, con l’unità d’azione dal basso di tutti coloro che si oppongono alle politiche di austerità, può indicare, anche a livello nazionale, la strada da intraprendere per contrastare il governo Renzi e le sue politiche antipopolari.