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aaaaachinaIn Cina, il sindacalismo indipendente è strettamente proibito dal sistema amministrativo del lavoro, e l’organo sindacale ufficiale monopolizza la rappresentanza dei lavoratori.

Ciò significa che le/gli 806.498.521 lavoratrici e lavoratori del paese non hanno il diritto di creare organizzazioni indipendenti per la difesa dei loro interessi, questo in un’economia dove il 25% delle famiglie più povere possiede appena l’1% della ricchezza totale del paese, e dove le lunghe giornate di lavoro, la mancanza di sicurezza e l’autoritarismo caratterizzano la vita nelle fabbriche. Il divieto ufficiale non ha potuto impedire manifestazioni di resistenza dei lavoratori. Il numero degli scioperi è aumentato nel corso degli ultimi due decenni e, come scrive Eli Friedman, l’anno scorso «in un giorno qualunque, sono probabilmente in corso da 6 a varie decine di scioperi». Le ONG di difesa dei diritti dei lavoratori si coinvolgono sempre più e sono sempre più visibili, anche se devono intervenire in condizioni molto difficili. Dato che lo Stato cinese nega la legalità, e persino l’esistenza, di tale fenomeno crescente, questo è relativamente poco trattato e analizzato. Anche per questa ragione, l’opera China on Strike: Narratives of Workers’ Resistance (La Cina in sciopero: storie di resistenza dei lavoratori, pubblicata da Haymarket Books, maggio 2016) ha colmato una grave lacuna. Le storie contenute nell’opera sono state compilate da studenti universitari, da lavoratori e militanti cinesi che si sono inseriti in comunità di lavoratori e su luoghi di lavoro, allo scopo non solo di registrare le loro storie, ma anche di tracciare un percorso di resistenza per altri lavoratori.

L’estratto che segue documenta le peripezie della vita di un lavoratore, e descrive uno sciopero concreto che si è svolto nella città meridionale di Shenzhen. Spiega le cause alla base dello sciopero e racconta come i lavoratori si sono messi d’accordo su un’azione e una piattaforma rivendicativa prima di descrivere il risultato finale dell’azione. Il racconto mette in luce le condizioni straordinarie che i lavoratori cinesi devono affrontare, ma anche il potenziale trasformatore del malcontento crescente della classe operaia.

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Vengo dalla provincia del Guizhou, dove sono nato nel 1980. Sono il terzo di sei fratelli e sorelle e sono andato via da casa per trovare lavoro, poiché il mio livello di istruzione era basso e la mia famiglia povera. All’inizio andavo bene a scuola e ricevevo voti di 80 o 90 su 100. Quindi ho saltato una classe, ma i miei voti hanno cominciato a peggiorare. A quel tempo dovevo lavorare dalle 5 del mattino fino all’inizio delle lezioni, alle 8. Era molto faticoso e ho lasciato la scuola quando ero in quinta. Pensavo anche che la cosa pesava troppo su mia madre. Per questo motivo non ho voluto proseguire la scuola e ho preferito sostenere gli studi della mia sorella minore.

Dopo aver lasciato la scuola ho ottenuto un lavoro in nero nella locale miniera di carbone dove ero pagato 450 yuan per 14 giorni di lavoro. Un giorno, alle 8 del mattino, c’è stata un’esplosione di metano e in quattro siamo stati sepolti a più di 20 metri sotto terra. La brigata di soccorso scavava dall’esterno in direzione del luogo dove ci trovavamo e noi scavavamo dall’interno nella loro direzione. Non avevamo da mangiare e scavare era spossante. È stato solamente alle 5 del mattino del giorno dopo che siamo finalmente stati soccorsi.

Eravamo tutti quattro feriti. Io ero stato colpito alla nuca da un sasso, un altro aveva un braccio fratturato, il terzo aveva una ferita alla schiena, e il quarto era stato colpito da un sasso in fronte. Per fortuna nessuno era ferito in modo grave.

Il padrone ha pagato le spese mediche ma non ci ha versato alcun compenso. Mio nipote ha sporto l’unico figlio del padrone, un bambino di 3 anni, dalla finestra del 4° piano e minacciato di lasciarlo cadere se non pagava. Il padrone ha accettato prontamente. Io ho ricevuto 50 yuan, e gli altri 100 yuan ciascuno.

