Il 4 febbraio 2016, lo sciopero generale; la mobilitazione sociale in Grecia è stata la più importante da quelle del periodo che va fino alla fine del 2011. La prima caratteristica, la mobilitazione e gli scioperi si sono svolti in tutte le città, nei paesi, nelle cittadine, nei borghi: sono state contate 111 manifestazioni. In isole come quella di Rodi e altre minori, a Corinto, le mobilitazioni sono state di un’ampiezza sconosciuta in passato.
A questa non è estraneo l’attivismo radicale degli agricoltori. La fiera di Salonicco non è stata inaugurata nel modo la tradizionale. Le forze dell’ordine sono state travolte, e i luoghi della fiera sono stati occupati dagli agricoltori in collera. Va aggiunto che, secondo diversi resoconti, alcuni poliziotti non sembravano particolarmente motivati.
Più in generale, il tasso di partecipazione allo sciopero propriamente detto, nel settore degli insegnanti e degli impiegati comunali, è stimato dall’ufficio studi sindacale al 50-55%, dato che va confrontato con il 10-15% in occasione del movimento del gennaio 2016. Ad Atene, la manifestazione ha riunito da 60.000 a 80.000 persone. Il PAME, organizzazione «di massa» del KKE, ha manifestato separatamente secondo la sua abitudine, ma riuniva nelle sue fila quasi 20.000 persone. Le componenti della manifestazione indicavano l’emergere di fatto di un blocco sociale che si oppone alle misure del governo. Le forze di destra faranno di tutto per mettervi fine, per spezzare la sua dinamica. Ma, per intere frazioni della società, ne va della propria sopravvivenza. La determinazione degli agricoltori, o di settori che vedono oggi che la loro pensione può passare da 1000 euro a 600, per ora si rafforza.
Certo, la proiezione nel futuro ‒ come esisteva nel 2011, con la prospettiva di un governo di sinistra ‒ non è analoga. È qui che convergono il sociale e il politico, in altri termini la costruzione di un programma di transizione credibile, che parta dai diversi bisogni sociali e li faccia convergere in termini di diritti e di espressione politica, cosa che passa necessariamente per un momento negativo, cioè l’obiettivo di un rovesciamento del governo Tsipras 2, che si presenta come il mediatore dell’applicazione del memorandum 3.Tale fase negativa spesso non è compresa dai sostenitori dell’autonomia del sociale. Ma questa è parte integrante della dialettica propria della lotta di classe, nella quale la costruzione di un blocco sociale ‒ quella del suo inquadramento militante radicato in un’esperienza nuova, poiché il contesto politico è nuovo ed è di fattura inedita in termini di temporalità e di configurazione dell’essenziale delle forze all’opera, al di là dell’inerzia storica ‒ si basa su iniziative politiche di organizzazioni che entrano in sintonia con le pulsioni diversificate di una società brutalizzata. Tali interventi hanno la potenzialità di amalgamarle almeno parzialmente, e di farle convergere in una rimessa in discussione, alla radice, delle leggi e dei decreti integrati, di fatto ma nel particolare, nel memorandum 3. Il che implica una destabilizzazione diretta dei piloti «nazionali» e «internazionali» dell’aggiustamento memorandario. Secondo un ultimo sondaggio, Tsipras raccoglierebbe attualmente il 15% dei suffragi, cosa che indica il suo crollo.
A questo si aggiungono i confronti strategici su «come agire domani » per bloccare l’applicazione del memorandum e, tramite queste resistenze, elaborare un piano d’urgenza che disegni le linee di forza di azioni che si integrano in un panorama d’insieme. Un panorama segnato da una crisi istituzionale ed economica europea multiforme e da una situazione di guerra. Un termine e una realtà che hanno una risonanza particolare in Grecia, non solo sotto l’impatto della tragedia di una crisi, quella del diritto alla vita dei rifugiati, ma anche del posto della Grecia nel dispositivo della NATO, e delle sue alleanze con lo Stato sionista, sponsorizzati dal Ministro della Difesa Kammenos, senza nemmeno sottolineare la storia, che segna ancora gli spiriti, dei conflitti sociali di una durezza estrema, che hanno forgiato il passato recente del paese.
