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150129greekdebtParte seconda (fine XIX secolo- Seconda guerra mondiale)
Introduzione
Stando alla narrazione predominante, menzognera o semplicemente erronea, negli anni Ottanta del XIX secolo la Grecia è riuscita a rientrare nei mercati grazie all’accordo intercorso nel 1878 con i creditori dei debiti del 1824-1825, [1] da un lato, e, all’attuazione pratica di una politica radicale di taglio delle spese pubbliche, dall’altro.

La Grecia avrebbe poi esagerato nel ricorrere a nuovi prestiti, aumentando notevolmente le spese pubbliche, e questo avrebbe comportato una nuova crisi del debito e la sospensione dei rimborsi a partire dal 1893. L’incapacità della Grecia di gestire ragionevolmente il ricorso al prestito avrebbe indotto le grandi potenze a imporle una Commissione finanziaria di controllo, che ha preso in mano il bilancio del paese. Nei fatti, si tratta di una versione falsa.
Ecco uno degli esempi della presentazione largamente diffusa, tratta da Le Monde del 16 luglio 2015: «Come oggi, però, il paese è minato dal clientelismo e dall’evasione fiscale dei notabili. Il bavarese Ottone I di Grecia, monarca imposto dalle potenze europee, instaura fin dall’indipendenza una dispendiosa politica di grandi lavori. La funzione pubblica assume a tutto andare, l’esercito ha un elevato tenore di vita (…). Il tutto, finanziato da generosi [sic!] prestiti dei paesi occidentali. Il governo perde rapidamente il controllo: nel 1893, quasi la metà delle entrate dello Stato sono riservate al pagamento degli interessi del debito».
Un altro esempio è apparso sulla rivista finanziaria svizzera Bilan (20 giugno 2015): «Grazie all’accordo ratificato nel 1878, la Grecia ha di nuovo la possibilità di ottenere prestiti sui mercati a partire dal 1879. Nei 14 anni successivi, Atene contrarrà un prestito pari praticamente a 530 milioni di franchi con creditori parigini, londinesi e berlinesi. Tuttavia, meno del 25% di questa cifra andrà in investimenti in infrastrutture per sviluppare il paese, essendo il resto sostanzialmente destinato alle spese militari, dal momento che la Grecia si scontra a più riprese con i suoi vicini regionali (con esiti alterni)».
Quel che c’è di vero nella narrazione dominante è che i banchieri stranieri hanno di nuovo concesso crediti alla Grecia. La narrazione ammette che la monarchia fosse dispendiosa e che impegnò il paese in costosissime prove militari con l’Impero ottomano. La maggior parte dei commentatori – sempre pronti a giustificare l’atteggiamento dei creditori (come la giornalista di Le Monde, che non esita a parlare di “prestiti generosi”, un ossimoro vero e proprio) [2] – rilevano anche che non si prelevavano mai tasse.
Vediamo ora che cosa è realmente successo. Nel corso degli anni Ottanta (del XIX secolo), i banchieri delle grandi potenze (britannici, francesi, ma anche tedeschi, belgi, olandesi…) sono interessatissimi a concedere prestiti a paesi che escono dalla sospensione di pagamenti. Pongono una condizione: i vecchi debiti vanno ristrutturati e il paese deve riprendere a pagarli. La maggior parte dei paesi che li avevano sospesi hanno accettato ristrutturazioni dei debiti largamente favorevoli ai creditori; questi hanno allora sciolto il cordone della borsa perché quei paesi trovassero mezzi finanziari per onorare i vecchi debiti. Si trattava così, per il grande capitale dei paesi dominanti, di reperire investimenti interessanti perché il sistema capitalistico potesse di nuovo conoscere una fase espansiva: l’esportazione massiccia di capitali, per realizzare prestiti o investimenti nei paesi della Periferia. È l’avvio della fase “imperialista” del capitalismo mondiale. [3]

