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afrontierePubblichiamo un interessante articolo sul business della gestione delle frontiere tratto dalla rivista di storia delle idee Intrasformazione, vol. 4, n° 2 (ottobre 2015), che rimane di grande attualità.

1.Introduzione(2)

La commercializzazione delle pratiche e delle tecnologie per la messa in sicurezza delle frontiere finalizzata al controllo delle migrazioni internazionali “non è più una novità.”(3) Già dagli anni Ottanta si è verificato uno spostamento multidirezionale dell’asse del controllo delle migrazioni: verso l’alto (attori sopranazionali e intergovernativi), verso il basso (attori locali sub-nazionali) e verso l’esterno (attori privati, non statali). Ciò ha prodotto, in Europa e nel mondo, una proliferazione di organizzazioni coinvolte sia nei processi decisionali, sia nell’attuazione delle politiche di frontiera.(4) Tra tali soggetti vi sono anche imprese private che offrono sul mercato i loro prodotti e servizi legati alla sicurezza. La distinzione di base tra “pubblico” e “privato” sta perciò vivendo un processo di contestazione e negoziazione dovuto all’inserimento di nuovi attori negli “assemblaggi”(5) della sicurezza delle frontiere. Il confine si estende ormai ben oltre i tradizionali confini politici degli stati-nazione, a causa dell’intreccio tra sicurezza interna e sicurezza esterna e dell’internalizzazione ed esternalizzazione dei controlli delle migrazioni.(6)
In questo articolo mi occupo di pratiche di sicurezza delle frontiere nel campo delle migrazioni internazionali in Europa e negli Stati Uniti d’America, ma l’arena globale delle pratiche di sicurezza delle frontiere copre, nel suo complesso, diverse questioni, fra loro correlate, quali dogane e commercio, terrorismo, pirateria, criminalità transnazionale organizzata, difesa e altri campi d’interesse statali e non statali.
Nel 2012 il mercato globale della gestione delle frontiere (considerando i soli confini terrestri e marittimi) fatturava circa 29,33 miliardi di dollari USA, e vedeva l’America del Nord in cima alla classifica.(7) Nel 2009 il fatturato delle frontiere terrestri europee era stimato tra i 4,5 e i 5,5 miliardi di Euro, quello delle frontiere aeree e marittime tra gli 1,5 e i 2,5 miliardi di Euro ciascuna.(8) Il mercato della sicurezza delle frontiere si sta espandendo in Europa e nel mondo, e si stima che la crescita porterà a superare i 56,52 miliardi di dollari USA per le frontiere terrestri e marittime nel 2022.(9) Tuttavia, gli effetti sociali di tali pratiche e tecnologie, che sollevano svariate questioni politiche ed etiche, non sono stati ancora sufficientemente analizzati.(10)
Comprendere le implicazioni concettuali, etiche e politiche del mercato della sicurezza delle frontiere appare perciò necessario per un’analisi critica delle svariate modalità con le quali la mobilità delle persone è controllata, sorvegliata e contrastata dai diversi attori statali e non statali in differenti contesti geografici. Questo articolo presenta alcuni dei principali nodi concettuali legati all’emergere dell’industria della sicurezza del confine e pone in evidenza diverse importanti questioni sollevate dalla convergenza di attori statali e non statali (per esempio le aziende private che sviluppano tecnologie per la sicurezza) nel controllo delle migrazioni.

2.Parte I: Il concetto di “industria del controllo delle frontiere”

2.1.Un’economia dell'”emergente”
La sicurezza è stata mercificata, e le relative tecnologie sono prodotti che vengono acquistati e venduti sul mercato globale. Le tecnologie per la sicurezza in campo civile (tra cui quelle per la sicurezza delle frontiere in particolare(11) sono state presentate dalla Commissione Europea come beni commerciabili e politicamente neutri, benché alcuni investitori rifiutino di prestare i propri soldi al settore della sicurezza civile, non condividendo l’idea della Commissione che il mercato delle tecnologie della sicurezza possa essere redditizio.(12) L’approccio detto della “economia dell’emergente” vede la “sicurezza civile” e il “mercato” non come categorie stabili ma come “inserite in una più lunga storia di riflessione sui processi emergenti intesi come fonti sia di minaccia, sia di opportunità”(13) (laddove per “processi emergenti” si intendono i processi non-lineari, complessi, inattesi, dinamici e continui di governance della sicurezza), e associa le minacce intese come “emergenti” all’idea di “emergenza”.(14)
Quello delle tecnologie per la sicurezza delle frontiere, dunque, è un mercato che “dipende in gran parte dal verificarsi di eventi che non sono ancora emersi(15) e che non sono ancora stati nemmeno identificati – da ciò che potrebbe succedere”.(16) Il mercato della sicurezza delle frontiere si fonda su situazioni e su minacce emergenti, e “sul ricorso a ipotesi congetturali e percezioni emotive di contingenza e imprevedibilità”.(17) Il mercato della sicurezza delle frontiere, insomma, si sviluppa secondo modalità imprevedibili e potenzialmente contraddittorie, mosse dalle opportunità emergenti offerte da crescita economica e innovazione tecnologica.