Nel 1996, ho lasciato la casa e sono partito alla ricerca di un lavoro. Prima sono andato nell’isola di Hainan, alla ricerca del mio fratello maggiore che vi si doveva trovare, ma non sono riuscito a trovarlo. Dovevo spostarmi di nascosto nell’isola.

Ho passato un Capodanno triste e solo, lavorando in una fabbrica di mattoni. Ho detto al padrone che avrei mangiato a casa sua e lavorato per lui dopo il Capodanno. Mi ha detto che andava bene e che avrei potuto mangiare con lui finché avessi voluto. In quel momento aveva bisogno di manodopera, e suppongo che pensasse che avrei potuto aiutarlo. Io avevo 16 anni. In realtà non potevo lavorare molto.

Il terzo giorno dopo Capodanno sono fuggito e il giorno dopo ho ritrovato mio fratello. Aveva un bambino di 6 mesi e io me ne sono occupato fino a quando ne ha avuto 18. In seguito ho trovato lavoro in una piantagione di banane. Aiutavo a diserbare, all’aspersione del raccolto con prodotti chimici, e in modo generale dei banani. Il mio salario mensile era di 400 yuan per una giornata di otto ore. Lavoravo dall’alba al tramonto. Coltivavo ortaggi per il consumo mio e di mio fratello. Allevavo anche una quarantina di polli. Ho così potuto risparmiare 300 yuan al mese da mandare alla mia famiglia.

Nel 1999 sono andato a Shenzhen. All’inizio non avevo l’intenzione di andarci, ma la mia sorella maggiore mi ha persuaso dicendomi che potevo guadagnare 600 yuan al mese. Mi è sembrato non male e ci sono andato.

Nel 2000 non trovavo lavoro. A parte per i pasti, non osavo lasciare la casa perché la mia carta d’identità non era stata rinnovata e temevo di essere arrestato dalla polizia non avendo un permesso di residenza temporanea. Uno dei miei problemi era di non avere una carta d’identità; l’altro era che per ottenere un lavoro bisognava avere delle relazioni personali. Ho cercato in molti posti ma senza trovare niente. Spesso mi chiedevano il mio permesso di residenza temporanea, e ho trovato persone buone e cattive. Una volta ho trovato una persona della mia città natale che si è impietosita della mia sorte e mi ha dato 10 yuan per comprare da mangiare.

Un’altra volta io e mio nipote siamo stati arrestati su un ponte da una pattuglia della polizia. Mio nipote è scappato, ma la mia famiglia ha dovuto versare 50 yuan per farmi rilasciare. Un’altra volta sono stato arrestato con sei o sette altre persone e ci hanno chiesto 200 yuan. Noi abbiamo protestato dicendo che non avevamo tanto denaro. In realtà ne avevamo tutti un po’ e io avevo nascosto 50 yuan nei calzini. Alla fine ci hanno fatto diserbare un’aiuola di fiori. Quando abbiamo finito di diserbare e abbiamo visto che nessuno ci sorvegliava, siamo scappati tutti.

Nel 2000 ho versato 1000 yuan per avere un lavoro alla fabbrica K. Si tratta di una compagnia che dipende da investimenti di Hong Kong. La fabbrica produce spazzolini da denti elettrici, bacinelle per il massaggio dei piedi, cucine elettriche e così via. Vi lavoravano più di 8000 persone.

L’organizzazione del lavoro era la seguente: si lavorava 26 giorni al mese e otto ore al giorno per un salario di base di 23 yuan al giorno. C’erano due squadre, e i pasti contavano come ore supplementari. Ogni sei mesi ricevevamo gratis una tuta da lavoro nuova. Ogni mese la direzione ci offriva un sacchetto di detersivo e un paio di guanti.