Ristrutturazioni del debito in Grecia, Costa Rica, Paraguay, Perù e Impero ottomano
Ecco alcuni esempi di ristrutturazioni avvenute durante il periodo 1878-1890:
Ristrutturazione debito greco del 1878 e sue conseguenze – Il debito greco connesso ai prestiti del 1824-1825 è stato ristrutturato nel 1878. I creditori hanno ottenuto che la Grecia accettasse di rimborsare l’equivalente della somma che le era stata versata allora. Non c’è quindi stata la riduzione effettiva del debito e la Grecia ha ripreso i pagamenti degli interessi e del capitale. [4] Tra il 1879 e il 1890, la Grecia ha rimborsato interamente ai creditori privati il debito ristrutturato. Il debito greco però non è sceso, semplicemente perché la Grecia ha contratto nuovi prestiti, dovendo rimborsare i vecchi e questi ultimi.
Ristrutturazione debito costaricano nel 1885 – Il Costarica, che aveva sospeso i rimborsi dal 1874, accetta nel 1885 una ristrutturazione soddisfacente per i creditori, che ottengono parte delle ferrovie, oltre a 230.000 ettari di terre e 2 milioni di sterline.
Ristrutturazione debito del Paraguay nel 1885 – Anche il Paraguay, in sospensione del rimborso dal 1874, ha accettato di consegnare ai creditori 1 milione di ettari e 800.000 sterline.
Ristrutturazione debito peruviano nel 1880 – La ristrutturazione del debito peruviano (il più voluminoso dell’intera America latina) avviene nel 1890, in termini molto sfavorevoli per il paese: cessione ai creditori di tutte le ferrovie pubbliche, cui si aggiungono oltre 2 milioni di tonnellate di guano (fertilizzante naturale), la concessione di una linea di battelli sul Lago Titicaca, 2 milioni di ettari di terra, le miniere di Cerro de Pasco e – ciliegina sulla torta – un nuovo prestito per rifinanziare parte del debito in sospensione di pagamento. Il Perù ha effettuato nel 1926 l’ultimo rimborso del debito ristrutturato nel 1880, dopo la sospensione intercorsa nel 1876.
Ristrutturazione debito dell’Impero ottomano – In seguito al mancato pagamento dal 1875, il debito fu in parte ristrutturato nel 1881. I creditori richiesero il massimo del rimborso. Per l’occasione si istituì una Commissione finanziaria composta da periti nominati dalle “grandi potenze”. Come scrive Louise Abellard: «Nel 1881 si creò un’istituzione sotto il nome di Amministrazione del Debito pubblico ottomano. Per decreto imperiale, le vennero “tassativamente e irrevocabilmente” trasferiti diversi introiti dell’Impero (redditi doganali, tasse sui liquori, diritti di bollo, diritti di pesca, tassa sulla seta, monopoli di sale e tabacchi, ecc.). Queste risorse andavano destinate dall’Amministrazione al versamento delle compensazioni ai creditori sui titoli emessi prima della cessazione dei rimborsi. L’Amministrazione era guidata da europei (francesi, inglesi, olandesi, tedeschi e italiani), diretti rappresentanti dei rispettivi creditori nazionali. Completamente autonoma dal potere ottomano, era quindi uno strumento di assoluta garanzia per i creditori, che ottenevano l’assicurazione del rimborso delle somme investite, vecchie e nuove. In certo senso, i detentori di titoli ottenevano con l’Amministrazione il diritto di gestione diretta delle finanze ottomane, a loro vantaggio, fino al totale rimborso del “danno” subito (alla scomparsa dell’Impero). Progressivamente, le prerogative dell’Amministrazione vennero anche estese al ruolo di garante per regolare contratti relativi a infrastrutture (soprattutto le ferrovie)». [5]
Le ristrutturazione di debito sono servite solo a rilanciare un nuovo ciclo di indebitamento e di espansione del capitalismo dei paesi industrializzati
Le ristrutturazioni avvenute negli anni 1870-1880 rispondevano all’intenzione dei creditori di riprendere a piazzare ai quattro angoli del pianeta capitali abbondantemente disponibili nei paesi del Centro (Gran Bretagna, Francia, Germania, Belgio, Olanda…). La concessione di nuovi prestiti mirava a rilanciare il pompaggio dei rimborsi in quanto, perché i paesi in sospensione dei pagamenti li riprendessero, occorreva fornire loro liquidità. I piazzamenti avvenivano in forma di investimenti o di prestiti. In alcuni casi, come abbiamo visto per quanto riguarda alcuni paesi dell’America latina (v. riquadro sopra), la ristrutturazione ha assunto in parte la forma dello scambio di vecchi titoli del debito contro titoli di proprietà di terreni o/e di imprese. Il criterio principale dei banchieri o degli altri investitori non era affatto il buono stato di salute dei paesi cui prestavano e la capacità di questi di gestire bene i fondi prestati, e neanche che li rimborsassero. La loro decisione si basava sull’esigenza di utilizzare i mezzi finanziari di cui disponevano per ricavarne il massimo rendimento, di tenere i paesi indebitati in un rapporto di bisogno permanente di finanziamento estero e di garantirsi che, in caso di difficoltà di rimborso, i governi dei rispettivi paesi sarebbero stati disposti a intervenire, incluso con strumenti militari, per imporre la ripresa o la prosecuzione dei pagamenti, o la pura e semplice colonizzazione del paese.
Nel caso della Tunisia, dell’Impero ottomano e della Grecia, è stata imposta dalle potenze creditrici (fra cui la Gran Bretagna e la Francia occupavano di volta in volta una posizione importante o di assoluto privilegio) una struttura internazionale di gestione e controllo che disponeva di amplissimi poteri. La Grecia ha conosciuto questa situazione fin dall’origine, come dimostra la convenzione del 1832 con Gran Bretagna, Francia, Russia e Regno di Baviera per creare la monarchia in Grecia dando l’assoluta priorità al rimborso del debito. [6] La Tunisia si è vista imporre una Commissione finanziaria internazionale nel 1869 ed è poi passata sotto diretto controllo della Francia nel 1881. Per quanto riguarda l’Impero ottomano, la potenze creditrici diedero vita all’Amministrazione del debito pubblico, che disponeva di 20 uffici per la riscossione dei redditi, posti ai quattro angoli del territorio (dallo Yemen a Salonicco) e che contava 5.000 funzionari. Nel caso della Grecia, la situazione di subordinazione alle potenze creditrici, inscritta di fatto nel suo atto internazionale di nascita, è sempre stata presente, anche se ne sono mutate le forme: dalla partecipazione inquisitoria degli ambasciatori britannico, francese e russo al Consiglio dei ministri, nel 1843, [7] alla creazione della Commissione finanziaria internazionale del 1898 (in funzione fino all’occupazione nazista), passando per la Commissione finanziaria di indagine, istituita nel 1857 per vigilare sul rimborso del debito del 1833.

L’impatto sulla Grecia della crisi finanziaria ed economica internazionale del 1890-1891
Nel novembre del 1890, la City di Londra attraversa una situazione che fa pensare al settembre 2008 negli Stati Uniti e al fallimento di Lehman Brothers, sfociata nella chiusura dei rubinetti del credito (credit crunch), nella crisi bancaria internazionale e nella recessione economica mondiale del 2009.
L’8 novembre 1890, i banchieri londinesi si sono riuniti allarmati per far fronte al panico nel caso in cui Baring Brothers, una delle principali banche di Londra, fallisse. Il 10 novembre i banchieri si riuniscono con il governo britannico, il quale contattava le autorità delle altre grandi potenze per mettere in piedi una risposta organizzata alla crisi. Baring Brothers è stata salvata (non così è stato per Lehman Brothers), ma la crisi finanziaria ed economica è stata molto forte nel 1891-1892. Fra i banchieri organizzatori del salvataggio figuravano la Banca Rothschild (presente a Londra, Parigi e altrove in Europa e che ha svolto un ruolo chiave nell’indebitamento della Grecia), nonché le banche JPMorgan (che era già la principale banca d’affari negli Stati Uniti) e JSMorgan (presente a Londra e direttamente legata per rapporti familiari a JPMorgan), che più tardi si sarebbero fuse. [8]
Non troverete da alcuna parte, negli articoli dedicati dalla grande stampa internazionale nel 2015-2016 alla crisi del debito greco del 1893, il nesso fra gli sviluppi della crisi finanziaria ed economica internazionale e la sospensione del pagamento del debito decretata dal parlamento greco nell’estate del 1893. Eppure, la crisi partita a Londra nel novembre 1890 ha provocato la recessione economica, il crollo del commercio internazionale, il blocco dei crediti bancari internazionali…:
La Grecia si è trovata di fronte al crollo delle esportazioni. Aveva bisogno delle divise forti provenienti dalle esportazioni per continuare a rimborsare il debito estero. La vendita dell’uva di Corinto all’estero costituiva i 2/3 delle esportazioni greche! Due le cause del brusco calo del 50%: 1) la crisi internazionale e il contrarsi della domanda nei paesi più ricchi; 2) la decisione presa da Gran Bretagna, Francia e Russia di imporre una tassa sull’importazione dell’uva di Corinto sul mercato. Le tre potenze creditrici della Grecia ridussero drasticamente l’accesso dell’uva di Corinto al rispettivo mercato, mentre caldeggiavano il libero mercato e la soppressione di tutte le tasse di import-export. [9] Per la Grecia, il crollo dei redditi da esportazione, insieme all’impossibilità di ottenere il rinnovo dei crediti dalle banche londinesi, francesi, tedesche, ecc., comportò la decisione di sospendere il pagamento del debito, quando a questo era destinato il 56% degli introiti dello Stato. [10] Fra i fattori connessi a quanto sopra, c’è il crollo del valore della sua moneta rispetto alla lira sterlina e alle divise forti. Con una moneta svalutata, il costo effettivo del rimborso del debito estero era ancor più insostenibile.
Rispetto ai tanti commentatori che accusano la Grecia di essere un paese che entra facilmente in default di pagamento, è utile precisare che nel corso del XIX secolo la Spagna ha sospeso a sei riprese il pagamento del proprio debito, l’Impero austro-ungarico 5 volte, la Prussia 2 e la Russia 1 volta. [11]
Lo scontro militare con l’Impero ottomano nel 1897 e la conseguente ristrutturazione del debito greco
La monarchia greca e le classi dominanti locali si lanciarono nel 1897 in un disastroso conflitto militare contro l’Impero ottomano. Le grandi potenze manovrarono manifestamente i due Stati in conflitto all’ultimo minuto per portarli alla guerra del 1914. L’obiettivo: indebolendo le due parti nel corso del conflitto, le grandi potenze potevano aumentare il proprio grado di controllo su entrambe, soprattutto tramite il debito. Lo scontro essendo costoso, le grandi potenze avrebbero potuto aumentare le loro richieste nei confronti sia della Grecia sia dell’Impero ottomano. Questo portò al Trattato di pace siglato a Istanbul il 4 dicembre 1897 sotto il patronato delle grandi potenze: la Gran Bretagna, la Francia e la Russia (i membri della “trojka” in carica a partire dal 1830), l’Impero austro-ungarico, la Germania e l’Italia. [12] Nel 1898 venne concesso alla Grecia un nuovo prestito, di cui la “trojka” era di nuovo garante. Veniva assegnato nel quadro del trattato di pace e includeva il versamento da parte della Grecia di un rilevante indennizzo all’Impero ottomano. Le grandi potenze erano molto interessate al fatto che la Grecia utilizzasse gran parte del prestito per indennizzare l’Impero ottomano. Esse infatti, come si è detto, controllavano le finanze ottomane e riuscirono a indirizzare gli indennizzi al rimborso che doveva effettuare l’Impero ai propri creditori. I creditori della Grecia e dell’Impero ottomano erano gli stessi!