La costruzione e lo sviluppo di Unità Popolare passano per l’integrazione delle esperienze di lotta, la partecipazione alla loro capacità di riflessione (dalle assemblee di preparazione di una mobilitazione a quella che stabilisce il bilancio facendo l’inchiesta sulla situazione, valutando le sfide successive) e i dibattiti e dialoghi interni necessari alla ricostruzione di una rappresentazione di obiettivi politici che profilino il superamento (Aufhebung) di un rovesciamento del governo Tsipras 2. Ciò che porta all’inizio di uno sfaldamento della sua impalcatura istituzionale europea.
Da qui l’importanza di un collegamento effettivo della sinistra radicale greca ‒ in particolare di UP e delle sue componenti ‒ con forze analoghe, per non dire simili, adatte a essere «partecipanti attivi» ai conflitti sociali e politici che sono all’ordine del giorno in molti paesi europei. Non si tratta di dibattiti accademici, ma dell’incontro di pratiche riflettute di attori ‒ per riprendere un termine di moda e spesso distorto perché reso neutro dal punto di vista ideologico e politico ‒ collettivi e organizzati. Incontro che produca un’elaborazione che faccia senso per l’azione e la rappresentazione dell’immagine che «quelli in basso» possono costruirsi, nelle loro lotte, di un futuro diverso. Non si tratta della ripetizione di un «orizzonte di attesa », formula che ha avuto grande successo negli anni 1990.
È tramite questi passi da compiere, che si presentano come sfide permanenti, che si può costituire e sviluppare una coscienza di classe che si forma anche nello scontro con la classe dominante e le sue espressioni politiche e governative, e con il loro programma e i loro progetti. I dominanti greci, mettendo Kyriakos Mitsotakis alla testa di Nuova Democrazia il 10 gennaio 2016, cercano di dare una risposta alla crisi aperta di direzione della quale soffrono dal 2011-2012. Il futuro del governo Tsipras 2 sarà determinato in larga misura dalla ricomposizione delle direzioni politiche delle classi e frazioni di classe che si confrontano, una ricomposizione che si farà sotto il fuoco di battaglie multiformi. (C.-A. Udry).
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Alle elezioni del 20 settembre 2015, lo stato maggiore di Tsipras – con il generoso aiuto dei creditori e delle classi dominanti greche, cui serviva un nuovo “capo” – ha realizzato l’obiettivo dei suoi sogni: l’esclusione di Unità Popolare (UP) [partito-coalizione che comprende, tra le sue componenti, la Corrente di sinistra di cui è portavoce Panagiotis Lafazanis, Red Network e DEA, indipendenti]; la sopravvivenza elettorale di ANEL (Greci indipendenti, il cui esponente ufficiale è Panos Kammenos, ministro della Difesa); l’ingresso in parlamento degli “utili idioti” di Vassilis Leventis (Unione dei centristi); la frammentazione della collera sociale contro il III memorandum [adottato nel luglio 2015 e in corso di applicazione, legge dopo legge]; e la quasi-estinzione della dinamica socio-politica del NO pronunciato al momento del referendum del 5 luglio 2015, ossia una posizione sociale con i tratti dell’astensione… Numerose analisi di questa fase si riferiscono a Tsipras come leader egemone e alla mutata Syriza in quanto partito destinato a una lunga durata.
