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aecole-590x405-f3a5dLa scuola ticinese attraversa un momento difficile, in particolare dopo essere stata, negli ultimi vent’anni, forse la vittima più importante delle politiche neoliberali sostanzialmente seguite dai governi che si sono succeduti.
Il primo elemento che balza agli occhi, e sul quale molti si sono espressi, è il ritardo accumulato dalla parte di spesa pubblica cantonale dedicata alla scuola.

Infatti una comparazione tra l’evoluzione della spesa pubblica del Ticino e quella degli altri cantoni, mostra assai bene come è proprio nell’ambito scolastico che il Ticino accumula due ritardi.
Il primo lo si deduce dalla constatazione che la spesa pubblica cantonale per l’educazione cresce della metà rispetto al complessivo aumento della spesa pubblica. Il secondo si rileva constatando come l’aumento della spesa pubblica complessiva del Ticino sia in linea con quella degli altri cantoni, ma differisca sensibilmente in materia di educazione.
Infatti il Ticino si situa grosso modo a metà sia nelle uscite totali complessive per abitante, mentre le cose cambiano quando si passa ad analizzare la spesa pubblica nel campo dell’educazione: “Nel 2011 in Ticino la spesa pubblica per l’educazione ammontava a 3’095 CHF pro capite, un dato di 786 CHF inferiore alla media svizzera (20%), che corrispondeva a 3’881 CHF” (1).
E a poco servono le puntualizzazioni relative alla differenza salariale esistente tra il Ticino e il resto della Svizzera, spesso portata come giustificazione di questa differenza. Infatti “Una rilevazione condotta dall’Istituto superiore di studi in amministrazione pubblica dell’Università di Losanna (IDHEAP, 2013), concernente la media del periodo 2008-2010, giunge a conclusioni analoghe, quantificando in un 15% in meno la spesa pubblica pro capite destinata all’istruzione di un cittadino ticinese rispetto ad uno svizzero, dopo aver effettuato una correzione per tener conto del diverso livello dei salari nei diversi cantoni.”(2)

La situazione per quel che riguarda la condizione degli insegnanti non è migliore. In questi ultimi due decenni si sono sistematicamente accumulate misure di risparmio che hanno colpito in modo importante gli insegnanti. Basti pensare che gli insegnanti sono una della poche categorie del settore pubblico che si è vista aumentare l’onere lavorativo (attraverso l’aumento delle ore lezione). Più lavoro e meno salario: è questo lo slogan che riassume bene la politica attuata dai diversi governi nei confronti degli insegnanti in Ticino negli ultimi due decenni.
Sul fronte dell’onere lavorativo, oltre all’aumento delle ore di insegnamento, si è dovuto far fronte ad un aumento dell’intensità del lavoro, conseguente ad una serie di fattori che si sono accumulati negli ultimi anni. In particolare all’accumularsi di compiti educativi (che esulano molto spesso dalle competenze degli stessi docenti) che nessun altra istituzione assume. Così gli insegnanti si sono trovati ad essere psicologi, assistenti sociali, orientatori professionali, mediatori famigliari, etc., in un contesto caratterizzato dalla diminuzione o dalla stagnazione delle risorse messe a disposizione dalla scuola e dallo Stato per rispondere a tutti questi problemi di ordine prettamente sociale.
Sul fronte salariale (oltre alla oggettiva diminuzione salariale legata all’aumento dell’onere lavorativo) abbiamo assistito a decurtazioni salariali continue, blocchi degli scatti, diminuzioni dei salari d’entrata, tagli di prestazioni salariali integrative (indennità di famiglia), oltre alla costante diminuzione delle prestazioni pensionistiche (che, val la pena ricordarlo, altro non sono che salario, differito ma pur sempre salario).
Una situazione che oggi vede i docenti di diverse categorie in una posizione di forte discriminazione rispetto ai colleghi degli altri Cantoni. Ne prende atto lo stesso Consiglio di Stato che, rispondendo alle osservazioni di alcuni docenti, così si esprimeva qualche tempo fa: “Secondo gli ultimi dati prodotti dall’Associazione svizzera degli insegnanti (“Statistica degli stipendi 2012″) la situazione può essere sommariamente descritta come segue. Docenti della scuola dell’infanzia con refezione: (…) per quanto riguarda i salari al massimo della carriera il Ticino si trova al settultimo posto (…). Docenti della scuola elementare: (…) per quel che riguarda i salari al massimo della carriera siamo all’ultimo posto (…). Docenti di scuola media: (…) per quanto riguarda i salari al massimo della carriera siamo all’ultimo posto (…). Docenti di scuola media superiore: (…) per quanto riguarda i salari al massimo della carriera siamo ultimi in classifica (…). Docenti delle scuole professionali: (…) la comparazione salariale in questo settore è piuttosto articolata, ma sui salari massimi siamo sostanzialmente in fondo alla classifica dei cantoni (…).” (3). Un dato che conferma la sempre minor attrattività della professione docente, dal punto di vista salariale, rispetto ad altri settori di cui prendeva atto anche la pubblicazione statistica ufficiale dedicata alla scuola ticinese: “Dal mero punto di vista retributivo l’unico ordine scolastico veramente attrattivo a inizio carriera è quello medio superiore. Nelle scuole medie e in quelle professionali le retribuzioni sono invece in linea con quelle praticate nel resto del sistema economico. Potrebbero invece essere giudicate disincentivanti quelle in vigore nelle scuole comunali, specialmente in quelle dell’infanzia.” (4)

