Nei giorni scorsi oltre 700 vittime innocenti, tra le quali tanti bambini, sono andate ad aggiungersi alla drammatica lista degli altri morti nelle stragi in mare. Nell’ultimo anno e mezzo, migliaia di esseri umani hanno perso la vita in una irrefrenabile spirale di naufragi avvenuti nei mari d’Europa.
Le cifre esatte delle ultime tragedie sarebbero ancora da confermare, ma la banale semplicità delle statistiche non può farci dimenticare che su quei barconi c’erano, ci sono e ci saranno, donne, bambini e uomini in fuga da guerre, abusi e povertà. Il mar Egeo ed i confini sono militarizzati, il Mediterraneo è una tomba dimenticata, mentre i burocrati di Bruxelles ed i politicanti dell’Unione europea si trasformano, giorno dopo giorno, in miserabili becchini che non perdono occasione per compiacersi a vicenda dell’apparente efficacia delle seppur importanti operazioni di soccorso portate a termine quotidianamente.
La costanza dei flussi migratori, come l’aumento degli sbarchi in arrivo dalla Libia o la fuga di massa dalla polveriera siriana, l’inadeguatezza delle politiche europee di accoglienza e la miriade di morti ammazzati devono avvilirci ma non possono sorprenderci. Se le migrazioni sono un fenomeno strutturale che ha accompagnato la società umana nell’arco di tutta la sua storia, le dinamiche di immigrazione alle quali stiamo assistendo sono il terribile risultato di una catastrofe geopolitica del tutto artificiale. Destabilizzazione e sfruttamento in nome del profitto, esportazione della democrazia a suon di bombe, imperialismo e neocolonialismo: è questa la residua linfa vitale di una società capitalista in totale fallimento che si nutre delle stragi che continua a creare ad arte.
La semplicità dell’ipocrisia con la quale le istituzioni ed i governi europei, spalleggiati dall’alleato statunitense, affrontano questa terribile situazione è a dir poco ripugnante. Nei mari, all’interno e ai confini esterni dell’Europa fortezza è in corso una vera e propria caccia ai migranti che stigmatizza le vittime, srotola centinaia di chilometri di filo spinato, espropria i profughi e costruisce muri e hotspots, nuove reception per campi di concentramento moderni e a buon mercato, nei quali i migranti vengono marchiati, denominati e suddivisi prima di essere lasciati, o lanciati, al proprio destino. L’Europa delle operazioni militari, di Frontex e Triton, usa la forza poliziesca e, dimenticando la sistematica violazione dei diritti umani e la brutale repressione del popolo curdo, stipula accordi con il regime autoritario del premier turco Recep Tayyip Erdoğan proprio nel momento in cui assiste svogliata a un genocidio che vorrebbe rimuovere dalla coscienza collettiva per non palesare l’inesorabile dissoluzione dei valori sui quali è stata fondata.
Il catastrofico fallimento del sistema di accoglienza europeo, denunciato nel gennaio scorso anche da Medecins Sans Frontieres, si rispecchia nelle deportazioni forzate verso le prigioni a cielo aperto della Turchia e nelle violenze riservate ai migranti sull’isola di Kos, a Melilla o nella “giungla” di Calais. Le recenti operazioni di sgombro del campo profughi di Idomeni, la tendopoli al confine greco-macedone dove circa 12 mila persone hanno convissuto per mesi in condizioni estreme, rappresenta una delle prassi con le quali l’Europa risponde alla tremenda crisi umanitaria in atto dentro e fuori le sue frontiere. Per il governo di Alexis Tsipras, il premier greco del patto militare con Israele, dell’accordo con Erdoğan e dell’inasprimento delle politiche d’austerità, il personale medico ed i volontari delle varie organizzazioni non governative, che fino a quel momento si erano occupati dei bambini e degli adulti del campo, possono essere sostituiti dalla notte al giorno con forze di sicurezza in assetto antisommossa. Migranti stremati e avviliti, esseri umani sacrificati sull’altare del neoliberismo, caricati su decine di automezzi e trasportati verso mete sconosciute per permettere alla Grecia di indebitarsi di altri 11 miliardi di euro erogati dai creditori e dalla troika in cambio di più austerità e di una politica di gestione militare dei flussi migratori.
Ma l’incapacità del governo Tsipras nella gestione dei migranti in transito è comune alla stragrande maggioranza dei governi europei. Con la firma dell’accordo vergognoso tra Ue, Turchia e Grecia del mese di marzo, l’Unione europea ha rinunciato totalmente a una strategia di gestione duratura e lungimirante di una “crisi dei migranti” strumentalizzata dai populisti xenofobi e provocata proprio dall’inadeguatezza della politiche europee e dall’incapacità della sua classe politica. La militarizzazione dei confini e delle coste e la criminalizzazione dei sans papiers fanno parte delle svariate cause che continuano a favorire l’ascesa dell’estrema destra e la crescita tangibile di beceri sentimenti razzisti e islamofobi in tutto il continente, mentre l’Europa della disuguaglianze e della precarietà include nello stesso contesto repressivo anche le lotte sociali al fine di proseguire lo smantellamento dello stato sociale, dei servizi pubblici e dei diritti al suo interno.
In Europa i manganelli ed i gas lacrimogeni riservati della polizia ai migranti sono gli stessi con i quali il premier francese Manuel Valls sta cercando di reprimere le proteste dei lavoratori e degli studenti in Francia. Le ruspe di Idomeni e di Calais sono le stesse utilizzate dal sindaco PD di Pescara contro il mercatino dei senegalesi. Gli sgomberi dei migranti a Ventimiglia, o dei centri di cultura popolare a Roma, usano la medesima violenza. E gli esseri umani abbandonati nei campi profughi in condizioni invivibili sono gli abitanti delle banlieues più marginalizzate. In questo contesto terrificante, l’accoglienza diviene un business da sfruttare a fini politici o economici. Risulta dunque assolutamente necessario andare al di là della falsa dicotomia noi-loro. Non c’è alcun “noi” né alcun “loro”, ma esiste al contrario una classe dominante internazionale che sta schiacciando le classi popolari, impoverendo la collettività a vantaggio di una minoranza elitaria. Insomma, esistono solo sfruttatori e sfruttati, carnefici e vittime, colpevoli e innocenti. Spetta a ciascuno di noi scegliere da che parte stare.
Risvegliare la derelitta opinione pubblica dal torpore della quotidianità anestetizzata nella quale affonda è decisamente un compito arduo. Se a livello collettivo sarà fondamentale rimettere al centro della discussione i fallimenti delle strategie europee, la pace e la democrazia dei popoli, a livello personale abbiamo la responsabilità morale di rompere la gabbia dell’indifferenza e le catene (in)visibili di un’esistenza alienata, denunciando con vigore le barbarie alle quali assistiamo ogni giorno. Come per i migranti ribellatisi alla mafia palermitana, tutti e tutte noi possiamo rialzare la testa e rivoltarci contro questo atroce sistema di sfruttamento fondato sul capitale e sul profitto a discapito dei diritti umani e della vita stessa.