Eravamo pochi ad insistere – innanzitutto, a loro onore, le cerchie dirigenti di UP – su alcuni fattori più durevoli della situazione politica complessiva: 1) il fatto che le elezioni del 20 settembre erano state usurpate [con l’apparato governo-Syriza che guidava il timing del voto, presentandosi come la garanzia del minor male di fronte ai creditori, ai loro memoranda e alla destra storica greca], usurpazione agevolata anche da un elemento chiave: le misure concrete del III memorandum non erano state ancora precisate e i loro effetti futuri non si percepivano ancora; 2) che le promesse di un programma parallelo gestito dal governo Syriza-ANEL creava disorientamento e illusioni, tanto più che andava aumentando l’asprezza della vita di tutti i giorni; 3) che l’avversione nei confronti di Nuova Democrazia [la ND di Samaras] giocava in favore del Maximou [la residenza del governo]. Tutto questo, però, si sarebbe trasformato, in pochi mesi, in una nuova rabbia sociale, a partire dal momento della presentazione delle prime concrete misure incarnate dall’accordo del 13 luglio sottoscritto a Bruxelles da Tsipras e da Euclide Tsakalotos, attuale ministro delle Finanze. Fra queste, la controriforma dell’assistenza e previdenza sociale [le pensioni] è risultata poi quella principale.
È in base a questo che avevamo ritenuto che la prossima fase sarebbe stata contrassegnata dall’instabilità politica e avevamo concepito e programmato il nostro intervento politico nella prospettiva dell’affermarsi di grandi battaglie sul terreno sociale e politico, entro un lasso di tempo molto breve. Si trattava di una valutazione in controtendenza rispetto alla visione politica maggioritaria, a sinistra di Syriza.
Meno di cinque mesi dopo, in questo mese di febbraio, la nostra valutazione si è confermata, in una misura e con un ritmo che ha superato le nostre stesse previsioni.
Lo stato maggiore di Tsipras si trova di fronte al serio rischio di una crisi incontrollabile, a un vero e proprio tracollo. Il dibattito pubblico sull'”allargamento” del blocco parlamentare (1) che sostiene il governo, con la partecipazione di Leventis, To Potamì (Il Fiume) o anche del PASOK; quella su un allargamento anche maggiore fino ad inserire la stessa ND in un governo di unità nazionale, o la discussione sulla possibilità di arrivare a nuove elezioni (per la quarta volta nel giro di un anno!) dimostrano quanto sia profonda l’instabilità. Come ricorda Zoe Kostantopoulou (ex presidente del parlamento), lo stesso Tsipras aveva sostenuto che misure quali la controriforma della Previdenza sociale ad opera di Giorgos Katrougalos (ministro greco del Lavoro, della Solidarietà e della Previdenza sociale) potevano essere imposte solo da un governo di unità nazionale o da una dittatura (2)… Un partito come Syriza, malgrado la sua mutazione neoliberista, non è in grado di portare avanti in maniera “normale” e continuativa un livellamento così reazionario dei diritti democratici e sociali e, più in generale, dell’assistenza e previdenza sociale. Questo non può che dare alimento a una crisi interna anche in quel che resta dei militanti di Syriza, inclusi gli eletti a livello cittadino, regionale e su scala nazionale.
Il movimento
Al fondo della crisi del governo c’è l’espressione immediata di un movimento di massa in difesa dell’assistenza e previdenza sociale. I recenti ammiratori di Tasso Giannitsis [alla testa di Hellenic Petroleum CO SA dal dicembre 2009 al novembre 2011, quindi ministro dell’Interno del governo cosiddetto tecnico di Lucas Papademos (11 novembre 2011- 8 maggio 2012)] non dovrebbero dimenticare la sua fine precipitosa, né quella di Kostas Simitis,(3) che si è ritirato (anche come deputato del Pireo), nonostante fosse stato, fino ad allora, l’onnipotente leader della “modernizzazione”.
