Alla fine, purtroppo, sono tutti d’accordo e per i salariati di questo cantone non è una buona notizia. Alludiamo alle varie forze politiche che, da un lato, sostengono l’iniziativa costituzionale UDC (con l’appoggio della Lega) e, dall’altro, il controprogetto della maggioranza di governo e parlamentare (PLRT, PPD e PS). Tutti d’accordo su cosa?
Sul principio alla base dell’iniziativa “prima i nostri” e cioè l’idea che i lavoratori e le lavoratrici abbiano a beneficiare di diritti sulla base della loro nazionalità o provenienza geografica.
Nulla di nuovo sotto il sole: per decenni il Front National dei Le Pen (padre e figlia) è stato l’ispiratore e il propagandista di questa parola d’ordine. Chi volesse ripercorrerne l’origine e gli sviluppi deve solo digitare l’espressione “Les Français d’abord” su Google e vi troverà non solo la referenza a questo testo di Le Pen padre, ma tutta la descrizione (in una voce di Wikipedia) delle prodezze di questo signore e della sua progenie.
Non meraviglia quindi che questo slogan sia stato fatto proprio da UDC e Lega in casa nostra; e sia oggi anche la logica che anima tutta una serie di organizzazioni della destra xenofoba, a cominciare dalla Lega salviniana. Non meraviglia nemmeno molto che PPD e PLRT si trovino su questa stessa lunghezza d’onda: negli ultimi 20 anni, votazione dopo votazione, elezione dopo elezione, il PLRT (così come il cristianissimo PPD) sono arrivati a praticamente allinearsi alla UDC di Blocher. Non a caso si era parlato di una possibile alleanza elettorale.
Sorprende un po’ di più (ma non poi così tanto) che alla fine anche il PS( con distinguo e mal di pancia) si sia allineato su questa posizione. Sorprende guardando alle tradizioni alle quale esso si vorrebbe richiamare; non sorprende pensando non solo al fatto che nel recente passato esso abbia già sostenuto misure dal carattere “punitivo” nei confronti di categorie di lavoratori esteri, contrabbandate per misure di equità (alludo alla tassazione dei frontalieri); ma non sorprende perché proprio questo è il triste esito di chi non ha visto e non ha voluto vedere quello che arrivava (il dumping salariale) nel quadro dei bilaterali. E, a più riprese, ha detto “Sì” ai bilaterali accontentandosi delle cosiddette “misure di accompagnamento” , vere e proprie ciofeche che hanno permesso al padronato di costruire la propria politica di dumping salariale. Una responsabilità che il PSS condivide con le altre forze governative (e, purtroppo, con le direzioni sindacali).
Affermare oggi il principio della “priorità alla manodopera estera” significa consegnare i salariati nelle mani di chi vuole far di tutto per dividerli, per bloccarne qualsiasi iniziativa e azione in difesa dei diritti salariali e sociali di tutti i salariati, qualsiasi sia loro nazionalità.
Significa sdoganare l’idea che sia “colpa” di una categoria di lavoratori (una categoria definitiva su base nazionale) per la degradazione delle condizioni salariali e sociali che vive, ormai da quasi due decenni, il nostro paese.
Significa inoltre pensare che è limitando i diritti di una categoria di salariati definita su base nazionale (o territoriale) che si risolvono i problemi dei salariati che vivono e lavorano su questo territorio. Ed il diritto che qui si chiede di limitare è quello al lavoro. D’altronde il termine “nostri” dell’iniziativa è altamente ambiguo. Basta leggere l’iniziativa con attenzione, in particolare la nuova lettera b) dell’art. 14: “(nuovo) sul mercato del lavoro venga privilegiato a pari qualifiche professionali chi vive sul suo territorio per rapporto a chi proviene dall’estero (attuazione del principio di preferenza agli Svizzeri)”. Se nella prima parte dell’articolo si lascia intendere che “nostri” sono tutti coloro che vivono sul territorio, nella parentesi si glissa verso il principio di preferenza agli Svizzeri). Questo per dire che una volta stabilito che vi sono dei “nostri” e dei “loro” il passo per una continua e sempre più selettiva definizione e circoscrizione è molto breve.
Per chi, come noi, pensa in termini di solidarietà sociale e di classe non possono esserci né “nostri”, né “loro” con i quali dividere sulla base di criteri di razza, nazionalità o territorialità i lavoratori (perché è di lavoratori salariati che stiamo parlando); per noi “nostri” e “loro” possono essere utilizzati solo in termini di interessi materiali e sociali alternativi, di classe.
Così , per noi, “prima i nostri” non può che significare che la battaglia deve essere condotta prima di tutto a favore degli interessi dei salariati, interessi economici, sociali e culturali. Salariati che sono tutti nella stessa barca e si tratta di una imbarcazione bene diversa dagli yaght padronali.
L’unica politica a sinistra non può che essere, per noi, quella di una difesa intransigente dei diritti dei salariati, indipendentemente dalla loro collazione di razza, nazionale o territoriale.
E naturalmente il nostro pensiero non può non andare alle innumerevoli volte che, a livello nazionale e cantonale, sono state proposte misure proprio per combattere il dumping salariale e sociale. Sistematicamente sono proprio quelle stesse forze politiche che oggi si schierano in difesa del principio della priorità ai lavori indigeni, che condividono comunque gli obiettivi dell’iniziativa UDC, ad essersi schierati sistematicamente contro qualsiasi misura significativa di lotta al dumping salariale. Per la semplice ragione che per loro e per il padronato (di cui sono espressione – basti vedere chi li guida) il dumping salariale non è il problema, ma la soluzione del problema del rilancio della competitività economica del cantone.
In concomitanza con la discussione di questa iniziativa si discuterà, nella stessa tornata parlamentare, anche la nostra iniziativa popolare “Basta con il dumping salariale in Ticino”: ed è significativo che siano tutti impegnati a combattere questa iniziativa opponendola ad una ciofeca di contro-progetto, che tutti difendono, e che ha come solo obiettivo di far cadere l’iniziativa in votazione popolare. Altro che lotta al dumping!