Compagne e compagni, amiche e amici: che dire? Tutti, o per lo meno coloro che si confrontano quotidianamente con la dura realtà delle cose – facendo quindi astrazione del pensiero di quelli fagocitati dall’impietoso e perverso sistema capitalista basato esclusivamente sui lauti profitti per pochi, a danno naturalmente dei più deboli- si sono perfettamente resi conto, sperimentandolo sulla propria pelle, che si è sempre più costretti a sopravvivere schiacciati dal peso delle incertezze e delle preoccupazioni quotidiane.
Poco importa se si tratta di, artigiani, operai, muratori, commesse, banchieri, ferrovieri, infermieri o di qualsiasi altra professione … si è oramai tutti quanti “straintossicati” da questa oramai “norma di vita” incentrata sul correre, produrre, competere, ricattare, speculare, opprimere, sfruttare se non addirittura, sui limiti del schiavizzare… dove, poco importa quale sia il mezzo utilizzato per raggiunge il fine… Con la netta sensazione che le risposte, politico sindacali, a questa situazione, quando ve ne sono, vengono prodotte sempre in sensibile ritardo, come se non si potesse far altro che essere obbligati a dover prima subire, per poter poi, con fare pacato – visto che c’è chi sta peggio – “giustificare” l’eventuale difesa.
Entrando nel vivo di quello che si sta “consumando” entro le mura delle Officine, cronaca dunque di questi ultimi mesi, possiamo dire che stiamo vivendo un’assurda ed enigmatica situazione politico-istituzionale del “non sappiamo bene cosa fare” di fronte ad un palese mancato rispetto degli accordi stipulati tra FFS e per l’appunto lo Stato. Paradossale poi per il fatto che, dopo quanto accaduto, pattuito e sottoscritto, dal 2008 in poi, le lavoratrici e i lavoratori siano stati nuovamente costretti a metterci la faccia e indotti a scendere in corteo fino a palazzo delle Orsoline, entrare direttamente in azione per far venire a galla ciò che lo dovrebbe essere per definizione, senza se e senza ma, rispettato. Stiamo parlando di una Convenzione inerente il Centro di competenze, avallata da tutti gli organi firmatari facenti parte, in primis dalla massima istituzione politica Cantonale e dalle FFS.
Non siamo pertanto dei pretenziosi e tantomeno vogliamo avere chissà quali privilegi… siamo semplicemente delle persone, delle lavoratrici e dei lavoratori che, come nel 2008, sanno ben distinguere tra i concetti di dignità e rispetto da quelli di pretese e privilegi che sono a favore di ben altre classe sociali! Siamo degli individui, forse per taluni molto bizzarri e può darsi anche un po’ scomodi, che hanno deciso, come nel 2008, con senso di responsabilità mettendosi personalmente in gioco, di prendersi tra le mani il proprio futuro e il destino di un bene comune che abbiamo ereditato da persone lungimiranti e che vogliamo, a nostra volta, ricambiare il favore lasciandolo in eredità alla future generazioni.
Un bene però con una prospettiva di sviluppo e non, come si sta purtroppo delineando all’orizzonte quella – in assenza di una decisa reazione congiunta tra maestranze, istituzioni e cittadini – del declino programmato.
Si chiede dunque con fermezza qualcosa di molto semplice e comprensibile: rispetto della propria dignità e rispetto degli accordi, o meglio ancora, dei patti sottoscritti… quest’ultimi, non estorti con la forza, tantomeno negoziati con persone prive di capacità di intendere e di volere… almeno così ci è parso!
Oltretutto, come detto, sono “patti” firmati sotto egemonia “governativa” dopo lunghe ed estenuanti trattative. Accordi pattuiti e definiti nei contenuti in modo tale da non lasciare adito a malintesi, con la piena consapevolezza, di coloro che li hanno firmati, che il futuro delle Officine e del connesso progetto di Centro di competenze, sta esclusivamente nel vincolante rispetto di questi accordi da parte di tutte le parti coinvolte, FFS in primis! Quando questo non avviene, come purtroppo sta accadendo, ci si dovrebbe attendere che, come il buon senso vorrebbe, tutte le parti lese denunciassero i fatti e di conseguenza richiamassero, senza troppi giri di parole e domande, la parte “fraudolenta” al rispetto di quanto si sono impegnate a sottoscrivere.
Non v’è dubbio alcuno… Giù le mani e lunga vita all’Officina, ma per centrare questo obiettivo bisognerà occuparcene tutti, indistintamente, di questo bene comune e non pensare di delegarne la tessitura della strategia sul futuro delle OBe, unicamente alla dirigenza aziendale, come si sta ormai delineando unilateralmente tra le ermetiche mura FFS. Perseverare con questa idea, dopo quanto accaduto, scritto e approvato, e dopo aver preso atto di quello che sta ora avvenendo, sarebbe veramente incomprensibile per non dire diabolico. Come sarebbe altrettanto devastante entrare nella logica di porre in subdola concorrenza il tema degli investimenti FFS, inerenti le strutture assolutamente necessarie per la trasversale alpina, a quello legato agli sviluppi occupazionali dell’Officina di Bellinzona.
Con le azioni intraprese finora i lavoratori delle OBe stanno umilmente cercando di contribuire a far unire le forze, per permettere che vi siano quelle minime condizioni quadro affinché si possa veramente progettare un futuro credibile per le OBe, con la nobile e non impossibile ambizione, viste le potenzialità, di arrestare, innanzitutto, il declino in atto e, successivamente, sviluppare l’attuale situazione occupazionale per permettere all’Officina d’essere effettivamente il volano per un CdC che si vuole, come da progetto approvato, costruire sulla base di qualcosa di realmente esistenze e funzionante.
Una stato di cose che ci ha visti costretti, tra le altre iniziative messe in cantiere, a rimettere sul tavolo l’iniziativa per un polo tecnologico-industriale nel settore del trasporto pubblico, promossa dai lavoratori durante il mese di sciopero del 2008, che prevede pure l’opzione dell’esproprio, da parte del Cantone, dei quasi 100’000 metri quadri sui quali risiedono le Officine da oltre 150 anni e dove vi lavorano centinaia di persone.
Il 1° maggio, un giorno significativo, un momento solenne d’incontro, entro il quale ci permette di esprimere tutta la nostra la nostra Solidarietà e incondizionato sostegno a tutte le salariate, i salariati, gli oppressi, le molte persone in difficoltà e a tutti coloro che vagano da nazione in nazione in cerca, non di muri o filo spinato, ma di un minimo di dignità, conforto e pace per se stessi, i propri figli e la propria famiglia. Forza e coraggio anche ai lavoratori dell’Alice Allison di Grono che, cronaca delle ultime ore, si stanno prodigando in una raccolta firme per poter salvare la fabbrica e, di conseguenza, i loro posti di lavoro, a salvaguardia pure dell’occupazione della valle Mesolcina.
Un momento questo per dire anche infinitamente grazie a tutti coloro che hanno avuto, e mantengono tuttora, il nobile e altruista pensiero di opporsi a tutto ciò che possa in qualche modo compromettere l’esistenza del bene e benessere comune, sociale e materiale, senza distinzione alcuna, qualsiasi esso sia, Officine comprese!
Buon 1° di maggio a tutte e tutti voi!