La massiccia partecipazione – prima alle manifestazioni dei liberi professionisti (avvocati, ricercatori, scienziati, medici, ecc.), poi la mobilitazione degli impiegati amministrativi, dei porti, degli aeroporti, della banche, dei tribunali, delle scuole in vista del 3 febbraio – come pure i massicci blocchi stradali degli agricoltori – in lotta dagli inizi di gennaio – costituiscono una situazione particolarmente rischiosa per il governo, nella misura in cui il movimento per l’assistenza e previdenza sociale potrebbe vincere e in cui rientra nell’ordine delle possibilità l’affossamento del piano di Katrougalos.
I valletti del sistema cercano di avanzare “analisi”. che sottovalutano l’importanza di queste mobilitazioni. L'”automatismo sociale” conosce di nuovo giorni di gloria, e questa volta a propagarlo sono tendenze di “sinistra”. Ci dicono che i lavoratori indipendenti, gli impiegati amministrativi e gli agricoltori non costituiscono un gruppo omogeno e sono quindi sottoposti a una sorta di frammentazione automatica, a forze centripete incontrollabili.
Sappiamo che ci sono – da sempre – avvocati, ingegneri e agricoltori ricchi. Sappiamo anche che esistono direzioni politico-sindacali che avevano appoggiato il SÌ il 5 luglio 2015 e che oggi accettano il III memorandum. Benché costretti a partecipare alle manifestazioni, cercano la possibilità e il modo par arrivare a un accordo con Katrougalos e far scendere la collera della base sociale delle loro stesse organizzazioni.
Questa constatazione dà origine a nuovi compiti per la Sinistra radicale, che deve ridimensionare l’influenza di queste direzioni opportuniste, cooptate dal potere in varie forme. Del resto, UP lavora in questo senso. Questo però non cambia per nulla la valutazione che la mobilitazione dei lavoratori cosiddetti indipendenti e degli agricoltori sia di importanza politica decisiva. Nei movimenti di massa reali la purezza chimica non è mai esistita…
Un secondo argomento riguarda la presunta non-partecipazione dei/delle lavoratori/lavoratrici salariati/e. Questo articolo è stato scritto prima dello sciopero generale del 4 febbraio e non conosciamo ancora quale sarà l’empiezza della risposta che darà la classe operaia a questi vivisezionatori di cadaveri. Ma il clima politico precedente lo sciopero è chiaro: l’incontro in strada dei lavoratori con gli agricoltori e i liberi professionisti o gli impiegati amministrativi farà crescere la pressione sul governo a un livello che ha le tinte di un incubo. E, naturalmente, nessuno ha il diritto di sottovalutare l’importanza delle resistenze operaie precedenti di minore portata: si tratta delle iniziative di ADEDY (pubblico impiego) e di alcuni sindacati di settore che hanno aperto la strada, che sta ora trasformandosi in una specie di grande viale. La forza del movimento dal basso è il fattore sul quale tutti dovremmo fermare la nostra attenzione.
La politica
In queste condizioni, Tsipras ha un problema aggiuntivo. I creditori – che hanno i loro specifici problemi nel contesto del protrarsi della crisi internazionale – non consentono alcun “allentamento”. Gli euro-dirigenti esigono che si applichi il programma, quindi chiedono l'”ampliamento” del sostegno politico in termini di governo. Tuttavia, questa volta è molto improbabile che saranno d’accordo con nuove mosse tattiche (nuove elezioni a breve scadenza), che comportino il rischio di ritardi nell’applicazione del memorandum e accrescano i fattori di instabilità che vanno al di là dei confini greci.
Tsipras ammette di ricercare il “consenso nazionale”. Lo scenario dell’allargamento del governo con lui rientra nella posizione del primo ministro, ma implica la necessità di trovare altri alleati oltre Leventis, To Potamì e il PASOK, che potrebbero accettare di svolgere questo ruolo ma non sono sufficienti a creare l’immagine di un allargamento politico serio. Lo scenario di vera e propria unità nazionale, con la partecipazione di ND, pone il problema di eliminare Tsipras dal suo ruolo simbolico, come simbolo di una fase. Ci sono in Syriza forze disponibili a un’eventualità del genere e che si proporrebbero come parziale alternativa a Tsipras?
