Il progetto è stato approvato nei giorni scorsi da 366 deputati (contro 111 contrari), superando così la quota richiesta di 308, pari ai tre quinti della camera. Per entrare in vigore, in un meccanismo molto simile a quello previsto dall’art. 138 della Costituzione italiana, dovrà essere ancora approvato in due letture dal Senato e in un’altra lettura dai deputati.
Come abbiamo già raccontato, l’attuale presidente ha assunto illegittimamente il potere grazie ad una operazione politica e giudiziaria che ha destituito la presidente del Partito dei lavoratori, accusandola di imputazioni solo politiche e non penali. Dunque, l’attuale governo di destra è al potere grazie ad un atto illegittimo e anticostituzionale, ma avallato dalla maggioranza dei parlamentari e da parte importante della magistratura.
Naturalmente, questa nostra affermazione non comporta in nessun modo una condivisione benché minima della politica del governo Rousseff, né di quella del suo predecessore Lula. Lula e Dilma, però, per noi non sono colpevoli di una politica antipopolare e favorevole (ma evidentemente non in modo sufficiente) alla classe dominante brasiliana. Sono peraltro colpevoli di aver smorzato o addirittura represso (come prima delle Olimpiadi) tutte le mobilitazioni di massa, dei contadini senza terra, dei lavoratori delle città, della gioventù senza prospettive. E questa politica ha anche fatto sì che né i lavoratori, né i contadini, né i giovani si siano mossi per difendere il loro governo di fronte alla congiura di palazzo di Temer e dei suoi.
Dunque, le similitudini tra la PEC 241 brasiliana e la riforma costituzionale italiana Renzi-Boschi vanno ben al di là delle procedure analoghe.
Renzi è un presidente non eletto, che ha scalzato il governo precedente solo sulla base del mandato di una irrilevante “elezione primaria” a segretario del PD, partito che peraltro aveva perso le ultime elezioni, un presidente che ha imposto la sua riforma costituzionale ad un parlamento, anch’esso dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale e prorogato solo per condurre la politica corrente, con il solo sostegno di Napolitano, presidente della repubblica confermato per un perlomeno inconsueto secondo mandato. Come Renzi, anche Temer vuole stravolgere la Costituzione del Brasile, approvata nel 1988, dopo la caduta del regime militare.
La PEC 241 punta a introdurre una modifica costituzionale ultraliberista che si inserisce nel progetto di offensiva massiccia che il nuovo governo brasiliano vuole sferrare contro l’immensa maggioranza del popolo. Temer vuole fare presto perché sa bene che la sua dilagante impopolarità non consentirà affatto la sua elezione tra due anni alla scadenza del mandato.
La più scandalosa riforma che prevede la PEC 241 è quella del divieto assoluto di oltrepassare l’attuale livello della spesa pubblica, salvo quella per gli interessi sul debito, tanto per indicare con chiarezza il suo carattere brutalmente di classe.
Lo studio di un Istituto di ricerche economiche valuta che, a causa del congelamento della spesa pubblica, la sanità pubblica brasiliana, già drammaticamente inadeguata, perderá nei prossimi 20 anni 743 miliardi di real (pari a oltre 200 miliardi di euro). Naturalmente ad essere colpiti da questo congelamento saranno anche la pubblica istruzione, il complesso dei servizi pubblici, le autonomie locali, i dipendenti dello stato.
E’ chiaro che il congelamento della spesa pubblica brasiliana si inserisce nello stesso dei teorici della controrivoluzione liberista che hanno imposto in vari paesi europei la “costituzionalizzazione del pareggio di bilancio”, adottato in Italia con la riforma dell’art. 81 della Costituzione approvata nel 2012 dalla quasi unanimità del parlamento.
Naturalmente, parallelamente alla riforma costituzionale, Temer sta accelerando la sua azione distruttrice con altri provvedimenti legislativi anche su altri punti della politica sociale, come le pensioni, la scuola, la legislazione sul lavoro, l’incentivo ad una generale privatizzazione di tutto ciò che è ancora pubblico.
Dunque, una maggioranza parlamentare illegittima, né eletta con poteri costituenti (ma tutelata dal Supremo Tribunal Federal, la Corte costituzionale del paese), nei fatti riscrive la costituzione brasilana, soprattutto nei punti delicati dei diritti sociali e del ruolo dello stato.