2.2.Le industrie delle migrazioni e l’industria del controllo
Possiamo considerare i molteplici attori che producono beni e servizi per il controllo delle frontiere come un'”industria” con diversi settori. L’industria delle migrazioni comprende i migranti e le loro reti, i governi, le organizzazioni non governative, le agenzie impegnate nel traffico e nella tratta, i datori di lavoro e le imprese private che partecipano al controllo delle migrazioni.(18)
L’industria delle migrazioni, dunque, non è legata soltanto alle attività che intendono favorire le migrazioni ma anche a quelle relative al controllo delle stesse. Gli studi sulle istituzioni private che partecipano all’industria delle migrazioni evidenziano le logiche neoliberiste che animano i circuiti statali e non statali di potere e denaro, e mostrano come le tecniche economiche di coercizione abbiano pervaso la gestione delle migrazioni.(19) La letteratura sull’industria delle migrazioni dimostra che a essere state commercializzate non sono soltanto le attività di facilitazione delle migrazioni: le stesse politiche migratorie, infatti, sono state sopraffatte dalla logica del mercato, con il crescente coinvolgimento di attori privati nell’industria del controllo.

2.3.Il complesso industriale della sicurezza delle frontiere
Diversi ricercatori, giornalisti e attivisti hanno ipotizzato che ciò a cui stiamo assistendo in
Europa sia lo sviluppo di un “complesso industriale della sicurezza” che ricorda il “complesso industriale-militare” della Guerra Fredda.(20) Il complesso industriale della sicurezza delle frontiere chiama in causa le relazioni tra la sfera militare, quella della sicurezza e quella dell’industria privata, nel contesto di un mercato globale dedicato alla progettazione e alla messa in opera di tecnologie di sicurezza delle frontiere. I principali attori sono governi, fornitori di tecnologie di sicurezza e operatori di sicurezza che richiedono nuove tecnologie per il controllo e la gestione dei confini statali.
Le tipologie degli attori industriali nel campo delle tecnologie di sicurezza delle frontiere vanno dai fornitori di apparecchiature generiche e specialistiche (principalmente piccole e medie imprese) ai più grandi integratori di sistemi (multinazionali quali, tra le altre, Thales, Finmeccanica, Sagem, Airbus, Indra Sistemas, BAE Systems). Le aziende di maggiori dimensioni hanno già un’esperienza nello sviluppo di risorse militari e aerospaziali. Gli acquirenti sono principalmente governi (con i relativi apparati di sicurezza) e altre grandi imprese: l’industria si fonda infatti su economie di scala (dalle più piccole economie locali rappresentate dai corpi di polizia o gendarmeria alle più vaste economie regionali come l’Unione Europea).

2.4.Il migration apparatus
Il concetto di “apparato”, sviluppato da Foucault, è ripreso da Feldman con riferimento a “un dispositivo di controllo della popolazione e di gestione economica composto da elementi altrimenti sparsi – discorsi, soluzioni architettoniche, leggi, affermazioni scientifiche, e così via – che trovano un punto di coagulo in determinate congiunture storiche”.(21) Il migration apparatus, secondo Feldman, si articola nei vari elementi sparsi che contribuiscono a determinare le politiche migratorie nell’Unione Europea: si tratta di una rete comprendente svariati attori, tra cui aziende private, che condividono nozioni come “sicurezza delle frontiere”, “umanitario”, “migranti” e le applicano in diversi contesti europei. Questi discorsi e pratiche di cui s’innerva l’apparato consentono il consolidamento di un regime di gestione delle migrazioni distaccato, senza volto e privo di centro, che oggettivizza i migranti e armonizza i controlli operati dai diversi attori pubblici e privati coinvolti. Il migration apparatus trasmette una sensazione di distacco e di indifferenza tra attori e oggetti dei controlli, cosicché il sapere che si produce sulle migrazioni (per esempio nelle burocrazie pubbliche o nelle aziende private) appare come slegato da qualsiasi luogo particolare. Ciò fa sì che tale sapere possa essere impiegato in modo indiretto, dando l’impressione che gli individui e le istituzioni partecipi dell’apparato siano incolpevoli del male che esso produce: sarebbero infatti le pratiche a risultare malefiche, non gli attori. Proprio il male subito dai migranti che attraversano i confini europei, tuttavia, impone una lettura critica di tale ragionamento.

