Non vi sono dubbi che quello di domenica è stato un risultato positivo nella battaglia che, ormai da tempo, abbiano lanciato in difesa della sanità pubblica nel nostro cantone.
La vittoria del NO nel referendum contro la revisione della LEOC e l’eccellente risultato dell’iniziativa “Giù le mani dagli ospedali” (i SI hanno raggiunto il 49) mostrano senza ombra di dubbio che la popolazione ticinese non condivide, nella sua maggioranza, gli orientamenti approvati da governo e Parlamento in materia di pianificazione. È infatti evidente che il dibattito che negli scorsi mesi ha condotto a questo risultato si è incentrato su temi che sono stati al centro della pianificazione ospedaliera. Le discussioni sui mandati comuni con i privati, la costituzione di SA, la soppressione di reparti negli ospedali pubblici, l’indebolimento delle strutture sanitarie di Bellinzona e delle Valli, l’accorpamento di reparti, etc) sono tutte questioni intimamente legate alla pianificazione ospedaliera. Con il voto del 5 giugno la popolazione ha chiaramente preso posizione su questi temi e il voto non può essere interpretato diversamente.
L’MPS si è impegnato in questa campagna contro la logica del capitale nel settore sanitario partendo dalla riflessione sulle modifiche avvenute a livello nazionale negli ultimi anni, nell’ambito della LAMal. In particolare l’introduzione del finanziamento forfettario delle cure ospedaliere (i famigerati DRG) e il finanziamento pubblico delle cliniche private. Era per noi evidente che, queste riforme (che vanno nella chiara direzione della logica della concorrenze e del mercato nella sanità) unite alle politiche di austerità che si stanno sempre più imponendo nella politica di governo e Parlamento cantonali, avrebbero portato ad una nuova pianificazione ospedaliera che si sarebbe mossa in una logica di razionamento e privatizzazione delle strutture ospedaliere.
Da qui la nostra iniziativa, concepita e lanciata già all’inizio del 2013, quando ancora il dibattito sulla futura pianificazione ospedaliera non era nemmeno all’orizzonte. E con l’iniziativa , l’inizio di una campagna attiva sul territorio, con assemblee, volantini, piccole mobilitazioni (ricordiamo la prima, all’inizio del 2014 davanti all’ospedale di Acquarossa), le petizioni, etc.
Poi è arrivato il messaggio del governo che confermava le nostre ipotesi: e da qui, subito, la nostra decisione di lanciare il referendum, conducendo la battaglia con i due strumenti, iniziativa e referendum, con nuovo vigore sul territorio.
In questo senso crediamo che i risultati più importanti, al di là di quelli espressi nel voto, siano state proprio le nostre capacità di dare impulso ad azioni, attività, presenze che hanno coinvolto settori di popolazione, che hanno visto l’interesse dei lavoratori e delle lavoratrici della sanità che hanno compreso il legame tra le riforme in discussione e le loro condizioni di lavoro, che hanno messo al centro del dibattito politico il tema della sanità pubblica e della necessità di rompere con la logica mercantile.
In questa campagna abbiamo dovuto combattere contro uno schieramento politico che vedeva tutti i partiti maggiori schierati contro di noi (con l’eccezione del PS e dei Verdi che hanno raggiunto il nostro campo) e che hanno svolto una campagna intensa capitanata dalle strutture dirigenti dell’Ente Ospedaliero Cantonale (EOC).
Il consiglio di amministrazione dell’EOC si è impegnato in modo totale a favore della revisione della LEOC, utilizzando metodi e mezzi assolutamente incongrui a sostegno della campagna per il SI. Ha anche rivendicato, a più riprese, di essere l’ispiratore (addirittura l’estensore) del progetto di legge sconfessato dalla maggioranza della popolazione ticinese. È evidente che il voto di oggi rappresenta anche un voto di sfiducia della maggioranza dei ticinesi nei confronti di tutto il consiglio di amministrazione dell’EOC e dei suoi organismi dirigenti che, con una sola lodevole eccezione (che vogliamo ricordare con piacere: quella del dottor Malacrida), si sono schierati a sostegno della revisione della LEOC. Questa decisione politica, chiara, non può non avere conseguenze sugli organismi dirigenti dell’EOC.
Per questa ragione, già la sera stessa della votazione, Matteo Pronzini ha chiesto al governo di “pretendere dai membri del consiglio di amministrazione dell’EOC di rimettere il loro mandato e di sottoporre al Gran Consiglio i nominativi per l’elezione di un nuovo consiglio di amministrazione dell’EOC, composto da persone che tengano conto della sensibilità emerse nel corso di questa campagna” . Lo stesso vale per la direzione dell’EOC che, in particolare con il suo direttore generale Pellanda, ha scatenato una campagna a favore del SI utilizzando strumenti e risorse dello stesso EOC.
Gli orientamenti di Pellanda, sia dal punto di vista della politica sanitaria che da quello delle prospettive dell’EOC, sono stati chiaramente sconfessati dalla votazione sulla revisione della LEOC. Sia lui, sia i membri del CdA dell’EOC dovrebbero trarne le conseguenze.
La battaglia tuttavia deve continuare. È necessario continuare a far sentire la pressione popolare e moltiplicare le occasioni per mobilitare il più ampiamente possibile a sostegno delle rivendicazioni più urgenti, a cominciare dalla necessità che le strutture di Acqaurossa e Faido vengano mantenute come oggi.
È in questa direzione che continuerà la nostra battaglia.