A quell’epoca ho fatto la conoscenza di un uomo delle mia città natale che aveva qualche relazione allo stesso tempo con la polizia e con alcune persone della direzione della ditta. Guadagnava denaro reclutando personale per la fabbrica. La fabbrica K non reclutava mai direttamente i lavoratori, tutti i lavoratori passavano per questo tizio e per un’altra persona del Sichuan. Di conseguenza, la maggior parte del personale della fabbrica veniva dalle province del Sichuan o del Guizhou. Alcuni venivano anche da qualche città del nord ella provincia del Guandong ed erano ugualmente entrati come salariati nella fabbrica attraverso persone delle loro città. In effetti, non c’era modo di trovare un posto nella fabbrica da sé stessi. Ho capito che quelli che tentavano erano tutti respinti.

In questa fabbrica ho lavorato duro e presto sono stato promosso a capo della mia squadra e più tardi a capo della sezione. Dato che non avevo molta istruzione, la direzione mi ha fornito un assistente. In questa fabbrica, il capo di una squadra di lavoro era responsabile di sedici macchine, e ogni macchina era azionata da due o tre persone. Un capo sezione supervisionava parecchi capisquadra.

 

L’organizzazione segreta di uno sciopero

A quell’epoca, la condizione dei pasti della mensa era deplorevole. Spesso trovavamo degli insetti nel riso. Una volta ne ho morso uno e questo mi ha tolto la voglia di rimettere piede in mensa. Ma dopo aver mangiato tagliatelle istantanee per tre giorni ci sono ugualmente tornato.

Un altro problema era che la fabbrica ci fatturava 20 centesimi per un secchiello di acqua calda. Alla fine del mese, la fattura era di 20 o 30 yuan. Questo scontentava tutti.

Durante un turno di notte, cinque capisquadra (due uomini e tre donne) si sono riuniti per discutere di uno sciopero. Sono venuti a trovarmi e ne abbiamo discusso in ufficio. Tre o quattro assistenti ci hanno visti e hanno voluto raggiungerci. Abbiamo discusso della possibilità di bloccare una grande strada nazionale e considerato le difficoltà che potevano sorgere e come risolverle.

Abbiamo convenuto che:

▪ se la polizia picchiava, feriva o uccideva uno di noi, dovevamo gestire la situazione insieme;

▪ se un/a/o di noi cadeva mentre bloccavamo la strada dovevamo raccoglierl/a/o immediatamente, per evitare che fosse calpestat/a/o, forse a morte;

▪ se gli organizzatori dello sciopero venivano scoperti o se c’erano altri problemi, i due uomini della squadra ne assumevano la responsabilità.

Dopo la fine dello sciopero si sarebbe fatto un appello a donazioni per compensare le loro perdite salariali.

Nella realtà, le cose sono andate in modo molto vicino a come avevamo immaginato. Abbiamo anche discusso per sapere se volevamo che tutte le persone che lavoravano nella fabbrica sapessero che cosa stavamo preparando. Non volevamo che i lecchini fossero al corrente, per timore che divulgassero i nostri progetti. Se non gestivamo bene la situazione potevamo perdere il nostro pane quotidiano.

In quel momento c’erano due squadre di lavoro. Gli assistenti e i capisquadra hanno stampato insieme un gran numero di volantini sui quali era scritto: «Domani mattina alle 8 dirigetevi verso la strada nazionale!».

Alcuni capisquadra hanno chiesto ai loro uomini di fermare il lavoro per 10 minuti. Più di 300 lavoratori hanno incollato dei volantini, coprendo quattro sale macchine. Li hanno incollati anche nell’ufficio del padrone.

Quando i lavoratori chiedevano di che cosa si trattava, dicevamo loro che era l’ufficio che lo aveva organizzato.

Quando venivano a chiedere come avevamo organizzato le cose, non osavamo dare spiegazioni dettagliate. Ci limitavamo a dire che dovevamo andare tutti sulla strada nazionale e creare un trambusto per ottenere migliori condizioni di lavoro. Quanto alla sicurezza, se qualcuna/o cadeva doveva essere immediatamente rialzat/a/o. Non osavamo dare spiegazioni troppo chiare per paura che in caso di fallimento i lavoratori accusassero noi, gli organizzatori.

