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aaaaaimagesUnidos Podemos: questa la denominazione della coalizione fra Podemos e Izquierda Unida sulla quale si è raggiunto alla fine un accordo [1]: una formula che richiama entrambe le sigle delle due principali componenti, ritenuta generalmente soddisfacente, sia pure con qualche mugugno. La denominazione verrà impiegata, con qualche variante locale (come consente la legge elettorale spagnola), in 41 circoscrizioni su 52.

Nelle restanti undici, corrispondenti alla Catalogna, al Paese valenzano e alla Galizia, la coalizione si allarga ad altre forze (le confluencias), delle quali però parleremo nella prossima, e ultima, scheda.

 

Uno più uno fa due e mezzo, forse tre

Unidos Podemos si presenta formalmente come una coalizione fra tre partiti nazionali (Podemos, Izquierda Unida ed Equo, la formazione ecologista che nel dicembre scorso presentò candidati come indipendenti nelle liste di Podemos), cui si aggiungono, localmente, altre formazioni. La maggior parte di queste aveva già fatto parte nel 2015 della coalizione Unidad Popular, promossa da IU [2]. Ma altre si sono aggiunte che nelle scorse elezioni non si erano presentate affatto o lo avevano fatto autonomamente: in quest’ultimo caso si tratterebbe di un apporto valutabile, sulla carta, a poche migliaia di voti in più (che però potrebbero essere decisivi in sede circoscrizionale, data la balorda legge elettorale spagnola), con l’eccezione significativa, però, delle isole Baleari, dove nella coalizione è entrata Més per Balears-Més per les Illes [3]. In conclusione, si può dire che Unidos Podemos raggruppa la quasi totalità delle forze che si collocano alla sinistra del PSOE, con le uniche eccezioni di alcune liste tardostaliniste che prevedibilmente non supereranno lo zero e qualcosa per cento e di alcune più consistenti formazioni nazionaliste di sinistra [4]. Sembra dunque che si possa dire che si andrà oltre la semplice sommatoria delle liste originali, con un effetto moltiplicatore più o meno pronunciato a seconda delle località.

 

Luci e ombre della coalizione

L’accordo è stato accompagnato, come ci si poteva aspettare, da complesse trattative. Non solo all’interno di Podemos e di IU vi erano (e vi sono tuttora) settori più propensi a scelte “identitarie” [5], ma si è dovuto affrontare anche il “dosaggio” delle candidature, cosa che ha prodotto alcune piccole lacerazioni di scarsa importanza, e che alla fine è stata superata con intelligenza sia dalla direzione di IU, sia da Podemos, che è andata oltre le concessioni fatte durante le trattative, per esempio ponendo al centro della campagna elettorale in Andalusia sia la figura dell’ex coordinatore di IU Julio Anguita, sia candidando a Córdoba nella propria “quota” un altro ex dirigente di IU e del PCE come Manuel Monereo. Restano, naturalmente, i limiti già segnalati: un programma comune di “minima”, con campagne elettorali separate. Ma già la spinta che viene dal basso fa pensare che col procedere della campagna gli elementi unitari prenderanno il sopravvento.

 

Le prospettive sono buone

Già, perché, anche a voler prendere con tutta la prudenza le indicazioni che vengono da sondaggi e inchieste, una cosa sembra assicurata sin d’ora: Unidos Podemos effettuerà il “sorpasso” del PSOE, non solo nel numero dei voti, ma anche, molto probabilmente, nei seggi. Ora, il “sorpasso” è importante non tanto perché il PSOE sia il “nemico principale”: sono lontani i tempi in cui si parlava di “socialfascismo”. Di questo partito si può e si deve dire tutto il male possibile poiché si ostina a definirsi “obrero” ed è sempre più filopadronale: ma resta il fatto che il “nemico principale” continua a essere il Partido Popular, che anche se uscirà ammaccato da queste elezioni resterà quasi sicuramente il primo partito. E pretenderà il governo. Il “sorpasso” avrà però due effetti importanti, uno a livello spagnolo, l’altro a livello europeo.

A livello spagnolo, il “sorpasso” scardinerà in modo forse irreparabile il meccanismo del bipartitismo, che ha retto la Spagna per troppi anni: due partiti che si affrontavano e che per superarsi avevano bisogno di “conquistare il centro”, moderando quindi entrambi le proprie politiche e finendo per assomigliarsi sempre più, sino a essere indistinguibili sotto molti aspetti (politiche del lavoro, per esempio). Queste elezioni inaugurano una fase di acuta polarizzazione, fra una destra indebolita ma ancora saldamente insediata in alcuni ceti cittadini e in molte zone rurali, e una sinistra rinnovata che, pur con tutti i limiti più volte segnalati, è riuscita a “sfondare” nelle grandi e medie città e a conquistare buona parte del voto giovanile. Una polarizzazione che porrà il PSOE in notevoli difficoltà. Ridotto al rango di terzo partito, gravemente ridimensionato a Madrid, in Catalogna, nel Paese valenzano, in Galizia, in Euskadi, dovrà prendere atto di una sua avvenuta “regionalizzazione” (Andalusia ed Estremadura come roccaforti in cui asseragliarsi, con pochi avamposti sparsi qua e là a macchia di leopardo). Dovrà, soprattutto, scegliere. In giugno si riproporrà il problema della governabilità, e questa volta il PSOE non potrà giocare su due tavoli: dovrà scegliere se lasciare che sia il PP a governare, o tentare di “riconvertirsi” a sinistra. Qualunque scelta faccia, andrà incontro a profonde lacerazioni [6].

