La causa dello SCONTRO FRONTALE TRA DUE TRENI PENDOLARI è da ricercare negli “ERRORI DISUMANI” commessi da chi non ha effettuato gli investimenti in sicurezza. LA DISASTROSA SCELTA DEL PEDALE A ‘UOMO MORTO’. In serata il numero delle vittime accertate è salito a 27 e sono circa 50 i feriti.
Ruvo di Puglia, 12 luglio 2016 – Gravissimo disastro ferroviario circa tre ora fa, in Puglia, sulla linea ferroviaria a binario unico che collega Bari a Barletta, nel tratto tra Corato e Ruvo di Puglia nel territorio di Andria, in località Boccareto. La linea ferroviaria, indipendente dalla rete nazionale delle Fs, è gestita dalla società Ferrotramviaria S.p.A.
Al momento si registrano venti morti e molti feriti, alcuni in modo grave. Si è trattato di uno scontro frontale tra due treni che viaggiavano in direzione opposta. Dalle prime immagini rilevate dall’elicottero dei Vigili del Fuoco, che mostrano i rottami, si può ipotizzare che l’impatto, avvenuto in una zona isolata in aperta campagna, sia stato molto violento. Numerose le squadre dei soccorritori intervenuti sul posto che hanno già estratto dalle lamiere contorte molte persone tra cui un bambino trasportato d’urgenza in ospedale.
Su questa linea la circolazione e il distanziamento dei treni sono regolati con un sistema primitivo, il cosiddetto ‘blocco telefonico’, ovvero mediante lo scambio di fonogrammi registrati, tra i capistazione di due stazioni limitrofe al fine di inoltrare un convoglio ‘alla volta’ su ciascuna tratta di binario. Nel normale funzionamento, solo dopo l’arrivo di un treno, controllato di persona dal capostazione, egli può autorizzare telefonicamente il collega della stazione limitrofa ad inviare un altro treno. Il controllo e la vigilanza sulla sicurezza per queste linee, come per altre ‘secondarie’ definite correntemente “ex concesse”, è svolto direttamente dal Ministero dei trasporti, a differenza della rete Fs gestita da Rfi, dove è competente l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza, ANSF.
Come nel disastro di Crevalcore ed altri episodi analoghi, protagonista della tragedia è il micidiale sistema a UOMO MORTO, che secondo i tecnocrati ministeriali (e dell’ANSF per le linee Fs) è considerato un dispositivo di sicurezza. La sua funzione si riduce a questo: se non si ‘pedala’ almeno ogni 55′, interviene un allarme sonoro e dopo due secondi e mezzo il treno entra in frenatura di emergenza. E’ evidente a tutti, anche per semplice buon senso, che costringere i macchinisti a pigiare ripetutamente per tutto il tempo di lavoro un pulsante o un pedale ad intervalli regolari di soli 55 secondi non aggiunge nulla in termini di sicurezza perché dopo un breve periodo il gesto diviene – fisiologicamente – un riflesso condizionato, del tutto avulso dalle esigenze di marcia e inefficace per il controllo della guida. La ripetizione ossessiva di questa azione – che è completamente svincolata dal controllo della via libera dai treni – accompagna la vita del macchinista peggiorandone le condizioni di lavoro e, conseguentemente, la sicurezza della circolazione. Il costo irrisorio del pedale a UOMO MORTO rispetto alle apparecchiature di sicurezza integrate che controllano il traffico e la marcia del treno in tempo reale (come ad esempio la Ripetizione Segnali e le varie versioni di Controllo Marcia Treni) ha orientato le scelte delle imprese e condizionato anche le Istituzioni preposte a dettare le norme ed ad effettuare la vigilanza.
L’esercizio ferroviario su linea a binario unico necessita di particolari accorgimenti tecnici e organizzativi per evitare proprio il rischio di incidenti come questo. Risulta inaccettabile che nel 2016 su questa linea non vi siano sistemi, dispositivi e procedure organizzative per impedire che accadano disastri di questo tipo.
Sarà facile dire che si tratta di ‘errore umano’… commesso da qualche operatore sul campo, in treno o a terra, che spesso muore per primo. Per noi invece si tratta di ‘errori disumani’ commessi da chi – lontano dalla ribalta – effettua le scelte sugli investimenti, scrive le regole sulle condizioni di sicurezza e svolge i controlli e la vigilanza. In sostanza decide a tavolino quali percentuali di rischio siano tollerabili per i treni di seria A, d serie B e questi delle linee in concessione, a tutti gli effetti di serie C.
Appare evidente che il trasporto pendolari e le linee locali, considerate secondarie, anche sotto il profilo della sicurezza sembrano soffrire di una condizione meno avanzata. Dopo questo disastro che per la sua gravità risulta essere tra i più gravi del paese, sarà necessario riscrivere ‘le regole’ del trasporto locale, riconoscere la sua funzione strategica e destinargli le attenzioni e gli investimenti necessari e sottoporlo ad una stringente attività di vigilanza.