Pubblichiamo qui di seguito l’interrogazione al Consiglio di Stato del deputato MPS Matteo Pronzino dal titolo: Trattative contrattuali nel settore della vendita: chi negozia in rappresentanza di quali interessi?
Lo scorso 10 marzo 2016 il Consigliere di Stato Christian Vitta annunciava, nella sua veste di presidente dell’Ufficio cantonale di conciliazione (UCC), “il primo incontro tra le parti sociali del settore della vendita”. Questo incontro, si precisava nello stesso comunicato, era stato ” convocato dal Presidente dell’Ufficio cantonale di conciliazione”. Sempre in questo testo venivano indicati i partecipanti a questo primo incontro e a quelli che sarebbero seguiti nei tre mesi successivi: “All’incontro, svoltosi in un clima costruttivo e di collaborazione reciproca, hanno partecipato i rappresentanti delle parti sociali: Federcommercio, DISTI Distributori Ticinesi, UNIA Ticino e Moesa, Organizzazione Cristiano Sociale Ticinese (OCST), Sindacati Indipendenti Ticinesi (SIT), Sindacato Interprofessionale (SYNA) e Società Impiegati di Commercio (SIC Ticino)”.
L’azione dell’UCC è regolata da precise disposizioni di legge alle quali, evidentemente, il suo presidente si deve (o si dovrebbe attenere). È vero infatti che tra i compiti dell’UCC vi è quello di ” favorire la conclusione di contratti collettivi di lavoro tra datori di lavoro o loro associazioni, da una parte, e associazioni di lavoratori, dall’altra (art. 356 e segg. CO)” (art. 2 cpv 1 lett. d) della Legge sull’Ufficio cantonale di conciliazione e sul conferimento del carattere obbligatorio generale al contratto collettivo di lavoro).
Ma è anche vero che la stessa legge prevede precise norme per la convocazione dell’UCC. In particolare la procedura prevede che l’UCC venga convocato dal Presidente “su richiesta del Consiglio di Stato, su istanza motivata di una delle parti interessate, su richiesta della Commissione tripartita cantonale o d’ufficio, ogni qualvolta sia sorta o minacci di sorgere una contestazione collettiva tra datori di lavoro e lavoratori”. (art. 6 cpv. 1). Per quel che riguarda la stipulazione di contratti collettivi di lavoro, l’art. 16 cpv. 1 prevede che “Quando le condizioni lo permettono, l’UCC tenta di mettere d’accordo le parti sulla conclusione di un contratto collettivo in conformità alle disposizioni del Codice delle obbligazioni”.
A questo punto sorgono una serie di domande sulla procedura seguita per quella che è stata (nella prima e nelle sedute che si sono susseguite) di fatto una convocazione dell’Ufficio cantonale di conciliazione (UCC). Domande che mi permetto di sottoporre al Consiglio di Stato:
1.L’UCC è stato convocato da una delle parte menzionate nell’art.6 cvp 1 della Legge sull’Ufficio cantonale di conciliazione e sul conferimento del carattere obbligatorio generale al contratto collettivo di lavoro?
2.In caso affermativo quando questa richiesta è avvenuta e quale motivazione è stata addotta?
3.Qualora l’UCC sia stato convocato d’ufficio (o da una delle parti legittimate a farlo) possono essere spiegate brevemente le “contestazioni collettive” pendenti o che “minacciavano di sorgere” tra datori di lavoro e lavoratori e che questa convocazione dovrebbe risolvere (art. 6 cpv. 1)?
4. Se questi incontri, come sembra, sono da considerare vere e proprie sedute dell’UCC, ad esse si applicano tutte le disposizioni previste dalla Legge sull’Ufficio cantonale di conciliazione e sul conferimento del carattere obbligatorio generale al contratto collettivo di lavoro ?
Passando ora all’aspetto più concreto di queste trattative, vorrei concentrarmi sulle parti sociali convocate: cinque organizzazioni in rappresentanza dei lavoratori e due in rappresentanza dei datori di lavoro. La presenza di queste due associazioni dei datori di lavoro (DISTI e Federcommercio) ha attirato la mia attenzione poiché in realtà una è membro dell’altra (ne è stata, storicamente, la promotrice e la levatrice). Ci riferiamo qui alla DISTI, la cui posizione appare infatti assai particolare in questo contesto, per le seguenti ragioni:
– DISTI fa parte di Federcommercio. Gli statuti di Federcommercio sono tali che DISTI ha diritto, in tutti gli organismi rappresentativi di Federcommercio, ad almeno un terzo dei delegati (oltre alla presidenza o vice-presidenza a rotazione)
– I principali membri di DISTI (Migros, COOP, FoxTown) sono già firmatari di un CCL
– DISTI, attraverso i suoi rappresentanti, ha a più riprese dichiarato che in ogni caso non firmerà il CCL attualmente in negoziazione. Situazione confermata ancora lo scorso 5 aprile dalla RSI che, sulla bae di dichiarazioni dei partecipanti al secondo incontro, annunciava che le trattative in seno all’UCC avevano permesso di realizzare passi avanti nella stesura di un “canovaccio” di CCL, precisando tuttavia che “Il contratto abbozzato costituirebbe una base minima per il settore, sarebbe cioè valido per i commerci che non hanno già un loro CCL”.
