Tempo di lettura: 2 minuti

aHaymarket-Memorial-705962In queste ultime settimane il Ticino sta vivevano un fervore sociale di grande interesse.
Vi è stata dapprima la vicenda RSI (che oggi appare leggermente sopita). Essa ha messo in luce le politiche di austerità che si stanno realizzando a livello nazionale, in particolare nel settore pubblico, con l’obiettivo di limitare il servizio pubblico, di ricondurlo a logiche di mercato, ad aprirlo sempre di più al privato e alla logica del capitale.

La reazione del personale RSI di fronte ai licenziamenti (sia nel merito che nel metodo, brutale, utilizzato) ha dimostrato una certa disponibilità ad opporsi, a non subire passivamente quanto stava succedendo. È mancata, di fronte ad una certa generosità della reazione del personale, la capacità di costruire una chiara e forte opposizione. Non solo contro i licenziamenti (che, indipendentemente dalla qualità dei piani sociali messi in atto, rappresentano pur sempre una soppressione di posti di lavoro in una regione che ne ha un grande bisogno), ma contro i progetti di riorganizzazione che aleggiano in casa SSR.
Abbiamo poi assistito ad una ripresa d’azione dei lavoratori delle Officine di Bellinzona. I quali si battono, testardamente e generosamente, per difendere un sito produttivo che rappresenta e potrebbe ancora di più rappresentare una prospettiva occupazionale importante per molti giovani che vivono in questo cantone. E chiedono a gran voce che gli accordi sottoscritti dalle FFS con loro, ma anche con i rappresentanti delle istituzioni politiche (in primis il governo cantonale e il municipio di Bellinzona), siano finalmente rispettati, garantendo volumi di lavoro e investimenti e atti concreti che permettano lo sviluppo ulteriore delle Officine come elemento centrale del futuro centro di competenze, nel quale, tra l’altro, il Cantone ha investito diversi milioni. In queste loro azione i lavoratori delle Officine hanno voluto coinvolgere direttamente la popolazione, lanciando una petizione che, tra l’altro, invitiamo tutti a firmare.
Infine, ma non da ultimi, vi sono i docenti che, dopo aver subito – unitamente agli altri lavoratori del settore pubblico – parecchie misure di risparmio (alcune ancora con il Preventivo 2016), hanno deciso di dire basta a quella che a loro appare una degradazione senza fine della loro condizione professionale. Un peggioramento delle condizioni di insegnamento che ha immediate ripercussioni sulle condizioni di apprendimento e quindi sulla qualità della scuola inteso come servizio pubblico.
Hanno quindi deciso di organizzare una giornata di protesta il prossimo 23 marzo, “aprendo le scuole”, contrariamente a governo e dipartimento che quel giorno avrebbero voluto chiuderle per “compensare” i docenti per i tagli subiti con il Preventivo 2016. Ma, hanno ribadito i docenti nel messaggio con il quale si rivolgono alla popolazione ticinese in vista del 23 marzo, “La scuola ticinese, i suoi insegnanti e i suoi allievi non hanno bisogno di regali avvelenati, ma del riconoscimento e del sostegno delle autorità e della popolazione di questo Cantone”.
Insegnanti, Officine, RSI: tre forme diverse di attacco al servizio pubblico che rischiano di trovare prolungamento nel pacchetto di risparmio di 180 milioni annunciato dal governo e le cui misure verranno rese pubbliche dopo le elezioni comunali. Ma anche tre ambiti nei quali rivendicare la necessità di difendere il servizio pubblico, sia dal punto di vista qualitativo che da quello quantitativo, di sottrarlo alle logiche del profitto, del capitale in cerca di rinnovata redditività.
Dalle mobilitazioni in questi settori, seppur nella fase iniziale e con molte difficoltà e incertezze, deve venire il segnale per approfondire e allargare, in modo unitario, la mobilitazione e la resistenza alle politiche neoliberali e capitalistiche, sempre più, in forme diverse, all’ordine del giorno.