Erano passate meno di ventiquattro ore dal deposito delle circa 13’000 firme a sostegno del referendum contro la revisione della LEOC che già il consigliere di Stato Beltraminelli, responsabile della sanità cantonale, ci ammanniva le sue “doverose” precisazioni su La Regione, spiegando che il referendum, anche se vincesse, non rimetterebbe in discussione l’esito del processo di pianificazione, cioè dell’attribuzione delle specialità; quel meccanismo, cioè, che ha pesantemente colpito gli ospedali di Valle (Acquarossa e Faido), decretandone di fatto la loro scomparsa in quanto tali.
Sarà questo, non vi è dubbio, un leitmotiv della campagna, ormai avviata, e che ci porterà fino alla votazione di giugno. Per questo ci pare necessario dare a Beltraminelli (e a tutte le papere che ripetono dietro a lui questa storia) una risposta politica.
E lo facciamo cominciando a ricordare che il 5 giugno voteremo non solo (grazie al referendum) contro la revisione della LEOC, ma anche a sostegno dell’iniziativa “Giù le mani dagli ospedali”. Il “pacchetto” composto da referendum e iniziativa è, a nostro modo di vedere, una risposta complessiva concreta alla pianificazione approvata dal Gran Consiglio.
Il referendum infatti permette non solo di bloccare la deriva privatistica, ma di rimettere in discussione una serie di mandati che il pubblico e il privato dovrebbero gestire, secondo la logica di governo e Parlamento, unitariamente. Cosa che significherebbe, abbiamo ribattuto noi, cedere di una parte di attività pubbliche al privato, con logiche e conseguenze incalcolabili.
Tutto questo è ben illustrato nel settore dell’ostetricia con la eventuale creazione del centro madre-donna-bambino a Sorengo, nell’ambito di una società anonima tra EOC e gruppo Genolier. Non solo il settore pubblico cederebbe al privato la gestione di un reparto, ma altri reparti oggi pubblici (pensiamo all’ostetricia di Mendrisio) sarebbero, a termine, inevitabilmente sacrificati alla logica produttivistica di questa nuova struttura, attraverso un processo di “annessione”. Lo stesso discorso si potrebbe fare per la collaborazione a Locarno tra l’ospedale regionale La Carità e la clinica Santa Chiara.
Ancora una volta è necessario ribadire che dire NO alla revisione della LEOC avrà conseguenze dirette sull’evoluzione dell’assegnazione dei mandati, cioè su quello che è il nocciolo costitutivo della pianificazione ospedaliera.
L’iniziativa, dal canto suo, eserciterà un ruolo ancora più forte sulla possibilità di evitare che reparti e mandati scivolino verso il privato. Essa prevede che alcuni reparti di base siano ancorati alle strutture dei quattro ospedali regionali. Non vi potranno quindi essere mandati “privatizzati” in una o l’altra specialità.
Ma l’iniziativa è importante soprattutto, ma non solo, per mantenere le strutture degli ospedali di Valle. Essa permetterebbe, ad esempio, il mantenimento di un pronto soccorso molto più forte e potenziato negli ospedali di Valle rispetto alla situazione attuale: un punto decisivo per poter poi continuare una mobilitazione che cerchi di mantenere i posti letto di medicina oggi minacciati di scomparire
Ma al di là di queste (e altre) concrete smentite agli argomenti avanzati da Beltraminelli (e sintetizzati nella frase continuamente ripetuta per cui “la pianificazione non è referendabile”) , crediamo che la sfida lanciati dai sostenitori della pianificazione debba essere accolta. Dobbiamo affermare chiaramente, farne un tema della nostra campagna, che il voto sulla revisione della LEOC ha e avrà una duplice valenza: sarà certo un voto contro la revisione della legge, ma sarà anche un NO alla pianificazione ospedaliera.
Attraverso il NO alle revisione della LEOC, dobbiamo dirlo chiaro e forte a Beltraminelli, i cittadini e le cittadine di questo cantone, delle Valli così come di regioni e città del piano, daranno un giudizio politico e complessivo sulla pianificazione. E non ci si potrà nascondersi dietro argomenti “tecnici”, non si potrà invocare l’impunità (tanto non mi si può giudicare su questo), non si potrà cercare di dire che “tanto il voto non conta”. Conterà, e come. I cittadini e le cittadine che andranno a votare si sono fatti un’idea della pianificazione ospedaliera, attraverso il dibattito che, soprattutto grazie a noi (governo e parlamento ne avrebbero sicuramente fatto a meno), si è comunque svolto (e si sta svolgendo) nel paese. E sulla base di questo dibattito e di questa convinzione si esprimerà. E se la sera del 5 giugno dovesse affermarsi il NO alle revisione della LEOC e il SI all’iniziativa “Giù le mani dagli ospedali”, si tratterà di un sconfitta per tutti coloro che hanno sostenuto il complesso della pianificazione ospedaliera. E bisognerà ricominciare tutto da capo.
Altro che andare in giro a raccontare, per farsi coraggio, che “la pianificazione ospedaliera non è referendabile!”.