Il risultato non poteva che essere, a lungo andare, un logoramento della condizione insegnante che si riflette in un costante disaffezione degli insegnanti rispetto al loro lavoro. Processo testimoniato da numero indicatori. Anche qui sono diversi i dati che lo confermano. A cominciare dal fatto che molti docenti scelgono di lavorare a tempo parziale, dando così una risposta individuale (e ribaltando il sacrificio salariale su se stessi) a difficoltà che investono la scuola e che sono legati ai processi di organizzazione e gestione della scuola stessa: “Meno di un terzo degli insegnanti lavora a tempo pieno (ovvero occupa un posto uguale o superiore al 90%) e nel corso dei prossimi quindici anni 2’079 insegnanti, che rappresentano il 36% del totale dei docenti, avranno raggiunto il limite massimo dell’età lavorativa. Questa situazione interessa la metà del corpo insegnante maschile assunto a tempo pieno. Nel 2013/14 il 63% del corpo insegnante era composto da donne. La sovra-rappresentazione femminile, presente ormai da diversi anni, è in continuo aumento, mentre si assiste a un progressivo seppur contenuto decremento degli uomini.”(5)
E lo stesso fenomeno di stanchezza e disaffezione è testimoniato dai dati relativi al pensionamento: “Per tutti gli ordini scolastici l’età media di pensionamento è inferiore all’età legale. Nelle scuole comunali si osserva una diminuzione progressiva dell’età media di pensionamento. (…) Per le scuole medie superiori e per i docenti delle scuole della formazione professionale si osserva un aumento dell’età media di pensionamento con una rispettiva diminuzione degli anni di anticipo. Infine, per la Scuola media l’età di pensionamento dei docenti è rimasta pressoché stabile negli anni e non ha mai superato i 62 anni. Da notare però che, in questo settore, gli insegnanti interrompono definitivamente la loro attività lavorativa più di tre anni prima del limite massimo autorizzato. Alle analisi quantitative ne andrebbero affiancate altre qualitative che permettano di approfondire il grado di soddisfazione dei docenti che si avvicinano all’età del pensionamento. È infatti possibile supporre che una parte degli insegnanti che scelgono il prepensionamento perché hanno maturato l’anzianità di servizio richiesta senza avere raggiunto l’età legale, lascino la professione perché stanchi.”(6)

 

* Questo articolo riprende citazioni e dati contenute nel documento “Scuola ticinese: alcuni dati interessanti sui cui riflettere”, pubblicato dal Movimento della Scuola e disponibile sul suo sito.

 

1. AA.VV. (2015), Scuola a tutto campo. Indicatori del sistema educativo ticinese, Locarno, SUPSI-DFA, p. 299
2. ibidem
3. Risposta del Consiglio di Stato al presidente del Collegio dei docenti della Scuola media di Agno, Bellinzona, 19 ottobre 2012
4. AA.VV. (2010), Scuola a tutto campo. Indicatori del sistema educativo ticinese, Locarno, SUPSI-DFA, pp. 383-384
5. AA.VV. (2015), Scuola a tutto campo. Indicatori del sistema educativo ticinese, Locarno, SUPSI-DFA, p. 249
6. Fonte: AA.VV. (2015), Scuola a tutto campo. Indicatori del sistema educativo ticinese, Locarno, SUPSI-DFA, p. 280