Questi vicoli ciechi ci portano ancora una volta all’eventualità delle elezioni. In passato, Alexis Tsipras aveva rimproverato all’ala sinistra del suo partito di cercare di “fuggire” [allusione al dibattito e agli scontri interni in Syriza a proposito delle votazioni maggioritarie in parlamento, da un lato, e delle modalità e scelte della scadenza elettorale del settembre 2015, dall’altro lato]. Oggi, è probabile che avrebbe bisogno delle elezioni per fuggire lui stesso da un vergognoso tracollo. Questa volta, però, questa tattica non sarà tanto facile: non vi sarà né il consenso dei creditori, né la collaborazione delle strutture dell’apparato governativo e di settori delle classi dominanti. Inoltre, il risultato elettorale di Syriza, nel caso di elezioni a breve termine, è ben lungi dall’essere scontato.
Le situazioni cambiano molto rapidamente. In questo contesto, la Sinistra radicale deve intervenire e partecipare con tutte le sue forze per la vittoria delle lotte e la sconfitta della controriforma: per rovesciare il III memorandum e rendere inutile e inservibile l’accordo del 13 luglio a Bruxelles. Si tratta di difendere i diritti sociali, quelli del proletariato in senso lato, dei suoi alleati, dagli agricoltori, fino ai settori legati a ceti medi, spedendo la fattura complessiva ai ricchi e agli strati dominanti. (Antonis Ntavanellos – 2 febbraio 2016)
1. La direzione di Syriza governativa ha organizzato incontri con suoi parlamentari facendo passare il messaggio: se votate contro una legge che discende dal III memorandum, dovete rinunciare al vostro mandato e passarlo a un altro, ricevendo una sorta di liquidazione [Redazione di À l’encontre].
2. In un’intervista pubblicata sul quotidiano economico La Tribuna, del 20 gennaio 2016, Giorgios Katrougalos sostiene: «Il Memorandum ci costringe a fare economie a livello dell’1% del PIL, e cioè 1,7 miliardi di euro. Ci mancano 600 milioni di euro per raggiungere l’obbiettivo. Chiediamo ai creditori di accettare di finanziarli con aumenti dei contributi di lavoratori e padroni, per evitare un nuovo taglio delle pensioni. Il padronato greco ha accolto l’idea perché ha capito che la riduzione delle pensioni avrebbe comportato un effetto recessivo sull’economia. Il 52% delle famiglie greche ricevono aiuto da parte dei pensionati e la pensione media è già stata ridotta del 40%. Non ci sono più margini di manovra per altri tagli». Ora, le misure proposte dalla neo-trojka impongono tagli che vanno al di là di questi obbiettivi [Redazione di À l’encontre].
3. Kostas Simitis, dopo la sua sconfitta elettorale del 2004, è rimasto deputato al parlamento e membro della Commissione di Difesa nazionale ed Esteri. È stato rieletto nel settembre 2007 e si è scontrato con il suo successore alla guida del PASOK, Georges Papandreou. Nel giugno 2008 fu espulso dal gruppo parlamentare del PASOK per essersi opposto alla proposta di Papandreou di sottoporre a un referendum popolare il Trattato di Lisbona. Kostas Simitis aveva lavorato al trattato nel famoso Gruppo Amato, di cui facevano parte personaggi politici quali Michel Barnier (ex ministro degli Esteri, poi Commissario europeo, Jean-Luc Dehaene (ex Primo ministro belga), Otto Schily (che fu ministro tedesco degli Interni), l’ormai noto Dominique Strauss-Kahn e Antonio Vitorino (ex Commissario europeo portoghese). Il riferimento a Kostas Simitis rinvia al dibattito sulla struttura e sul contenuto dei trattati relativi alla cosiddetta costruzione dell’Unione europea e della sua moneta [Redazione di À l’encontre].