Infine, gli effetti a livello europeo. I risultati spagnoli si conosceranno dopo quelli del referendum britannico. Se il Brexit diventerà una realtà, il “sorpasso” del PSOE passerà quasi inavvertito nel caos generale che si sarà instaurato. Nel caso contrario, sarà una doccia fredda che tempererà qualche esultanza eccessiva. E rappresenterà l’inizio di un incubo per la socialdemocrazia europea in modo particolare.

Quando Syriza operò infatti il “sorpasso” del Pasok, ci fu sbigottimento nelle sfere dirigenti socialdemocratiche europee, ma si trovò rapidamente la soluzione: la vendetta venne servita a freddo, al riparo delle “istituzioni”. Nel caso della Spagna però la stessa ricetta non si può applicare: non ci sono gli appigli “giuridici”, il Paese non è nelle condizioni della Grecia… L’esempio di Unidos Podemos può però essere contagioso: è infatti la dimostrazione vivente che a sinistra della socialdemocrazia non crescono solo cespugli (come teorizza Renzi) ma anche robusti alberelli, più del tipo della quercia che dell’ulivo…

 

Note

[1] Vedi in questo sito Spagna | Accordo raggiunto fra Podemos e Izquierda Unida.

[2] Questa nota – avvertenza per il lettore – è letteralmente una sopa de siglas, una “zuppa di sigle”. Tutte le formazioni che nel 2015 avevano fatto parte della coalizione promossa da Izquierda Unida sono entrate a far parte, con un’unica eccezione, di Unidos Podemos. Si tratta di Batzarre-Asamblea de Izquierda (in Navarra), Construyendo la Izquierda-Alternativa Socialista (una scissione del PSOE, formalmente presente in tre circoscrizioni), Democracia Participativa (a Huesca), Izquierda Asturiana (nelle Asturie), Izquierda Castellana (a Valladolid), Segoviemos (a Segovia) e Unidad Popular en Común. L’unica eccezione è stata quella della Chunta Aragonesista [Chunta è Giunta, Assemblea], per disaccordo sulle candidature. Fra i movimenti presentatisi autonomamente nel 2015 e ora nella coalizione si può citare almeno quello altermondialista di Por un mundo más justo, e fra quelli non presentatisi in precedenza Izquierda Andalucista, che si vuole erede dello storico e finito male Partido Andalucista.

[3] Més per Balears-Més per les Illes [Di più per le Baleari. Di più per le Isole] è il partito che raggruppa la maggior parte dei nazionalisti di sinistra delle Baleari. Le sue più lontane origini stanno nel Partit Socialista de Mallorca e nel Partit Socialista de Menorca, fondati verso la metà degli anni Settanta. Nel 2015 il tentativo di un accordo fra Podemos e Més era fallito, e così nelle Baleari la sinistra si era presentata divisa in tre liste: Podemos, con oltre il 23 % dei voti, secondo partito a sei punti di distanza dal PP; Més col 7 %; e la coalizione di IU, con oltre il 2 %. Sulla carta oggi Unidos Podemos nelle Baleari potrebbe contare sul 32,7 %, contro il 29,3 % del PP. Un altro “sorpasso” possibile.

[4] La coalizione della “sinistra abertzale” Euskal Herria Bildu, in Euskadi e Navarra, e le formazioni nazionaliste galega e catalana cui accenneremo nella prossima scheda.

[5] In Podemos il settore meno favorevole all’accordo è stato quello che fa capo a Errejón, che però non ha frapposto ostacoli insormontabili. Più delicata la situazione all’interno di Izquierda Unida, dove almeno due componenti (circa un quarto della militanza) erano contrarie. L’opposizione più forte è venuta da Izquierda Abierta di Julio Llamazares. Se i risultati elettorali saranno buoni, è comunque prevedibile che in entrambi i casi queste opposizioni verranno riassorbite, almeno in parte.

[6] Su questo punto vedi https://mps-ti.ch/index.php/113-archivio-nuovo/internazionale/1864-elezioni-spagnole-1-la-destra-parte-per-la-crociata-in-venezuela