Il prestito del 1898 e la Grecia sottoposta a tutela grazie alla Commissione finanziaria internazionale (CFI)
La legge votata dal parlamento greco il 26 febbraio 1898 è identica al progetto di legge redatto dalla CFI. La Grecia è stata costretta ad accettare per intero le condizioni dei creditori. In base a questa legge, la CFI controlla gli introiti dello Stato che verranno destinati al servizio:
1. del prestito del 1833 garantito da Francia, Gran Bretagna e Russia;
2. dei prestiti dello Stato greco contratti con l’estero dal 1881 al 1883;
3. del nuovo prestito emesso a carico della Grecia per rimborsare i precedenti e pagare un indennizzo di guerra all’Impero ottomano.
Il prestito del 1898 è composto di due parti:
1) un prestito per l’indennizzo di guerra alla Turchia per l’ammontare di 92 milioni di franchi francesi (4 milioni di lire turche), cui si aggiungono 2,3 milioni di franchi (100.000 lire turche) che la Grecia deve pagare per i danni causati alle proprietà private;
2) Un nuovo prestito per rimborsare vecchi debiti e coprire il passivo del 1897 per rimborsare il debito, cioè una somma di 55 milioni di franchi destinata a:
a) coprire il passivo di bilancio dello Stato greco del 1897 (26 milioni di franchi);
b) ai pagamenti che deve effettuare lo Stato greco nel 1898 ai titolari del vecchio debito estero (2,5 milioni di franchi).
Il nuovo prestito a carico della Grecia ammontava a 123,5 milioni di franchi (28,5+95), cui si aggiunge la conversione di debito per l’ammontare di 26,5 milioni di franchi. A questo si aggiungerà a seconda dei bisogni, in forma di prestito, una cifra di 20 milioni di franchi per coprire il totale dei passivi degli anni successivi.

 

I – Progetto di legge sul controllo
Capitolo I
Articolo primo
In conformità all’articolo II dei Preliminari di pace tra la Grecia e la Turchia, firmati a Costantinopoli il 6/18 settembre 1897 dalle Potenze mediatrici, e all’articolo finale che dichiara esecutive le clausole del suddetto atto, l’esazione e l’impiego delle risorse sufficienti al servizio del prestito per l’indennizzo di guerra e degli altri debiti nazionali saranno sottoposti al controllo assoluto di una Commissione internazionale dei rappresentanti della Potenze mediatrici con sede ad Atene.
La Commissione, che funzionerà fino alla completa estinzione dei prestiti in oro contratti all’estero dal 1881, inclusi i nuovi prestiti previsti dalla presente legge, sarà composta di sei membri, in ragione di uno per ciascuna delle Potenze mediatrici. Ogni Potenza nominerà il proprio rappresentante nelle condizioni fissate dall’articolo II della presente legge.
La nomina verrà preliminarmente comunicata al Governo ellenico secondo le consuetudini diplomatiche.
Il controllo della Commissione si eserciterà nelle condizioni fissate dalla presente legge su tutte le risorse dello Stato che verranno destinate al servizio:
a) del prestito in oro che si contrarrà per il pagamento alla Turchia dell’indennizzo di guerra, fissato in 4 milioni di lire turche, e degli indennizzi per danni privati valutati dal Trattato di pace a un massimo di 100.000 lire turche;
b) del prestito del 1833 garantito dalla Francia, la Gran Bretagna e la Russia;
c) dei prestiti in oro, consolidati o ammortizzabili, contratti con l’estero dallo Stato ellenico dal 1881 al 1893 compreso;
d) dei prestiti che verranno contratti allo scopo di provvedere ai bisogni menzionati all’articolo 10.

