Ansiosamente cercato per anni e anni, finalmente il Partito Democratico a guida Renzi ha realizzato a modo suo il sogno ficcato nella testa di tanti militanti e elettori: governare. Lo ha fatto talmente bene che il potere legislativo in Italia è sempre meno del Parlamento. Le leggi le fa il Partito di governo.
Prendiamo ad esempio il dibattito sulla legge (poi approvata, con tagli) riguardante le unioni civili. Credete che i senatori abbiamo discusso della legge nel merito e negli articoli che la compongono? Così avrebbe dovuto essere, secondo la Costituzione e secondo il buonsenso. Invece no! Al Senato si è discusso di procedure formali, modalità di voto e, soprattutto, di stratagemmi per evitare che fossero poste in votazione proposte di integrazione, modifiche, aggiunte, precisazioni. E quando il Pd ha capito che il Senato voleva procedere alla votazione degli emendamenti, magari per respingerli, ha ritirato la sua proposta di legge. Ha riunito i vertici del partito in assemblea e sotto la regia del leader Segretario-Presidente del consiglio, ha cambiato alcune parti della proposta di legge per accontentare i soci di destra della maggioranza governativa e ripresentarsi al Senato con la richiesta non di votare la legge, ma di votare la fiducia al governo. Poiché anche con questo atto di forza i numeri erano traballanti, e i numeri (non i contenuti, le idee) sono il sale della democrazia, ha detto la Ministra Boschi, si sono presi in prestito i voti dei “verdiniani” i quali altri non sono che “profughi” provenienti dal barcone politico di Silvio Berlusconi, il cui partito attraversa pericolose acque elettorali. E’ un classico esempio di trasformismo, una «brutta parola a cosa più brutta», diceva il poeta Carducci, per indicare già allora il «trasformarsi da sinistri a destri» e viceversa, «senza però diventare destri e non però rimanendo sinistri».
La maggioranza c’è, assicura il nostro leader, sono io, state tranquilli vi condurrò fuori dalla crisi e al ritorno in Libia, il bel suo d’amor del nostro epico-coloniale passato. L’intento dichiarato è la guerra al terrorismo, ma il reale obiettivo non è l’Isis, bensì il controllo e lo sfruttamento delle risorse petrolifere ed energetiche di quel paese. Per le classi dominanti italiane la Libia è strategica. Non a caso l’Eni è tra le poche società tutt’ora rimaste in quel paese grazie ad una serie di accordi raggiunti con le diverse milizie locali. Il governo Renzi punta ad assumere il comando della nuova operazione che unisce Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, paesi che hanno già sbarcato reparti speciali in Libia. Anche l’Italia si prepara a mandare i suoi commando in barba al Parlamento. Infatti è stato promulgato nel mese scorso un decreto che dispone il passaggio di militari alle dipendenze dei servizi segreti. Si prevede così il transito di incursori che dall’esercito passano alle dipendenze dell’Agenzia di informazioni e sicurezza per l’estero, gestiti come gli 007. Ciò significa che reparti delle forze armate passeranno quanto prima, ovviamente con l’assenso dello stato maggiore delle difesa, alle dipendenze di palazzo Chigi per essere impiegati in Libia. Ecco perché si dice che il governo riferirà al Parlamento: dopo i fatti compiuti informerà di quanto accade o è accaduto. E’ la democrazia “decidente” ha sentenziato la Ministra Boschi, chi governa deve poter governare, senza intralci parlamentari. Sarà guerra alla Libia? Mai il mio governo userà quella parola! ha dichiarato il nostro Presidente. Vuole usarne un’altra per annacquare il relativo dibattito parlamentare includendo l’invasione della Libia tra le “missioni di pace all’estero” da approvare in un pacchetto complessivo?