 

Lo svolgimento dello sciopero

L’indomani mattina, alla finme del turno di notte, ci siamo diretti verso il cancello della fabbrica, prendendo completamente di sorpresa le guardie di sicurezza. Le abbiamo spinte da parte e forzato il cancello. Temendo violenze, le guardie hanno chiuso il cancello dietro di noi. Seguendo gli striscioni, abbiamo raggiunto la strada nazionale e l’abbiamo bloccata completamente.

La maggior parte dei lavoratori osservava il trambusto con interesse, e molti di loro non erano al corrente dell’obiettivo di questa corsa verso la strada nazionale. Vedevano della gente correre e si sono messi a seguirla.Gli autisti che sono stati bloccati sulla strada non hanno manifestato alcuna collera. Alcuni che si trovavano su un bus bloccato dormivano, mentre altri scendevano dal veicolo per fumare.

All’inizio della manifestazione ci sono state difficoltà quando quattro poliziotti di pattuglia ci hanno visti che stavamo invadendo la strada nazionale e hanno gridato: «Che cosa fate?». Sono venuti e hanno cominciato a colpire le persone presenti con i manganelli. Hanno ferito alcune giovani donne che hanno cominciato a mordere i loro assalitori. Un poliziotto è stato morso al viso. Noi giovani non eravamo molto numerosi ed eravamo dispersi nella massa, e quindi non abbiamo potuto utilizzare efficacemente tutta la nostra forza.

C’erano troppe persone in quel caos e c’è stata una dozzina circa di feriti, alcuni dei quali erano stati calpestati o colpiti involontariamente. Quelli che si trovavano in mezzo alla folla erano continuamente spintonati. Per finire, sono arrivati sul posto pompieri, agenti di pubblica sicurezza e anche alcuni poliziotti locali. Le macchine della polizia erano parcheggiate circa 400 metri più in là, ma non abbiamo visto nessuno armato. Visto il numero dei lavoratori, non avrebbero potuto fare un granché se qualcuno si fosse impadronito delle loro armi. Sono arrivati dei funzionari dell’ufficio del lavoro con del denaro per mandare i feriti a farsi curare all’ospedale.

Quando sono arrivati i poliziotti, hanno cominciato a spingerci verso il bordo della strada. Non ci hanno colpiti ma hanno usato i manganelli per formare un solido muro e spingerci indietro. In prima fila c’erano donne che non offrivano resistenza. Se avessero cominciato a colpire le persone, probabilmente non avremmo potuto rispondere contro poliziotti addestrati professionalmente. Dopo due o tre ore siamo stati spinti lentamente sul bordo della strada. Dopo di che siamo ritornati in fabbrica in ordine sparso.

 

Il ritorno in fabbrica e le trattative

Quelli di noi che hanno bloccato la strada erano tutti lavoratori del turno di notte. Ma c’era qualche persona del turno di giorno che ci aveva raggiunto, anche se non sapeva di che cosa si trattasse.

Duemila lavoratori della fabbrica erano stati rinchiusi nei loro dormitori dalla polizia locale. C’era un poliziotto ad ogni porta e scala, ce n’erano circa 400 in tutto. Le giovani donne erano particolarmente in collera. Gettavano tutto quello che avevano a portata di mano, a volte mirando ai poliziotti. Circa 400 o 500 lavoratori sono andati alla mensa e hanno versato a terra tutto il pasto per 8000 lavoratori.

Quando siamo rientrati dopo il blocco della strada, uno dei gestori ha urlato in un megafono: «Se qualcuno ha una lagnanza parli!» Poi ha ordinato che gli si mandasse una delegazione per delle trattative. Abbiamo eletto a rappresentarci un giovane che era capo del dipartimento del personale della fabbrica e aveva una certa istruzione.

Poiché erano tutti d’accordo, questi non ha avuto altra scelta che accettare, e il direttore gli ha chiesto di andare a trattare. La prima questione da discutere era un aumento salariale. Il capo del personale ci ha chiesto quali erano le nostre rivendicazioni. Le persone che erano davanti hanno gridato che volevano un aumento e la altre hanno gridato il loro accordo.

In seguito, il capo del dipartimento del personale ha trasmesso questa informazione al direttore, che ha proposto un aumento a 25 yuan al giorno chiedendo se lo accettavamo.