Estratto dalla relazione della CFI del 1898
L’articolo 4 della legge redatta dalla CFI e docilmente adottata dal parlamento greco il 28 febbraio 1898 precisa che «le spese di amministrazione della Commissione, fissate a un massimo di 150.000 fr., inclusa una somma di 60.000 franchi a titolo di emolumenti per i sei Delegati, saranno prelevate dagli introiti riservati» alla CFI. I sei Delegati rappresentano: Gran Bretagna, Francia, Russia, Impero austro-ungarico, Germania e Italia.
La CFI impone alla Grecia il rimborso annuo di circa 39 milioni di dracme, mentre mediamente le entrate totali (senza i prestiti) ammontano a circa 90 milioni di dracme. Ciò significa che il 43% delle entrate statali sono direttamente riservate al rimborso del debito. Va precisato che neanche una parte del nuovo prestito è destinata a consolidare l’economia del paese, a svilupparne le infrastrutture, a migliorare l’istruzione pubblica.
Il nuovo prestito serve esclusivamente a rimborsare vecchi debiti, a indennizzare la Turchia (che deve anch’essa, di fatto, utilizzare l’indennizzo per rimborsare i suoi creditori, che sono poi gli stessi creditori della Grecia) o a colmare il passivo corrente.
I membri della CFI sottolineano che, mediamente, il bilancio complessivo del ministero della Pubblica Istruzione e dei Culti ammonta appena a 3,5 milioni di dracme, mentre la dotazione regia ammonta a 1,3 milioni, il budget della Polizia a 1,7 milioni e quello del ministero della Guerra a 15 milioni. Nel bilancio di riferimento considerato dalla CFI non è prevista alcuna spesa specifica per la Sanità pubblica. Il bilancio destinato alle Ferrovie ammonta alla ridicola cifra di 84.350 dracme (il 7,5% della dotazione regia). Si noti che la CFI impone alla Grecia il riconoscimento del debito nei confronti degli eredi del re Ottone (rovesciato dal popolo nel 1862), per un ammontare superiore a 4 milioni di dracme. Il carico annuo corrispondente al pagamento di questo debito ammonta a 200.260 dracme, vale a dire a 2,5 volte la somme destinata alle Ferrovie del paese! (…) [cfr. relativo riquadro sull’originale francese http://cadtm.org/Grece-La-poursuite-de-l-esclavage ]
La Commissione dichiara molto apertamente che, per il futuro, nel bilancio dello Stato greco «non è prevista alcuna somma per l’esecuzione di grandi lavori pubblici, ad esempio il miglioramento dei porti e la costruzione di nuove ferrovie. Nel pensiero della Commissione, ogni impresa di natura tale da aggravare notevolmente i carichi di bilancio va aggiornata fino a quando le finanze del paese non avranno finalmente trovato un equilibrio stabile». Si tratta dell’ammissione esplicita dell’intenzione delle potenze creditrici di continuare a tenere la Grecia nella situazione di un’economia totalmente arretrata.
Secondo l’articolo 11 della legge, la CFI accaparra per il rimborso del debito:
– la totalità degli introiti ricavati dai diritti di bollo, ossia circa 19 milioni di dracme;
– la totalità degli introiti ricavati dai diritti percepiti dalla Dogana del Pireo, cioè circa 19,7 milioni di dracme;
– la totalità degli introiti ricavati dai diritti sul tabacco;
– la totalità degli introiti connessi ai monopoli del sale, del petrolio, degli accendisigari, delle carte da gioco, dalle cartine per le sigarette, cui si aggiungono la totalità degli introiti ricavati dalla miniera di smeriglio di Nasso (nelle Cicladi), vale a dire circa 12,3 milioni di dracme.(…) [cfr. relativo riquadro nell’originale francese: http://cadtm.org/Grece-La-poursuite-de-l-esclavage ].
A chi dunque affida la CFI il prelievo delle entrate provenienti dai monopoli? I monopoli stabiliti sul sale, il petrolio, gli accendisigari, le carte da gioco, le cartine da sigarette e lo smeriglio di Naxos sono amministrati da una società ellenica anonima, la cui ragione sociale è quella di Società di regia delle risorse destinate al servizio del debito pubblico ellenico (l’antenata del TAIPED [13] imposto a partire dal 2010 dalla Trojka). I creditori hanno imposto alla Grecia di sottoporre questa società anonima «alla sorveglianza diretta della Commissione Finanziaria Internazionale e di farne in qualche modo lo strumento e l’organo del controllo». Inoltre, «un membro della Commissione finanziaria internazionale designato da questa avrà il diritto di assistere alle sedute del Consiglio di amministrazione e dell’Assemblea generale e la Commissione potrà opporre il veto a ogni misura che ritenesse contraria alla legge e pregiudizievole per gli interessi che le sono affidati». [14]
Secondo l’articolo 24, «tutte le somme incassate dalla Società di cui all’articolo 14 saranno versate integralmente, almeno una volta a settimana, alla cassa del Controllo». Nel caso in cui le summenzionate somme fossero insufficienti, la CFI ha il diritto di prelevare le entrate delle Dogane di Lavrion (il cui prodotto lordo si stima a 1,5 milioni di dracme), di Corfù (1,6 milioni), secondo l’articolo 12 della legge.
I membri della CFI potranno recarsi di persona nei diversi uffici di riscossione e presso gli edifici appartenenti ai servizi alle cui risorse sono interessati, per accertarsi dell’esatta applicazione delle disposizioni di leggi e regolamenti; potranno farsi mostrare tutti i libri contabili e le pezze d’appoggio (articolo 36). L’articolo 38 afferma che «la presente legge non si potrà modificare se non con l’assenso delle sei Potenze».