2.5.Assemblaggi della sicurezza delle frontiere
Un assemblaggio è quell’insieme di strutture che tiene insieme il globale, il nazionale e il locale, e che emerge nei processi di trasformazione statale in un contesto di globalizzazione.(22) Gli assemblaggi della sicurezza globale sono “strutture e reti transnazionali nei quali un certo numero di diversi attori e sistemi normativi interagiscono, cooperano e competono nella produzione di nuove istituzioni, pratiche e forme di governance deterritorializzata della sicurezza.”(23) Negli assemblaggi della sicurezza “le logiche private del business globale [circolano] attraverso ambiti pubblici istituzionali, e tali ambiti pubblici, che operano interagendo in modo complesso con attori privati e transnazionali, divengono a loro volta potenti agenti di globalizzazione.”(24)
Gli assemblaggi della sicurezza delle frontiere emergono nei processi di parziale disassemblaggio degli stati ma si strutturano attorno a una molteplicità di attori, norme e istituzioni transnazionali, deterritorializzati e riterritorializzati. Il controllo delle frontiere, che è in parte denazionalizzato, si riarticola poi tramite la ristrutturazione di istituzioni statali in modo da tenere insieme i principali attori a diversi livelli. Gli stati favoriscono il coinvolgimento di aziende private nel controllo delle migrazioni, alimentando così la crescita e l’espansione del mercato privato delle tecnologie di sicurezza delle frontiere. Ciò favorisce a sua volta la trasformazione istituzionale dello stato e delle relative funzioni di sicurezza delle frontiere.

2.6.Governance delle migrazioni: partenariati pubblico-privati
Il termine “governance” si riferisce a quelle pratiche e a quei problemi che emergono nelle modalità ibride di governo.(25) La governance “riflette, rispondendovi, il fatto che quello del governare è un fenomeno sempre più ibrido, multigiurisdizionale e plurale”, che combina “aspetti di mercato, di reti e di gerarchie.”(26) Le aziende private della sicurezza svolgono un ruolo importante nell’attuale governance di frontiere e migrazioni, in parte attraverso partenariati pubblico-privati (PPP). Tali alleanze presentano una varietà di forme gerarchiche e non gerarchiche di cooperazione tra attori statali e privati, finalizzate alla fornitura di servizi e infrastrutture per la sicurezza, secondo diverse modalità di definizione congiunta delle scelte e differenti modi di produzione.(27) La pratica dei PPP implica una prospettiva manageriale, che pone l’accento su fiducia, mutuo scambio e apprendimento, condivisione delle responsabilità, calcolo del rischio, monitoraggio.(28)
Negli USA i PPP hanno svolto un ruolo importante per lo sviluppo degli “smart borders” attraverso il C-TPAT (Customs-Trade Partnership Against Terrorism), esempio perfetto di come l’agenzia doganale e di frontiera CBP (Customs and Border Protection) si allei con il mercato per verificare la legittimità delle aziende commerciali, cosicché le merci messe in circolazione da queste ultime siano soggette a minori ispezioni alle frontiere.(29) Il partenariato si fonda sulla fiducia tra CBP e soci d’affari. Il C-TPAT estende il confine statunitense fino al punto in cui ha sede l’azienda e, al tempo stesso, coinvolge le aziende nella definizione del significato della sicurezza e nell’implementazione di specifiche misure di sicurezza: le compagnie le cui pratiche di sicurezza sono in linea con le normative federali possono essere considerate a basso rischio, ed è meno probabile che vengano sottoposte a ispezione nei posti di controllo doganali.
Altre iniziative del genere si rivolgono invece a singole persone: è il caso dei “trusted traveler programs”, nell’ambito dei quali gli individui si sottopongono a un esame preliminare che li classifica come soggetti a basso rischio, e vedono di conseguenza ridursi i controlli agli aeroporti e i tempi di attesa all’imbarco.(30) In altre parole, i PPP possono servire anche come strategie di governance per il controllo della mobilità internazionale di persone e merci.

