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aaaaaconipadroniBisogna leggerlo il testo di legge approvato dal Gran Consiglio quale controprogetto all’iniziativa “Basta con il dumping salariale in Ticino”. Stando però estremamente attenti a non perdersi nelle nebbie e nei fumi che questo testo solleva; tanta aria fritta, nulla di nulla, da intossicare chiunque. Vediamo di commentarlo in dettaglio.

Primo obiettivo del controprogetto, ci viene detto dalla propaganda governativa, è il sostegno alla professionalizzazione delle Commissioni paritetiche. Ma come e quando avverrebbe questo “rafforzamento”. Non lo sappiamo. Sappiamo solo che esso è tutt’altro che scontato e acquisito. Infatti, recita l’articolo 3, che il Cantone “può” mettere a disposizione le risorse finanziarie ad accompagnarle (le commissioni paritetiche) nel percorso di professionalizzazione. Ma questo sostegno non è né automatico, né acquisito: infatti esso avverrà, ci dice sempre l’art. 3, “su richiesta” delle stesse commissioni paritetiche. E se queste non lo richiedono?
Il controprogetto afferma poi di sostenere il principio del rafforzamento del numero degli ispettori. Si arriva anche ad evocare quanto propone l’iniziativa, e cioè che vi sia un ispettore ogni 5’000 persone attive sul mercato del lavoro. Ma se per l’iniziativa questo è un obiettivo da realizzare subito per dare una svolta al lavoro di controllo, per il controprogetto, ci dice l’art. 4, esso è solo “un parametro indicativo”. Ma il rafforzamento del numero degli ispettori, ancora una volta, non sarà automatico, nemmeno adottando il “parametro indicativo”. Infatti al Consiglio di Stato è data la facoltà di rafforzare la dotazione delle autorità di controllo cantonali solo “su proposta della commissione tripartita”(è ancora l’art. 4). E se la commissione tripartita non fa proposte in questa direzione? Dopo tutto al suo interno la maggioranza è data dai rappresentanti padronali (restii come noto a controlli approfonditi) e dai rappresentanti del Cantone che non ci pare siano orientati verso un aumento delle forze ispettive.
Infine, ci si dice, la via da seguire è quella del potenziamento delle commissioni paritetiche. Queste “possono” assumere nuovi ispettori allo scopo di raggiungere il “parametro indicativo” di un ispettore ogni 5’000 persone attive sul mercato del lavoro. Se decideranno in questo senso potranno ricevere un sussidio del 50% per questi ispettori. Però a condizione che firmino “un contratto di prestazione” con il Cantone. Vista la situazione delle commissioni paritetiche difficilmente questo sarà possibile.
Come possiamo vedere quindi non solo il controprogetto non menziona nemmeno gli altri due punti presenti nell’iniziativa (la notifica e il controllo dei salari dei contratti individuali stipulati in Ticino e la creazione, grazie a questo, di una statistica dei salari); ma sul terzo punto (quello relativo alla costituzione di un ispettorato del lavoro con un ispettore ogni 5’000 persone attive) vengono fornite solo vaghe promesse, possibilità di rafforzamento che dipendono dalla volontà e dalla possibilità di molte parti in gioco: il Cantone, le commissioni paritetiche, la commissione tripartita.
È difficile capire come governo e Parlamento abbiano potuto calcolare che il controprogetto costerebbe solo 2,5 milioni all’anno. In realtà, leggendo il testo del controprogetto, il costo potrebbe benissimo essere pari a zero. Nel senso che ci sono tutte le premesse affinché tutto resti fermo e il dumping salariale possa continuare a progredire indisturbato, con grande gioia del padronato e di chi, come la destra leghista e UDC, ci campa sopra politicamente, sfruttando la disperazione dei salariati per aizzarli contro altri lavoratori e per dividerli.

 

Che cosa sono e come funzionano le commissioni paritetiche?

Il controprogetto vuole rafforzare e “professionalizzare” le commissioni paritetiche. Da questo rafforzamento dovrebbero venire maggiori e migliori controlli. Naturalmente ci si guarda bene dallo spiegare cosa sono e come funzionano tali commissioni. Vediamo di farlo noi.
Le commissioni paritetiche non sono organismi pubblici, né strutture permanenti. Esse sono costituite sulla base della conclusione di un contratto collettivo di lavoro (CCL). Sparito il CCL sparisce anche la commissione paritetica.
Le commissione paritetiche hanno come compito quello di verificare che le disposizioni previste dai CCL siano correttamente applicate. Per realizzare questo compito le commissioni paritetiche possono effettuare dei controlli nelle aziende. Lo fanno o attraverso una struttura di persone che lavorano per la commissione (come è il caso di alcune commissioni nel settore delle professioni dell’edilizia) oppure affidando dei mandati a delle fiduciarie che effettuano questi controlli.

 

Come finanziano la loro attività le commissioni?

Attraverso i contributi professionali (trattenute sui salari ) che sono previste dai CCL. È evidente, come detto prima, che se un CCL non dovesse essere rinnovato, anche tali commissioni (e le persone che vi lavorano) sparirebbero.
La proposta di finanziarne il rafforzamento (il cantone pagherebbe il 50% dei costi di nuovi ispettori di queste commissioni) non solo lascia scoperta la maggioranza dei salariati (ricordiamo che oggi solo il 35% dei lavoratori è sottoposto ad un CCL), ma rappresenta uno spreco di denaro.
Perché? Perché le più importanti commissioni paritetiche, sia a livello nazionale che cantonale, avrebbero già ampi mezzi finanziari per potenziare i controlli. Non lo fanno, in particolare poiché la parte padronale si oppone ad un eccessivo potenziamento dei controlli. E anche perché i soldi che non vengono utilizzati per i controlli, prima o poi vengono in qualche modo redistribuiti tra le componenti di queste commissioni (associazioni padronali e organizzazioni sindacali).

 

Un esempio

La commissione paritetica nazionale del Contratto Nazionale del settore alberghiero è una delle più importanti della Svizzera. Effettua controlli attraverso degli uffici fiduciari. Ogni anno controlla 2’000 aziende – a caso – a livello svizzero, meno del 10% di tutte le imprese del settore (che sono oltre 25’000). In Ticino questi controlli riguardano un centinaio di aziende su oltre 2’300 aziende (che impiegano – in Ticino – quasi 14’000 dipendenti). Una percentuale di controlli assolutamente ridicola, in un settore nel quale le aziende controllate ogni anno mostrano tassi di irregolarità nell’applicazione contrattuale che possono arrivare anche al 70%.
Ebbene, tramite il CCL del settore della ristorazione e alberghiero, questa commissione incassa più di 9 milioni all’anno quali contributi per l’applicazione del contratto (pagati essenzialmente dai lavoratori). Per l’applicazione del CCL ne utilizza meno della metà, cioè circa 4 milioni. Vi sarebbero quindi ampi spazi perché questa commissione, come altre, rafforzassero in modo importante i controlli, li estendessero, assumessero degli ispettori. Questo, come detto, non viene fatto non perché non hanno soldi, ma perché non vogliono eccessivi controlli.
La proposta del controprogetto vuole dare soldi a queste commissioni. Ovvero, sprecare il denaro pubblico. Altro che gestione oculata delle risorse e lotta al dumping!