Conclusioni della Commissione finanziaria internazionale del 1898
Le conclusioni della CFI costituiscono un florilegio di menzogne e di ipocrisia: «Per riassumere, la Commissione si è ispirata nel proprio lavoro alle benevole disponibilità che animano le Potenze nei riguardi della Grecia. Dando soddisfazione alle legittime esigenze degli attuali creditori, essa ha tenuto ampiamente conto delle difficoltà finanziarie con cui è alle prese il paese. Al contempo, se ha cercato di contornare la riscossione e l’impiego delle risorse assegnate al servizio del debito con garanzie in grado di dare ai creditori ogni assicurazione, si è sforzata di cautelare, per quanto possibile, l’indipendenza della nazione e del Governo ellenico. Il futuro della Grecia dipende ormai dalla sua saggezza. Se si applica nel lavoro, la calma e la pace, a migliorare la propria amministrazione, a sviluppare le risorse agricole, a incoraggiare l’industria nascente e a estendere i suoi rapporti commerciali, la sua situazione finanziaria si ristabilizzerà rapidamente, la sua benefica influenza si estenderà gradatamente alla sfera d’azione che le è riservata e, coadiuvata in questo nobile impegno dalle simpatie delle Potenze, arriverà, grazie ai suoi coraggiosi e pazienti sforzi, a conquistare nell’Oriente europeo il posto assegnatole dal ricordo glorioso del suo passato». (…)È il tipo di discorso utilizzato ancora, nel XXI secolo, dalla Commissione Europea e dai governi dei paesi creditori. [cfr. estratto delle Conclusioni nell’originale francese http://cadtm.org/Grece-La-poursuite-de-l-esclavage ].
Da notare che i banchieri tedeschi e la Germania si sono sempre più implicati nei Balcani e nell’Impero ottomano a partire dal 1870. La sconfitta greca contro l’Impero ottomano nel 1897 è dovuta in parte al fatto che l’esercito ottomano godeva da poco del rinforzo di ufficiali tedeschi (tra cui alcuni generali), forniti da Berlino come consiglieri militari. Banchieri e governanti erano attivi ad Atene e a Istanbul. Fra le Potenze che volevano approfittare della sconfitta greca per accrescere la loro influenza ad Atene c’era la Germania in prima fila, a fianco della “trojka onnipresente dopo l’indipendenza. [15]
Sulla scia del Trattato di pace e del nuovo prestito, alla Grecia viene imposta una nuova torchiatura dettata dalla CFI. La Commissione si istalla ad Atene e assume il controllo di larga parte del bilancio greco, quella che continua a essere destinata al rimborso del debito. Il governo non ha il diritto di modificare né l’impiego di quelle entrate né la fiscalità senza l’accordo preliminare della CFI.
Somiglia molto alla situazione odierna… La CFI è rimasta in funzione fino all’occupazione della Grecia da parte della Germania nazista nel 1942! [16]
Accanto all’indennizzo che la Grecia deve versare all’Impero ottomano e che è stato risucchiato dalle grandi potenze, gran parte del nuovo prestito doveva servire a protrarre il rimborso alla “trojka” del prestito odioso concesso nel 1833. Nel corso degli anni Trenta la Grecia stava ancora rimborsando quel prestito. Secondo i calcoli degli economisti Josephine Meyer, Carmen Reinhart e Christoph Trebesh (regolarmente associati a ricerche fatte da o per il Fondo monetario internazionale), soltanto il 25% delle somme prese in prestito dalla Grecia tra il 1894 e il 1914 sono state destinate a spese regolari (interessi esclusi) e per investimenti. Il 40% è stato utilizzato per il pagamento del debito e delle commissioni prelevate dalle banche. Il rimanente 35% è servito per spese militari (non va dimenticato che i principali paesi fornitori di armi erano anche i principali creditori, cosa che non è cambiata neanche dopo). [17] Secondo le mie stesse stime, la percentuale dei prestiti destinata alle spese correnti è nettamente inferiore al 25% e non va oltre il 10-15%.
Conclusioni della parte dedicata alle ristrutturazioni dei debiti intervenute nel 1878 e nel 1898
Sulla base di tutte queste informazioni, va considerato odioso il debito derivante da queste due ristrutturazioni. Quella del 1878 è consistita nel costringere la Grecia a riprendere il rimborso del debito contratto nel 1824-1825, mentre esso era illegale tanto i suoi termini erano favorevoli ai creditori. Essa rendeva del tutto insostenibile il pagamento del debito e avrebbe ineluttabilmente portato a una nuova crisi, scoppiata nel 1893. La ristrutturazione del 1898 è servita ad aumentare di diversi gradi il livello di coercizione esercitato sullo Stato e sul popolo greci, soprattutto tramite la creazione della CFI. Questa ha permesso alle sei grandi potenze di accaparrarsi larghissima parte delle risorse dello Stato, continuando così a tenere la Grecia in condizioni di dipendenza nei confronti dei suoi creditori.
Il seguente commento, apparso sul quotidiano Le Figaro nel maggio 1898, presenta con sufficiente chiarezza la strategia dei creditori: «La massima della vecchia politica diceva: dividi per dominare [divide et impera]. Essa viene sostituita in parte dalla nuova regola: presta loro del denaro per averli in pugno. Si potrebbe studiare, nel caso della povera Grecia come lo si è potuto fare in Egitto, questa sottile invenzione del genio moderno: la padronanza del prestatore su chi chiede il prestito sostituisce la conquista brutale con le vecchie baionette, il consiglio giudiziario diventa insensibilmente consiglio tutorio, di governo, dapprima morbido e collegiale poi duro e personale a vantaggio del più ricco, del più tenace, del più abile dei rappresentanti. Sarebbe bello vedere come si annodi fin dall’inizio e si stringa il laccio del denaro, lo strumento imperiale di cui la nostra società ha fatto l’arma migliore di espansione politica». [18]
È importante peraltro effettuare uno studio per determinare quale parte del debito estero (il debito emesso in divise straniere sui mercati finanziari esteri, che va distinto dai prestiti greci effettuati in moneta locale) venisse acquistata da ricchi greci, risiedessero essi in Grecia o facessero invece parte della ricca diaspora greca presente a Istanbul, ad Alessandria, a Smirne o a Parigi. [19] Sicuramente queste potenti élites greche avevano investito una significativa parte del loro patrimonio finanziario in titoli greci. Questo implica che non avevano interesse a proporre agli amici che si susseguivano al governo greco di adottare un atteggiamento fermo nei confronti dei creditori.
Qualche chiave per capire lo sviluppo politico-sociale in Grecia alla vigilia della Prima Guerra mondiale
I brani che seguono, tratti dal lavoro di Constantin Tsoucalas, La Grecia dall’Indipendenza ai colonnelli, [20] danno un’idea dello sviluppo dei movimenti sociali, delle riforme conquistate nel quadro della tardiva nascita di uno Stato capitalistico periferico.
«Il costante aumento delle tasse sulle derrate alimentari di base gravavano soprattutto sugli operai e i ceti medi, che avevano cominciato a organizzarsi in gilde commerciali e in sindacati. Nel marzo 1909, migliaia di bottegai avevano manifestato con violenza, ad Atene e al Pireo, contro la distribuzione diseguale delle tasse. Il 14 settembre 1909, Atene fu scossa da un immenso raduno di oltre 50.000 persone (la città contava meno di 200.000 abitanti. Proclamando di avere piena fiducia nella “rivoluzione”, gli ateniesi si spinsero oltre gli intenti degli esponenti ufficiali [le nuove autorità appena salite al governo]; esigendo che venisse introdotto un sistema progressivo di tassazione dei redditi, che si proteggesse la produzione, che si trasformasse l’amministrazione in un vero e proprio servizio pubblico attraverso l’abolizione del sistema prevalente di distribuzione degli incarichi pubblici agli aderenti al partito di governo, rivendicando anche il miglioramento del tenore di vita dei lavoratori e chiedendo il divieto dell’usura considerandola per legge un delitto, gli ateniesi manifestarono un’opposizione di classe che, politicamente, era rimasta a lungo in silenzio. Nel frattempo, l’organizzazione operaia aveva fatto progressi, grazie alla creazione di numerosi sindacati, e si era intensificato il malcontento contadino dal 1898., la data in cui la crisi del commercio dell’uva passa, che costituiva una fonte regolare di esportazione, aveva ridotto in miseria una parte notevole della popolazione agricola. L’agitazione era particolarmente forte in Tessaglia, dove la richiesta della riforma del sistema della grande proprietà latifondista, ereditata dai turchi, suscitò, tra il 1905 e il 1910, una serie di rivolte contadine sanguinosamente represse».
«Le successive elezioni del 1910 costituirono un trionfo per il nuovo Partito liberale. Venizelos formò il suo primo gabinetto con figure quasi completamente nuove, e fu questo l’inizio di un periodo di intensa ricostruzione e di riforma radicale». «La condizione preliminare rispetto al programma di riforme dei liberali era la riforma della Costituzione. Quella del 1864 fu interamente rivista per garantire le libertà individuali e gettò le basi dello “Stato di diritto”. Tuttavia, se vennero ridimensionate le prerogative ufficiali della monarchia, i poteri effettivi del re restavano ambigui, e questo avrebbe avuto ripercussioni esplosive». «Sulla base di questo quadro istituzionale, Venizelos fece decollare un impressionante programma legislativo. La riforma agraria costituiva il problema più urgente e più difficile. Nel 1911 venne promulgato un emendamento costituzionale che consentiva l’esproprio con indennizzo, non senza aver incontrato una feroce opposizione da parte della classe, rimasta potente, dei grandi proprietari terrieri».
In quegli anni vennero introdotte nuove leggi, che prevedevano: Divieto di confisca di bassi salari in caso di debito (1909); riconoscimento delle centrali sindacali di Atene e del Pireo (1910); riposo domenicale obbligatorio (1910); introduzione di una nuova e celere procedura per regolare i conflitti fra lavoratori e datori di lavoro (1914); autorizzazione per i sindacati da poco costituiti di negoziare e sottoscrivere contratti collettivi. Infine, fu introdotto nel 1914 un piano di assicurazione-lavoro obbligatorio.
Venne riorganizzato anche il sistema fiscale, su una base ben più equa. Si creò nel 1911 l’imposta progressiva sul reddito e furono rivisti e aumentati considerevolmente nel 1914 i diritti di successione ».
Dopo la Prima Guerra mondiale, all’uscita dalla quale erano stati sconfitti l’Impero ottomano, la Germania e l’Austria-Ungheria, la monarchia e le classi dirigenti greche credettero di veder realizzarsi parte della “grande idea”, vale a dire l’annessione alla Grecia di una parte dell’Asia minore turca. Questo sfociò nella disastrosa avventura militare nel 1922, durante la quale l’esercito greco attaccò l’esercito turco sul suo territorio in Asia minore. Il tutto si concluse con un disastro umano e militare.
Nel 1922, «la tentata offensiva militare contro Ankara, bastione di Kemal, si risolse in catastrofe. Nell’agosto 1922, l’esercito greco, schiacciato, fuggiva disordinatamente davanti ai turchi, che inseguirono gli scampati fino al mare, massacrarono in rappresaglie migliaia di greci e, per finire, misero a fuoco Smirne in mezzo a un indescrivibile caos. Centinaia di migliaia di greci dovettero scappare nelle vicine isole, o in Grecia».
«Dieci anni di guerra (1912-1922) avevano portato al risultato di creare un paese completamente diverso da quello precedente. Il territorio greco era raddoppiato e l’incremento della popolazione era stato ancor più spettacolare. I profughi (1.500.000), il cui inserimento economico e sociale avrebbe costituito il problema più grave e il più urgente del paese, sconvolgevano la struttura della popolazione. La popolazione urbana conobbe un notevole sviluppo, in particolare nel distretto di Atene e nelle poche grandi città dove si era creato per la prima volta un considerevole proletariato urbano. Mentre nel 1908 solo il 24% della popolazione viveva in città di 5.000 abitanti, la percentuale arrivava al 27% nel 1920 e al 33% nel 1928. Dal 1920 al 1928 Atene passò da 452.919 abitanti a 801.622».
«Anche il mondo urbano era radicalmente cambiato dopo la guerra. I lunghi anni di lotta, l’influenza della Rivoluzione russa e, soprattutto, le tragiche condizioni di vita dei profughi nelle città, spinsero la classe operaia a organizzarsi su una base più radicale.
Nel novembre 1918 si creò la Confederazione Generale dei Sindacati e, una settimana dopo, il Partito Socialista Greco, che nel 1922 aderì al Comintern e divenne due anni dopo il Partito Comunista Greco».
La totale decadenza dell’Impero ottomano e dell’Egitto dei Khedivè nel corso della seconda metà del XIX secolo aveva permesso alle potenze occidentali di imporre loro uno statuto semicoloniale. I grandi beneficiari ne furono i commercianti e i banchieri greci e, tra il 1880 e il 1910, nelle periferie mediterranee si accumularono grandi fortune. La Rivoluzione russa cacciò gli elementi greci presenti in Ucraina e la crisi del 1922 li allontanò dalla Turchia e dalla Bulgaria; tuttavia la loro posizione non fu minacciata in Egitto e, in certa misura, in Romania, dove i finanzieri greci più influenti continuarono ad avere fortuna. Elemento significativo, molti dei consiglieri più vicini a Venizelos sul piano economico e bancario appartenevano a questo gruppo. Ciò aiuta indubbiamente a spiegare come mai Venizelos obbedisse così volentieri agli interessi diplomatici dell’imperialismo britannico e francese. Si capiscono meglio, del pari, le reticenze del capitale greco a mettere al centro dei suoi interessi lo sviluppo del paese».