Alla luce di queste considerazioni pongo le ulteriori seguenti domande al Consiglio di Stato:
5. Per quale ragione l’UCC non ha convocato, come rappresentante della parte padronale, solo Federcommercio che, statuti alla mano, rappresenta (almeno sulla carta – cfr. punto seguente di questa interrogazione) i datori di lavoro del settore del commercio (grandi, medi e piccoli)?
6. Per quale ragione i rappresentanti di un’associazione padronale (DISTI) che hanno dichiarato e continuato a dichiarare di non voler sottoscrivere un CCL (poiché già firmatari di loro CCL aziendali) sono chiamati a negoziare la stipulazione di questo stesso CCL? Non trova il Consiglio di stato questa situazione assai paradossale e non conforme allo spirito di una trattativa per la stipulazione di un CCL, né tantomeno alle disposizioni della Legge sull’Ufficio cantonale di conciliazione e sul conferimento del carattere obbligatorio generale al contratto collettivo di lavoro (art. 16)?
7.Si ritiene che, viste queste premesse, DISTI possa essere considerata, in questo specifico contesto, una “parte” contrattuale?
8. Non si ritiene che, in questo modo, gli interessi della grande distribuzione siano di fatto sovrarappresentati al tavolo dei negoziati, trovandosi questa categoria doppiamente rappresentata, sia da DISTI che da Federcommercio?
Non è un mistero per nessuno che l’obiettivo politico di questa trattativa (sulla cui procedura, nell’ambito dell’UCC, esprimiamo, con le nostre domande iniziale di questa interrogazione, forti dubbi) sia quello di permettere l’entrata in vigore della nuova Legge sugli orari di apertura dei negozi, approvata dal popolo lo scorso febbraio. Affinché questo possa avvenire è necessario che venga stipulato un CCL per il settore e che questo CCL possa essere decretato di obbligatorietà generale.
A questo proposito val la pena ricordare che la Legge federale concernente il conferimento del carattere obbligatorio generale al contratto collettivo di lavoro (LOCCL) prevede quanto segue sulle condizioni da adempiere affinché un CCL stipulato tra le parti possa essere decretato di obbligatorietà generale: “i datori di lavoro e i lavoratori già vincolati dal contratto collettivo devono poter formare la maggioranza dei datori di lavoro e dei lavoratori che sarebbero vincolati dal contratto quando ad esso fosse conferita l’obbligatorietà generale. I datori di lavoro vincolati devono inoltre impiegare la maggioranza di tutti i lavoratori. Se circostanze particolari lo giustificano, si può eccezionalmente derogare all’esigenza che i lavoratori già vincolati abbiano a formare la maggioranza” (art.2 punto 3 delle condizioni generali).
Tali condizioni si devono poter verificare prima della eventuale dichiarazione di obbligatorietà, devono cioè essere presenti al momento della stipulazione del CCL.
Alla luce di queste considerazioni chiedo al governo se, allo stato attuale e in vista di una possibile conclusione di un CCL (che dovrebbe concludersi entro poche settimane seguendo la tabella di marcia indicata dal presidente dell’UCC), le “parti contraenti” del CCL rispettano le condizioni prevista dalla LOCCL, e più in particolare:
9. I datori di lavoro e i lavoratori che, attraverso la firme delle parti presenti all’attuale negoziato, sarebbero vincolati da questo CCL formerebbero la maggioranza dei datori di lavoro e dei lavoratori che sarebbero vincolati dal contratto quando ad esso fosse conferita l’obbligatorietà generale?
10. I datori di lavoro presenti all’attuale negoziato impiegano la maggioranza di tutti i lavoratori?
11. Al fine di rendere più chiaro il dibattito oggi in atto attorno alla “stipulazione forzata” di questo CCL (il cui unico obiettivo, a nostro modo di vedere, è di favorire l’entrata in vigore della legge sugli orari di apertura dei negozi, chiediamo al governo di rendere pubblici, con celerità, i seguenti dati che permetterebbero di comprendere, se esiste, la vera portata di questo “negoziato”:
a) numero di lavoratori e lavoratrici del settore della vendita che cadrebbero sotto il raggio di validità del CCL attualmente in fase di negoziazione (esclusi quindi gli indipendenti e le imprese famigliari)
b) il numero di lavoratori attualmente sottoposti a un CCL o a un regolamento aziendale che fissa dei salari minimi (ad esempio COOP, Migros, FoxTown, Lidl, etc.)
c) il numero di dipendenti la cui situazione in materia di salario e orario di lavoro è regolamentata dal Contratto normale di lavoro per il personale della vendita (negozi con meno di 10 addetti).
Matteo Pronzini (MPS)