2.7.I molteplici significati della (in)sicurezza delle frontiere
Da una prospettiva relazionale, la “sicurezza delle frontiere” non è un oggetto o un ambito autonomo da studiare isolatamente, ma va piuttosto analizzata in relazione ai discorsi e alle pratiche che la delimitano come categoria sociale.(31) I confini di ciò che si intende come “sicurezza” o “insicurezza” delle frontiere non sono predeterminati ma sono “sempre oggetto di transazioni e conversioni tra diverse sfere professionali e culturali. La sicurezza, allora, non è mai qualcosa di assoluto, integrale, totale o globale: essa incontra sempre dei limiti, e appare come un rovesciamento […] rispetto ad altri termini.”(32) Il significato della (in)sicurezza delle frontiere deriva da relazioni di potere e contestazione politica, ed è determinato dal confronto, anche conflittuale, tra gli attori coinvolti, tra i quali vi sono i professionisti della (in)sicurezza attivi nelle aziende transnazionali. Minacce di vario tipo vengono a collocarsi lungo l’asse della (in)sicurezza: esse servono a giustificare le azioni e i ruoli degli attori della (in)sicurezza delle frontiere. Nel definire la (in)sicurezza delle frontiere, e nel collocare minacce emergenti lungo l’asse della (in)sicurezza, un ruolo importante è svolto da attori privati.

3.Parte II: Questioni attuali

3.1.Trasparenza e democrazia deliberativa
L’espansione dell’industria della sicurezza delle frontiere coincide con l’evoluzione delle relazioni tra istituzioni dell’Unione Europea, stati membri, mondo accademico, consulenti, industriali e relativi lobbisti. Le lobby dell’industria, come la EOS (European Organization for Security), investono risorse per influenzare le istituzioni europee, secondo modalità che meriterebbero di essere analizzate attentamente. Cogliere i collegamenti e gli scambi in atto tra istituzioni europee e EOS consente di comprendere come gli attori non statali siano capaci di produrre effetti sulla democrazia deliberativa nell’Unione Europea.
Una fondamentale questione politica che riguarda l’industria della gestione delle frontiere è quella della trasparenza e della responsabilità delle istituzioni democratiche alle quali è delegato il compito di definire la sicurezza, fissarne le regole e assicurare l’applicazione delle stesse. Le indagini recentemente avviate su presunti casi di corruzione riguardanti appalti di Airbus per il controllo delle frontiere in Romania e Arabia Saudita sono un esempio della scarsa trasparenza che caratterizza i rapporti tra industria e autorità statali e delle potenziali distorsioni che ne derivano.(33)

3.2.Responsabilità e tutela dei diritti
Altre questioni emergono riguardo le responsabilità giuridiche dell’industria privata nei casi di abusi commessi a danno di persone migranti. In un contesto contraddistinto da scarsa trasparenza e da un quadro giuridico in via di definizione, può risultare difficile imporre ai responsabili di una violazione di risponderne giuridicamente. La privatizzazione del controllo delle migrazioni permette una presa di distanze da parte dello stato nei confronti delle responsabilità giuridiche per gli abusi commessi nei confronti di chi è oggetto dei controlli. “Sollevare il velo aziendale”, creando istituzioni che abbiano il compito di monitorare le aziende e di chiedere loro conto delle violazioni di diritti umani, potrebbe essere un primo passo verso un maggiore grado di responsabilità.(34)

3.3.Innovazione tecnologica e mercato
“La ricerca in tema di sicurezza è stata e continuerà a essere una delle pratiche chiave per il sostentamento del mercato della sicurezza civile.”(35) L’Unione Europea ha investito attivamente nelle tecnologie di sicurezza delle frontiere, dapprima attraverso il settimo programma quadro (FP7) e ora con la nuova linea di finanziamento Horizon 2020, sia per rispondere alle nuove sfide nel campo della sicurezza, sia per favorire la crescita economica, l’innovazione e la competitività. La ricerca e lo sviluppo nel campo della sicurezza delle frontiere promuovono tecnologie concepite già in principio come multi-uso.(36) Gli effetti dell’innovazione tecnologica nel campo della sicurezza delle frontiere andrebbero valutati criticamente. Per esempio, il mercato emergente delle tecnologie di sicurezza delle frontiere potrebbe produrre scompensi perché le “strutture del mercato sono immature e rammentate, e lo sviluppo del mercato nel suo complesso è incerto.”(37) Un’altra questione importante è poi quella di chi utilizzi tali tecnologie: il mercato globale delle tecnologie della sicurezza, infatti, può riconfigurare le migrazioni e la protezione in modo imprevedibile.