I debiti dagli anni Venti alla Seconda Guerra Mondiale
La sconfitta dell’avventura militare greca in territorio turco ebbe drammatiche ripercussioni sulle popolazioni civili. Circa 1,5 milioni di greci che vivevano per la maggioranza in Turchia furono costretti ad attraversare l’Egeo e a raggiungere avventurosamente la Grecia, che aveva perso la parte di territorio ottomano che le era stato attribuito dopo la Prima Guerra mondiale in virtù del Trattato di Sèvres. Questo afflusso massiccio di rifugiati spinse le autorità greche a richiedere un aiuto alla Società delle Nazioni (SdN, l'”antenata” dell’ONU); questa concesse prestiti alla Grecia tra il 1924 e il 1928, per un totale che equivaleva al 20% del PIL greco di allora. La SdN impose come contropartita la prosecuzione dell’applicazione di una severa politica di austerità. Le rappresentanze in Grecia sia della SdN sia della CFI creata nel 1898, erano dominate dalle potenze creditrici, in particolare la Gran Bretagna.
Il rimborso dei prestiti concessi dalla SdN si sommava a una serie di altri: la prosecuzione del rimborso a Gran Bretagna e Francia di quanto restava del debito del 1833 (la Russia non ne riceveva più dopo la Rivoluzione bolscevica del 1917); quello del debito del 1898; il rimborso dei prestiti di guerra concessi durante la Prima Guerra mondiale dalla Gran Bretagna, gli Stati Uniti, il Canada e la Francia (prestiti che costituivano il 55% del PIL greco). [21] Il totale dei debiti dovuti dalla Grecia superava il 100% del suo PIL, l’ammontare pagato annualmente rappresentava il 30% delle entrate del bilancio greco e il 10% del PIL. Questo rende l’idea del sacrificio imposto al popolo greco e all’economia del paese.
Finché l’economia internazionale conosceva una fase di crescita – durante gli anni Venti, come durante il periodo 1898-1913 – la Grecia riusciva a liberare un avanzo primario e a garantire i rimborsi del debito (vale a dire che, sotto costrizione della CFI, riusciva a creare maggiori entrate che non spese, a parte l’interesse del debito, consentendole di impiegare l’avanzo per rimborsare). La Grecia riceveva anche ingressi di capitale, come in qualsiasi periodo di crescita dell’economia mondiale. I creditori riprendevano a concedere nuovi crediti alla Grecia per poter rimborsare i vecchi.
La situazione è radicalmente cambiata a partire dal 1930-1931, quando hanno preso a farsi sentire gli effetti della nuova crisi internazionale esplosa a Wall Street nell’ottobre del 1929. La Grecia vede di nuovo squagliarsi le entrate da esportazioni (soprattutto quelle del tabacco e delle uve di Corinto), parte delle banche greche falliscono nel 1931, la moneta greca si svaluta del 50% in seguito alla decisione britannica di sospendere il sistema cambiario basato sul tallone aureo (Golden Standard). [22] La svalutazione implicava automaticamente il raddoppio del debito estero espresso in moneta locale. Lo Stato doveva raddoppiare l’ammontare delle risorse destinate al pagamento in divise straniere del debito estero. Di colpo, nel 1932, la Grecia è costretta a sospendere parzialmente il pagamento del debito.
Di nuovo, se ci si focalizza sulla Grecia isolandola dal contesto internazionale, non si può se non equivocare l’interpretazione di quel che è avvenuto, come avviene a molti commentatori. Ora, va detto che, nel 1932, la Gran Bretagna, la Francia, il Belgio, l’Italia e altri paesi decisero di sospendere il rimborso dei debiti di guerra tra loro e rispetto agli Stati Uniti. La Germania sospende il pagamento del proprio debito verso creditori privati a partire dal febbraio del 1932 e, nel maggio del 1933, decreta la sospensione generalizzata dei pagamenti a tutti i creditori. Anche Ungheria, Lettonia, Romania e Jugoslavia sono in sospensione dei pagamenti, senza dimenticare 14 dei paesi latinoamericani. Quel che sistematicamente non dicono i media dominanti è che, anche dopo la moratoria decretata dalla Grecia nel 1932, essa continua a rimborsare il debito e, questo, sotto la sferza della CFI.