Tutto ciò dimostra come la Operação Lava Jato, cioè l’operazione con cui è stato fatto fuori il governo del PT, non sia stata una pura operazione di palazzo, ma la conclusione di un lungo processo con cui le classi dominanti e le forze politiche tradizionali (dopo il verticale indebolimento legato alla fine della dittatura militare), anche grazie alla politica compromissoria e collaborazionista del partito di Lula, hanno ripreso in mano le leve del paese per potervi applicare a pieno e senza mediazioni la loro politica antipopolare.
Dunque il popolo e le lavoratrici e i lavoratori brasiliani hanno di fronte un periodo duro, nel quale solo le mobilitazioni di massa conteranno.
Nel frattempo occorre che la grande base sociale, che il PT aveva saputo raccogliere dietro di sé e che è stata sperperata con 15 anni di politica moderata e subalterna alle classi dominanti, non si disperda ma ritrovi un punto di riferimento politico nuovo e conseguentemente classista.
Il prossimo secondo turno delle elezioni comunali del 30 ottobre, nel quale alcune grandi città (Belem e Sorocaba, per esempio), ma soprattutto l’enorme città di Rio de Janeiro, il PSOL (Partido do Socialismo e da Libertade) è in lizza per la carica di sindaco. A Rio, la ex capitale del paese, con 6 milioni e mezzo di abitanti, centro di un’area metropolitana di 15 milioni, il compagno Marcelo Freixo si batte, con gli esigui mezzi del suo partito, contro uno squallido candidato di estrema destra, pastore di una chiesa evangelica, ma sostenuto da tutto il potente schieramento borghese.
Marcelo Freixo, non a caso, è da anni nel mirino dei sicari della destra estrema e dei servizi segreti. Suo fratello è stato ucciso nel 2006, così come un anno fa è stato ucciso un agente che lo scortava.
La partita contro l’altro contendente dunque in queste settimane sarà dura e non solo per la disparità di mezzi a disposizione.
Ma tutto il mondo progressista appoggia la sua candidatura, compreso il PT di Rio che è rimasto fuori dal ballottaggio. Significativo è l’appoggio di numerosissimi cantanti di musica popolare brasiliana, sia quelli della “vecchia guardia”, come Caetano Veloso e Chico Buarque d Hollanda, sia i nuovi che coniugano il ritmo tradizionale con il rap.
Pubblichiamo qua sotto lo spot di propaganda per il PSOL e per Marcelo Freixo (Freixo 50, perché i partiti sono indicati con il numero di registrazione alla Corte federale).
Sarà così…
Rio de Janeiro avrà
Freixo 50 sindaco
Uh! E’ Freixo! (2 volte)
Ci sarà impegno
Con ciò che vuole una generazione
Sarà con la luce negli occhi
Con molta allegria e mobilitazione
Si dirà la verità
Cambiare questa città è nelle nostre mani
Senza alleanze corrotte
In cambio di un po’ di tempo alla televisione
Sarà così…
Rio de Janeiro avrà
Freixo 50 sindaco
Uh! E’ Freixo! (2 volte)
Ci sarà il ragazzo di strada,
il venditore ambulante,
il senza casa, lo studente, il funk, l’insegnante
Ci sarà la donna e la bidonville
La primavera è già cominciata
Ogni volta che si sceglie si sta da un lato
E il nostro lato è quello del lavoratore
Un’altra città è possibile
Con lotta, speranza, classe e amore.
Sarà così (nelle piazze, nella rete, nella gente)
Che Rio de Janeiro avrà
Freixo 50 sindaco
Uh! E’ Freixo!
– Autori: MC Leonardo, Manu da Cuíca e Bil-Rait Buchecha
– Interpreti: Alfredo Del Penho, Caetano Veloso, Chico Buarque, Cristina Bhering, Elisa Addor, Fernanda Abreu, Geraldo Júnior, Ilessi, Jamaica, Julieta Brandão, Júnior, Leonardo, Luciana Boiteux, Lucio Sanffilippo, Mariana Bernardes, Moska, Nina Rosa, Pedrinho Miranda, Sandra Negretty, Simone Lial, Sombrinha, Teresa Cristina, 3030, Tyaro, Vadinho