4.Conclusione: riconfigurare la geografia e la soggettività politica

Il coinvolgimento dell’industria privata nelle pratiche di controllo delle frontiere sta riconfigurando gli spazi di confine e la territorialità politica. I confini sono extraterritorializzati, deterritorializzati, riterritorializzati e denazionalizzati. Allo stesso tempo, il riassemblaggio dello stato volto a favorire la partecipazione di nuovi attori alla sicurezza delle frontiere riconfigura i singoli individui nella loro qualità di soggetti politici, poiché i cittadini sono spinti a chiudere gli occhi davanti alle stragi che si consumano nel Mediterraneo.(38) Il “rule of law”, in Europa, sta mettendo in discussione i diritti fondamentali, nella misura in cui pratiche illiberali sono state ormai normalizzate nelle democrazie del capitalismo liberale.(39) L’Unione Europea, vedendo il consenso politico rafforzarsi attorno all’idea che la “gestione delle frontiere” sia necessaria per contrastare la “immigrazione irregolare”, si è alleata con l’industria privata per co-definire e co-implementare la propria strategia in materia. Ciò produce effetti tangibili sulla vita dei migranti e impone di mantenere uno sguardo critico sugli sviluppi dell’industria del confine.(39)

 

1. Traduzione dall’inglese di Paolo Cuttitta.
2. Questo articolo è stato scritto nell’ambito del progetto di ricerca “Border Policies and Sovereignty: Human Rights and the Right to Life of Irregular Migrants”, che beneficia del finanziamento “Vici” n. 016.130.061 dell’organizzazione nederlandese per la ricerca scientifica NWO.
3. A. Leander, Commercial Security Practices, in J.P. Burgess (ed) The Routledge Handbook of New Security Studies, Routledge, Abingdon, Oxon 2010, p. 208
4. V. Guiraudon & G. Lahav, A Reappraisal of the State Sovereignty Debate: The Case of Migration Control, in Comparative Political Studies, 33(2000), pp. 163-194.
5. J. Berndtsson & M. Stern, Private Security and the Public-Private Divide: Contested Lines of Distinction and Modes of Governance in the Stockholm-Arlanda Security Assemblage, in International Political Sociology, 5(2011), pp. 408-425.
6. D. Bigo, The Möbius Ribbon of Internal and External Security(ies), in M. Albert, D. Jacobson & Y. Lapid (eds.), Identities, Borders, Orders: Rethinking International Relations Theory, University of Minnesota Press, Minneapolis, MN 2001.
7. Frost & Sullivan, Global Border and Maritime Security Market Assessment, by Frost & Sullivan. M965-16, February 2014, http://images.discover.frost.com/Web/FrostSullivan/GlobalBorderandMariti… [ultimo accesso 27.05.2015].
8. Ecorys Research and Consulting, Study on the Competitiveness of the EU security industry, Framework Contract for Sectoral Competitiveness Studies – ENTR/06/054, Client: Directorate-General Enterprise & Industry, Brussels, 15 November 2009,
http://ec.europa.eu/enterprise/policies/security/files/study_on_the_comp…. pdf [ultimo accesso 27.05.2015].
9. Frost & Sullivan, supra.
10. Va sottolineato il fatto che non esistono stime relative al volume del mercato della sicurezza delle frontiere che si riferiscano unicamente alle migrazioni internazionali: normalmente le stime sono suddivise per tipo di confine (terrestre,aereo, marittimo) e non per tipologia di controlli. Le tecnologie per la sicurezza delle frontiere, del resto, non sono impiegate esclusivamente per il controllo delle migrazioni internazionali ma hanno molteplici finalità d’uso, che comprendono il controllo e il contrasto delle diverse pratiche sopra citate (dogane, terrorismo, pirateria, criminalità
organizzata etc.).