Il bilancio della Commissione Finanziaria Internazionale
Nel già citato Le Monde, si può leggere a proposito del bilancio della CFI: «Il suo bilancio, malgrado tutto, è ben lungi dall’essere negativo: aiuta la giovane Grecia a prendere il controllo della sue entrate fiscali e limita lo storno di capitali stranieri da parte dell’élite. Contribuisce altresì a introdurre riforme indispensabili per ammodernare il paese». Come si fa a scrivere queste cose? La CFI ha esercitato quel vero e proprio diktat permanente sulle finanze greche a profitto dei creditori che ha impedito alla Grecia di decidere un programma di sviluppo e l’ha tenuta in un rapporto di subordinazione strutturale.
Secondo Meyer, Reinhart e Trebech, l’effettivo rendimento ricavato dai detentori di titoli greci acquistati all’estero e denominati in divisa, che sono stati in sospensione di pagamento in questo o quel momento, oscilla tra il +1 e il +5%. Un rendimento molto alto per titoli sovrani di un paese reputato cattivo pagatore! Come si spiega una simile resa positiva? I tassi d’interesse reali erano elevati, lo stock del debito non si è ridotto e, nonostante i reiterati periodi di sospensione di pagamento, il paese continuava per la maggior parte del tempo a rimborsare. È così che, anche durante la Grande Depressione degli anni 1930, la Grecia, benché ufficialmente in parziale sospensione di pagamento, destinava ancora un terzo delle sue risorse di bilancio al rimborso del debito (corrispondente al 9% del PIL greco), quando nello stesso periodo la Romania e la Bulgaria destinavano solo il 2,3-3% del loro PIL al servizio del debito.

Conclusione
L’analisi di questo articolo non vuole esonerare i governi greci e la classe dominante dalle responsabilità che spettano loro. Al contrario, la decisione dei governi greci che si sono succeduti e della classe dominante di piegarsi ai voleri dei creditori e delle grandi potenze ha avuto per il popolo greco conseguenze tremende. Specialista in materia di finanza e di commercio internazionale, la classe capitalista greca costituiva una borghesia largamente de-territorializzata, che non ha mai avuto un disegno nazionale e neppure l’intenzione di promuovere uno sviluppo basato su un vero e proprio tessuto industriale. Proprio per questo i suoi interessi erano legati in maniera indissociabile agli interessi dei creditori del paese. Talvolta costituiva addirittura una parte rilevante dell’insieme dei suoi creditori, donde la sua complicità con gli esponenti delle potenze creditrici. Una costante, dal XIX secolo ad oggi.
Nel periodo esaminato in questa sede, la Grecia è stata dominata costantemente da alcune potenze straniere europee. Il debito estero è stato l’arma permanente per esercitare tale predominio. Ma questo era chiaramente illegittimo, odioso, illegale e insostenibile.
Peraltro, abbiamo visto come le repliche delle crisi di debiti a ripetizione siano largamente connesse al contesto internazionale, e come tanti altri paesi periferici siano stati subordinati alle stesse logiche.
Occorre quindi proseguire l’analisi anche ad altre latitudini, e rendere giustizia a tutti i popoli soggiogati dal debito.

Bibliografia (della Parte II)
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Commission pour la vérité sur la dette grecque, Rapport préliminaire de la Commission pour la vérité sur la dette publique grecque, Atthéns, 2015
Delorme, Olivier. 2013. La Grèce et les Balkans, du Ve siècle à nos jours, 3 tomes, Gallimard, Paris, 2013
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Marichal, Carlos. 1989. A Century of Debt crises in Latin America, Princeton, University Press, Princeton, 283 pp.
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Pantelakis Nikos, “Crédits et rapports franco-helléniques 1917-1928”, in Actes du colloque tenu en novembre 1989 à Thessalonique, Institut d’histoire des conflits contemporains, Paris 1992
Reinhardt Carmen et Rogoff Kenneth, Cette fois, c’est différent. Huit siècles de folie financière, Paris, Pearson, 2010.
Reinhardt Carmen M., and M. Belen Sbrancia. 2015 “The Liquidation of Government Debt.” Economic Policyv 30, no. 82 : 291-333
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Sack, Alexander Nahum. 1927. Les effets des transformations des États sur leurs dettes publiques et autres obligations financières, Recueil Sirey, Paris.
Tsoucalas Constantin. 1970. La Grèce de l’indépendance aux colonels, Editions F. Maspéro, Paris, 1970.

