Ancora una volta, il 14 giugno, i lavoratori francesi hanno mostrato la loro determinazione nel non voler abbandonare la lotta contro il governo e la sua proposta di legge sul lavoro. Al di là della consueta battaglia sulle cifre, questa giornata, indetta in concomitanza con l’inizio del passaggio parlamentare in Senato della riforma della legge, ha mostrato come la mobilitazione, in atto ormai da oltre tre mesi, resista alle pressioni e alle violenze della polizia, alla disinformazione e alla propaganda, che tenta di utilizzare anche la potente leva del campionato europeo di calcio.
Una forza e una determinazione importanti, anche tenendo in considerazione che il paese continua a vivere sotto lo stato di urgenza, imposto dopo gli attentati terroristici e che, in questi ultimi mesi di mobilitazione, è servito a giustificare soprattutto la repressione contro lavoratori e studenti che manifestavano.
Malgrado tutto questo due dati sono evidenti. Da un lato l’impopolarità di Hollande e del suo primo ministro Valls, sempre più in basso nei sondaggi e oggetto di una disaffezione popolare come non si vedeva da tempo. Nessuno governo è mai stato così impopolare, così fortemente antioperaio come l’attuale governo “socialista”. Un governo che, al di là della sua denominazione, lavora agli interessi del padronato e delle classi dominanti.
Dall’altro, malgrado gli inevitabili disagi – pensiamo allo sciopero nei trasporti – la maggioranza dei francesi – e anche questo è attestato (qualora ce ne fosse bisogno) da numerosi sondaggi – sostiene l’azione del movimento di protesta e di sciopero contro la revisione della legge sul lavoro.
Il movimento di protesta è ora giunto ad un punto fondamentale. Più che mai appare necessario, anche dopo la giornata del 14 giugno, che esso possa allargarsi maggiormente e orientarsi nella prospettiva di uno sciopero generale. La forza delle recenti manifestazione, e in particolare di quella del 14 giugno, mostrano che è possibile vincere: ma che è necessario allargare, bloccare, manifestare in modo continuo fino al ritiro del progetto di legge. In questo senso, come giustamente insistono i compagni francese, è necessario generalizzare la lotta, verso lo sciopero generale.
Ma questo movimento, nelle sue innumerevoli articolazioni (dai blocchi ai rifornimenti petroliferi agli scioperi dei ferrovieri, dalle manifestazioni studentesche all’esperienza di Nuit debout), pone un problema più ampio e di fondo: la necessità di porre fine a un sistema che sfrutta, opprime, corrompe e distrugge.
Pone, questo movimento, la necessità di un mutamento radicale di un governo che non rappresenta la maggioranza della popolazione ed i suoi interessi fondamentali, ma solo una minoranza di sfruttatori.
Una prospettiva forte, cioè, di un governo dei lavoratori, un governo che rompa con la politica fin qui seguita, tutta retta dagli interessi di una minoranza; un governo che rompa con le istituzioni, i trattati e le politiche dell’Unione europea che impediscono una vera politica a sostegno degli interessi popolari.
Un governo dei lavoratori, un governo di rottura anticapitalista, che espropri le banche e i grandi gruppi capitalistici e avvii una politica radicalmente diversa in tutti i settori: dalla salute alla formazione, dai trasporti all’energia, dal lavoro all’alloggio.
Solo in questo modo sarà possibile ricostruire una società solidale, fondata sugli interessi della stragrande maggioranza della popolazione, che bandisca la miseria, il razzismo, la sopraffazione e le ingiustizie sociali.