11. Tra gli esempi di tecnologie di sicurezza delle frontiere vi sono diversi tipi di sensori, scanner e altri strumenti per l’individuazione di oggetti o persone (rilevatori visivi, acustici, termici, cinetici, a raggi X); radar (terrestri, marittimi e spaziali); dispositivi biometrici mobili (per esempio per i rilievi dattiloscopici e facciali); rilevatori di anidride carbonica o del battito cardiaco; droni; recinzioni (con i dispositivi che possono esservi applicati); soluzioni IT integrate (conservazione e analisi dei dati, architetture di rete); energia solare; e una quantità di altri strumenti destinati all’uso integrato per la protezione delle frontiere e di infrastrutture.
12. M. Hoijtink, Capitalizing on emergence: The “new” civil security market in Europe, Security Dialogue, 45(5/2014), pp. 458-475.
13. ibid., p. 459.
14. ibid., p. 461-464.
15. Corsivo d. t.
16. ibid., p. 467.
17. ibid., p. 463.
18. T. Gammeltoft-Hansen & N.N. Sorensen (Eds.), The Migration Industry and the Commercialization of International Migration, Routledge, London and New York 2013.
19. G. Menz, The neoliberalized state and the growth of the migration industry, in T. Gammeltoft-Hansen & N. N. Sorensen (Eds.), The Migration Industry and the Commercialization of International Migration, Routledge, London and New York 2013 .
20. E.-P. Guittet & J. Jeandesboz, Security Technologies, in J. Peter Burgess (Ed.), The Routledge Handbook of New Security Studies, Routledge, London and New York, 2010.; B. Hayes, Arming Big Brother: The EU’s Security Research Programme, in TNI Briefing Series No. 2006/1, Transnational Institute, Amsterdam, April 2006.
21. G. Feldman, The Migration Apparatus: Security, Labor, and Policymaking in the European Union, Stanford University Press, Stanford, CA, 2011.
22. S. Sassen, Territory, Authority, Rights: From Medieval to Global Assemblages, Princeton University Press, Princeton, NJ, 2006.
23. R. Abrahamsen & M.C. Williams, Security Beyond the State: Private Security in International Politics, Cambridge University Press, Cambridge, UK 2011, p. 90.
24. ibid., p. 101.
25. M. Bevir, Governance as Theory, Practice, and Dilemma, in M. Bevir (ed.), The SAGE Handbook of Governance, SAGE Publications Ltd., London 2011.
26. ibid., pp. 2-3.
27. G.F. Schuppert, Partnerships, in M. Bevir (ed.), The SAGE Handbook of Governance, SAGE Publications Ltd., London 2011.
28. ibid., p. 292 ss.
29. U.S. Department of Homeland Security: U.S. Customs and Border Protection, C-TPAT: Customs-Trade Partnership Against Terrorism, DHS (n.d.), Available online at: http://www.cbp.gov/border-security/ports-entry/cargo-security/ctpat-cust…. [ultimo accesso 26.05.2015]
30. Un esempio è Privium, all’aeroporto di Schiphol, nei Paesi Bassi.
31. D. Bigo, Afterward – Security: Encounters, Misunderstandings and Possible Collaborations, in M. Maguire, C. Frois, & N.Zurawski (eds.), The Anthropology of Security: Perspectives from the Frontline of Policing, Counter-terrorism and Border Control, Pluto Press, London 2014.
32. ibid., p. 199.
33. U. Dauer & R. Wall, Germany Investigates Airbus Defense Deals in Saudi Arabia , Romania: Munich State Prosecutors Raided Airbus Defense Unit’s Offices in the Fall, in The Wall Street Journal, 3 December 2014. Available online at:
http://www.wsj.com/articles/germany-investigates-airbus-defense-deals-in…. [ultimo accesso 26.05.2015]
34. T. Gammeltoft-Hansen, The rise of the private border guard: Accountability and responsibility in the migration control industry, in T. Gammeltoft-Hansen & N. N. Sorensen (eds.), The Migration Industry and the Commercialization of International Migration, Routledge, Abingdon and New York 2013.
35. Hoijtink, supra, p. 464
36. Commission of the European Communities, Research for a Secure Europe: Report of the Group of Personalities in the Field of Security Research, Office for Official Publications of the European Communities, Luxembourg,2004. Available online at: http://ec.europa.eu/enterprise/policies/ security/files/doc/gop_en.pdf. [ultimo accesso 26.05.2015] p. 12
37. Hoijtink, supra, p. 463
38. T. Basaran, The saved and the drowned: Governing indifference in the name of security, in Security Dialogue, OnlineFirst pre-print, 23 April 2015. doi: 10.1177/0967010614557512
39. ibid.