La Grecia ultimamente è tornata sotto i fari delle cronache economiche europee. Sono ripresi gli scioperi insieme al dibattito sull’insostenibilità del suo debito. Cosa sta succedendo? Sembrano riemergere i problemi che l’ultimo accordo dello scorso luglio aveva solo rinviato. Se già il terzo Memorandum imposto dall’eurozona implicava una prosecuzione delle medesime politiche restrittive e antipopolari ora tra i creditori riappaiono divergenze sulla condotta da adottare.
Nonostante le illusioni di Syriza l’accordo capestro dello scorso anno ha utilizzato sempre lo stesso spartito: riduzione della spesa sociale e privatizzazioni per fare cassa e ridurre il debito. Tale parabola, seppur gestita con un occhio socialmente più accorto, continua a scaricarsi sulle classi subalterne. Le stesse che in questi anni hanno visto ridurre clamorosamente salari, pensioni, occupazione e programmi di assistenza sanitaria e sociale. Il ritorno della malnutrizione, specie tra i minori, ben fotografa lo stato di degrado in cui si è giunti. Si tratta di greci che hanno vissuto al di sopra delle proprie possibilità per tutti questi anni? E che hanno approfittato degli aiuti generosamente accordati dagli altri paesi europei? La Scuola Europea di Tecnologia e Managment di Berlino (presumibilmente imparziale) certifica come di tutti gli aiuti della Troika giunti in Grecia sia rimasto solo il 5% degli stanziamenti per i cittadini. Il resto è ripartito per salvare le banche europee, soprattutto francesi e tedesche, ricapitalizzare le banche locali e saldare alcuni arretrati dello Stato. Questa tendenza a non centrare le tasche dei cittadini greci è confermata, o meglio si aggrava, con l’ultimo aiuto, quello concordato con Syriza. La scuola di Berlino, infatti, sostiene che degli 86 miliardi stanziati, nelle casse del governo rimarranno solo 300 milioni. Quasi 60 miliardi, infatti, torneranno alla Troika per rimborsare i debiti passati e 25 saranno utilizzati nuovamente per puntellare gli istituti di credito nazionali. Ecco che viene confermato come anche gli accordi siglati da Syriza non consentano spazi di manovra per favorire una ripresa economica, ma al contrario continuino a essere funzionali alle cieche politiche dei creditori più intransigenti. Da qui i crescenti scioperi per l’ennesimo taglio alle pensioni e l’aumento delle tasse indirette, quelle che gravano in maniera inversamente proporzionale alla ricchezza posseduta. La medicina appare sempre la stessa, aumentano solo le dosi per un paziente ormai moribondo.
Un secondo nervo scoperto è costituito dal ritorno dei dubbi del Fmi sulla sostenibilità del debito ellenico e su una sua possibile riduzione. Il Fmi, per la verità, tra le istituzioni finanziarie globali è l’unica che da tempo sottolinea come alcuni debiti sovrani necessiterebbero una ristrutturazione, nel caso specifico greco già durante la trattativa dello scorso anno sollevò il problema in maniera determinata, fino a minacciare di non sottoscrivere nessun ulteriore programma di aiuti se non si fosse rivisto l’atteggiamento sul debito, ritenuto palesemente insostenibile. Ovviamente il Fmi non ha modificato natura fino al punto di ritenere superati i progetti fondati su tagli, privatizzazioni, destrutturazione del mercato del lavoro, cioè continua a scommettere su un’economia iper-competitiva che comprime ogni fattore che possa costituire un intralcio a tale prospettiva, ma al contempo non nega le difficoltà di un eccesso di austerità finalizzato unicamente a ripagare debiti impossibili da contenere.
Mentre riprendono gli scioperi e tornano le divisioni tra i creditori la Bce, come già ai tempi della trattativa dello scorso luglio, contribuisce a inasprire le condizioni di attuazione del terzo Memorandum rinviando la riammissione come collaterale dei titoli di Stato ellenici nelle sue aste di rifinanziamento. Si allontana, dunque, la possibilità di rientrare nel programma del Quantitative easing e di ottenere finanziamenti meno costosi di quelli attuali ottenuti attraverso il sistema di emergenza (Ela). Tempi difficili per chi ritiene praticabili riforme dentro l’attuale quadro.