Ringraziamenti:
L’autore ringrazia per la rilettura e i suggerimenti: Thanos Contargyris, Olivier Delorme, Pierre Gottiniaux, Jean-Marie Harribey, Daphne Kioussis, Damien Millet, Nikos Pantelakis, Claude Quémar, Patrick Saurin, Yannis Thanassekos, Eleni Tsekeri.
L’autore è il solo responsabile degli eventuali errori presenti nel testo.
L’originale è: http://cadtm.org/Grece-La-poursuite-de-l-esclavage

 

[1] V, Parte I di questa serie, per l’analisi di questi debiti e la critica dell’accordo intercorso nel 1878: La Grecia indipendente è nata con un debito odioso: l’ingiustizia ha radici lontane 1

[2] Nella retorica, l’ossimoro – dal greco ὀξύμωρος (oxúmōros – da ὀξύς, «acuto, sottile» e μωρός, ingenuo, sciocco») – è una figura stilistica che accosta due termini (sostantivo e aggettivo) dal significato che dovrebbe tenerli discosti, in una formulazione apparentemente contradittoria.

[3] Fra gli autori classici si leggano, sull’imperialismo: Rudolf Hilferding (Il capitale finanziario 1910), Rosa Luxemburg (L’accumulazione del capitale, 1913), Vladimir Lenin (L’imperialismo, fase suprema del capitalismo, 1916), Nikolaj Bucharin (L’economia mondiale e l’imperialismo, 1915), Ernest Mandel (Il tardocapitalismo, 1972), Samir Amin (Lo sviluppo ineguale, 1973).
[4] Si veda: Carmen M.Reinhart, Christoph Trebesch, The Pitfalls of External Dependence: Greece, 1829-2015, p. 24. La Grecia aveva ricevuto 1,3 milioni di sterline nel 1824-1825 e, nel 1878, accettò die rimborsare 1,2 milioni di sterline più gli interessi.

[5] V. Louise Abellard, «L’Empire Ottoman face à une «troïka» franco-anglo-allemande: retour sur une relation de dépendance par l’endettement », uscito il 17 ottobre 2013.

[6] Cfr. I Parte dell’articolo.

[7] Cfr. I Parte dell’articolo.

[8] V. Marichal, Carlos. 1989. A Century of Debt Crises in Latin America, Princeton, University Press, Princeton, 283, Capitolo 6.

[9] V. Carmen M. Reinhart, Christoph Trebesch: The Pitfalls of External Dependence : Greece, 1829-2015, pp. 25.

[10] V. Edouard Driault, Michel Lhéritier, Histoire diplomatique de la Grèce de 1821 à nos jours, Presses universitaires de France (PUF), 1926, voll.. Il dato del 56 % è ricavato dal tome IV, p. 296. La descrizione della situazione da parte di Driault e Lhéritier è molto interessante.

[11] V. Edouard Driault, Michel Lhéritier, Histoire diplomatique de la Grèce de 1821 à nos jours, Presses universitaires de France (PUF), 1926, t. IV, p. 301.

[12] Si vedano il testo del Trattato di pace e numerosi documenti allegati (in francese): http://gallica.bnf.fr/ark :/12148/bp…

[13] Ie TAIPED, acronimo in greco (in inglese, the Hellenic Republic Asset Development Fund; in francese, le Fonds de développement des Actifs de la République hellénique; in italiano, Fondi di Sviluppo degli Attivi della Repubblica Ellenica), è stato creato su richiesta della Trojka dopo il 2010 per organizzare alcune privatizzazioni. Le risorse raccolte vengono integralmente utilizzate per il rimborso del debito.

[14] Arrangement financier avec la Grèce, travaux de la Commission internationale chargée de la préparation du projet / Ministère des affaires étrangères – Paris, 1898, p. 33

[15] À partire dalla fine degli anni 1890 e fino alla fine della Seconda Guerra mondiale, la Germania diventa la principale destinazione delle esportazioni greche.

[16] V. Carmen M. Reinhart, Christoph Trebesch: The Pitfalls of External Dependence : Greece 1829-2015, p. 15.

[17] V. Tableau 9, p. 14 di Carmen M. Reinhart, Christoph Trebesch, op. cit.

[18] Eugène-Melchior de Vogüé, «Livres Jaunes», in Le Figaro, 2 maggio 1898.

[19] Secondo Driault et Lhéritier , che si basano su altri lavori seri, i titoli greci emessi in Francia venivano acquistati pressoché esclusivamente da greci che risiedevano in Francia e non da francesi (cfr. Edouard Driault et Michel Lhéritier, op. cit.,, p. 304, note 1.

[20] I passi citati sono riportati da Constantin Tsoucalas. 1970. La Grèce de l’indépendance aux colonels, Editions F. Maspéro, Paris, 1970.

[21] Non c’è qui lo spazio per analizzare in modo critico i debiti richiesti alla Grecia dalle potenze alleate dopo la Prima Guerra mondiale, anche se l’autore ritiene che una parte rilevante di questi si possano ritenere illegittimi. Per un’introduzione a questa problematica, si veda: Nikos Pantelakis, « Crédits et rapports franco-helléniques 1917-1928 », in Actes du colloque tenu en novembre 1989 à Thessalonique, Institut d’histoire des conflits contemporains, Paris 1992.

[22] Il sistema aureo (in inglese, Gold Standard) è il sistema monetario in cui l’unità di conto (o tallone monetario) corrisponde a un peso fisso di oro. I seguaci di questo sistema sostengono che consente di reggere meglio all’espansione del credito e del debito. Al contrario di una moneta fiduciaria, una moneta a contropartita in oro non può essere emessa arbitrariamente da uno Stato. A partire dal 1929 e con lo scatenarsi della Grande Depressione, le riserve britanniche d’oro si liquefanno al punto che il passivo della Banca d’Inghilterra diventa di gran lunga superiore alle sue riserve. Nel settembre 1931, questa decideva di sospendere la convertibilità esterna della sterlina e di lasciarla liberamente fluttuare. La Germania, l’Austria e la Norvegia ne seguirono poco dopo la decisione. Gli Stati Uniti uscirono dal sistema nel 1933.