La questione seguente era quella dell’acqua. Il direttore ha detto che non sapeva che dovevamo pagare l’acqua calda e ha immediatamente promesso che d’ora in poi l’avremmo avuta gratis. Ha ammesso che c’era un problema con il vitto della mensa e ha promesso che d’ora in poi avremmo potuto mangiare alla mensa o no. Quanti non mangiano alla mensa non pagheranno il vitto della mensa.

Siamo tornati ai nostri posti, ma quel giorno nessuno ha lavorato. La squadra ha indetto una riunione. Il direttore non è intervenuto ma ha cercato di persuadere i capisquadra che a loro volta hanno cercato di persuadere gli altri lavoratori.

La sera dello sciopero abbiamo ricevuto un pasto particolarmente abbondante, con molti piatti di carne. Invece dei due soliti piatti, ne abbiamo ricevuti quattro. Il terzo e il quarto giorno abbiamo ricevuto una bottiglia di cola e due mele a testa. Il giorno dello sciopero, il gestore ha anche inviato dei responsabili amministrativi ad occuparsi delle giovani donne che erano curate per le loro ferite in ospedale. Quando si sono ristabilite, sono state reintegrate nella fabbrica e sono state trattate meglio. Nessuna di loro aveva voglia di andarsene.

 

I risultati dello sciopero

In seguito allo sciopero, le condizioni in fabbrica sono in ogni caso migliorate:

▪ La qualità del vitto alla mensa è migliorata. Non si trovavano più insetti. Per ogni insetto che si trovasse nel cibo si riceverebbero 50 yuan. Quando una lavoratrice ha trovato un insetto nel suo piatto, un addetto alla sicurezza ha scattato una foto e nel pomeriggio le è stato detto che poteva incassare i 50 yuan.

▪ Prima si deducevano dalle nostre buste paga i soldi per i pasti alla mensa, anche se non vi si mangiava, ora si pagano solo i pasti consumati.

▪ L’acqua calda veniva fornita gratis.

▪ Il salario giornaliero è stato aumentato da 23 a 25 yuan, e il mese lavorativo è stato ridotto da 26 giorni a 22 giorni.

È arrivato un dirigente giapponese che ha posto fine al consumo di frutta e bevande nelle officine, perché i mozziconi di frutta e le gocce di bevande attiravano mosche e zanzare, il che incideva sulla produzione. Inoltre i pavimenti del dormitorio erano puliti solo una volta alla settimana.

I capisquadra che erano stati in prima linea quando si è trattato di bloccare la strada, erano anche i primi – i lavoratori lo avevano capito bene – a farsi avanti quando la direzione cercava dei negoziatori.

Alcuni capisquadra e impiegati degli uffici erano rimasti al lavoro e avevano rifiutato di partecipare al blocco della strada. Quando due capisquadra sono stati arrestati nel loro ufficio, più di un migliaio di lavoratori hanno circondato le macchine della polizia che erano venute ad arrestarli. Alla fine sono comunque riusciti a portarli via. Quando siamo tornati in fabbrica, per due giorni abbiamo rifiutato di ricominciare a lavorare.

Il direttore ha chiesto alla polizia di rilasciare i detenuti. Quando sono stati rilasciati sono stati licenziati senza essere pagati. Quasi tutti i lavoratori hanno offerto 5 yuan per compensare i due capisquadra che avevano organizzato lo sciopero. Quelli che non hanno pagato erano guardati male.

La partecipazione delle tre capisquadra dirigenti e delle assistenti dell’ufficio è stata mantenuta segreta. Quindi non sono state arrestate. In seguito, hanno lasciato la fabbrica, una alla volta, forse perché avevano paura. Anche io sono venuto via per occuparmi di mia moglie. Anche un direttore generale, con molti anni di esperienza, ha dato volontariamente le dimissioni a causa dello sciopero.

 

Hao Ren ha lavorato per una ONG che si occupa di questioni del lavoro fino al 2010, poi ha lavorato in diverse fabbriche. Zhongjin Li lavora nel dipartimento di economia dell’Università del Massachusetts; Eli Friedman è professore di diritto internazionale del lavoro presso l’Università Cornell.