Abbiamo già commentato, sull’ultimo numero di questo giornale, le vicende relative alla revisione della Legge sull’AET (LAET) che il Parlamento ha approvato con la solo significativa opposizione dell’MPS. Avevamo detto che si trattava di una revisione di legge che avrà un peso decisivo sulle possibilità di un reale controllo democratico, di una partecipazione popolare alle decisioni strategiche fondamentali non solo dell’AET, ma di tutto il settore energetico pubblico cantonale.
L’orizzonte è caratterizzato non solo dalla crisi dei grandi produttori (e distributori) di energia – una crisi legata a quella più generale del capitalismo mondiale e del suo sistema produttivo –che rimetterà in discussione tutto l’assetto del settore energetico e, per quel che riguarda il Ticino e l’AET, della produzione e distribuzione di energia elettrica.
Avevamo pure ricordato la discussione, in parte già avviata, sul rapporto con gli altri attori attivi nel settore della produzione e distribuzione a livello cantonale; oppure, fondamentale, la prospettiva del riscatto delle concessioni e degli impianti, discussione in parte pure già avviata. Rispetto a tutto questo le decisioni di AET possono essere fondamentali.
Per questa ragione appariva importante che attorno alle decisioni fondamentali di AET vi fosse la possibilità in futuro di un ampio dibattito democratico e, qualora necessario, anche di un coinvolgimento popolare.
Le nostre proposte in gran Consiglio non erano state accolte ed era stata confermata l’impostazione generale della riforma che concentra il potere di controllo sul Consiglio di Stato e lascia scarse competenze al Gran Consiglio. Il nuovo articolo 6, ad esempio, afferma che “impegni straordinari e particolarmente importanti dell’Azienda” saranno sottoposti al Gran Consiglio , ma sulle parlamentari relative a questi impegni, che potranno avere anche un carattere strategico, sarà esclusa la possibilità di ricorrere al referendum, cioè di sottoporre tali questioni ad una decisione popolare.
Nei giorni successiva al passaggio parlamentare l’MPS aveva preso l’iniziativa contattare una serie di forze
politiche, associative, ambientali e sindacali per verificare se esistesse la possibilità di costituire uno schieramento ampio che potesse lanciare una campagna referendaria contro la revisione della LAET (legge azienda elettrica ticinese).
Gli incontri promossi non hanno consentito di costruire uno schieramento sufficientemente ampio che potesse garantire il successo del referendum. Forze importanti come il PS e la VPOD hanno dichiarato la loro indisponibilità.
L’MPS, impegnato in quei giorni nelle ultime battute della campagna sui temi ospedalieri in votazione il 5 giugno, non aveva ritenuto di poter garantire la riuscita del referendum. Per questa ragione, a malincuore, aveva rinunciato a promuovere il referendum contro la LAET.
Una decisione presa con rammarico, ritenendo che si stesse sprecando una grande occasione per iniziare un percorso su un tema, quella della energia elettrica e della sua gestione, che nei prossimi anni ci porrà di fronte a scelte cruciali. La nuova LAET si rivelerà uno strumento prezioso per coloro che vorranno indirizzare la politica energetica del Cantone in una direzione ben diversa da quella che dovrebbe prevalere in una logica di servizio e bene pubblico.
I nodi cominciano ad arrivare al pettine…
Sono passate poche settimane e già siamo in piena emergenza. AET conferma di essere investita a fondo dalla crisi del settore (attribuendone la responsabilità ai prezzi, ad una serie di contratti andati non a buon fine, etc) e annuncia una vera e propria politica di austerità. Un’austerità che comincia con conti in profondo rosso e, di conseguenza, con il mancato versamento del dividendo al Cantone, che inevitabilmente si ripercuoterà sulle decisioni finanziarie di quest’ultimo e alimenterà una ulteriore spirale di austerità e di tagli.
E anche le altre misure fin qui annunciate (la fine dello sponsoring per eventi importanti) potranno avere, indirettamente, conseguenze. Basti pensare al festival del film di Locarno che rischia di vedere compromessa la sua funzione culturale da queste decisioni.
Ma il bello (si fa per dire) deve ancora venire, o in parte è già avvenuto. Passato sotto silenzio, ma in ballo da settimane, vi è una profonda riforma del sistema contrattuale che vige i rapporti di lavoro dei dipendenti; un vero e proprio smantellamento che, per il momento, non pare essere contrastato in modo efficace dai sindacati (VPOD e OCST) che, sempre più spesso, si adeguano a misure di ristrutturazione senza alcuna reazione.
E dalle indicazioni fornite in questi giorni, appare evidente che AET sta pensando di ridisegnare la propria strategia, senza evidentemente poter escludere impegni e opzioni importanti. Opzioni che non solo vengono ormai discusse e condotte nel chiuso del perimetro direttivo dell’azienda costituito dal suo consiglio di amministrazione e dal Consiglio di Stato; ma che, al momento in cui fossero presentate, sarebbero a tal punto già orientate, se non in fase di realizzazione, da scoraggiare qualsiasi opposizione.
In altre parole, mai come in questo momento vi sarebbe bisogno di una dibattito pubblico, aperto e il più ampio possibile sulle strategie e i destini della politica elettrica in Ticino nella quale AET svolge un ruolo decisivo. E mai come in questo momento gli strumenti per tentare di condurre questa discussione appaiono limitati, grazie in modo particolare alla adozione della nuova LAET.
Gli annunci aziendali di questi giorni ci confermano quanto un referendum contro la revisione della LAET avrebbe permesso di andare in questa direzione.