Domenica 2 ottobre si sono svolte in Brasile le elezioni municipali. Si trattava ovviamente di definire i sindaci e i consiglieri comunali di tutte le principali metropoli e degli oltre 5000 altri comuni del gigante latinoamericano. Ma è stata anche la prima prova elettorale dopo il golpe istituzionale che ha destituito la presidentessa Dilma Rousseff del PT di Lula, sostituendola con il suo ex vicepresidente Michel Temer del partito di destra PMDB.
Il voto è stato contrassegnato dalla crescente disaffezione popolare alla politica, che gli scandali e le trame di palazzo degli ultimi mesi non hanno fatto che rafforzare; la non partecipazione al voto e perfino il numero di voti bianchi e nulli ha raggiunto livelli senza precedenti nel Brasile degli ultimi decenni, peraltro tradizionalmente caratterizzato da percentuali di partecipazione molto alte.
In realtà gli elettori brasiliani hanno penalizzato entrambi i partiti più direttamente coinvolti nella vicenda dell’impeachment di Dilma. In particolare il Partido dos Trabalhadores ha subito una sconfitta cocente, passando dagli oltre 17 milioni di voti delle precedenti municipali del 2012 a meno di 7 milioni di voti. Ha perso il 60% delle città che amministrava, che sono passate da 644 a 256 (oltre 100 sono state perse perché il sindaco, eletto per il PT, ha poi cambiato partito) e, soprattutto, ha perso la megalopoli di São Paulo raccogliendo solo il 16% dei 6 milioni di voti espressi che, al contrario, sono andati per più della metà (53%) al candidato del partito di destra PSDB. Il sindaco uscente del PT, Fernando Haddad, paga il prezzo di una politica liberista e autoritaria, paga gli sgomberi delle occupazioni e l’aggravarsi della crisi abitativa, il tentativo di aumento delle tariffe dei trasporti pubblici impedito da un enorme movimento di protesta, e raccoglie solo il 16,7% dei voti.
E il conto si aggrava se si tiene conto di quanto è accaduto nella cintura operaia della megalopoli: nel 2012 il PT aveva conquistato tutti i principali centri della regione metropolitana di São Paulo (Santo André, São Bernardo, Diadema, Mauá, Guarulhos e Osasco); oggi li ha persi tutti e a livello nazionale non conquista nessuna città con più di 500.000 abitanti (che nel caso del Brasile significa nessuna grande città). E’ emblematico il caso della sconfitta a São Bernardo do Campo, la città nella quale l’ex presidente Lula ha fatto le sue prime esperienze sindacali e politiche. In numerosissime città il PT è ridotto a risultati attorno al 5%. Tra le grandi città concorre al secondo turno solo nel suo tradizionale feudo di Recife, la capitale del Nordest.
Ma anche il partito storico della borghesia brasiliana, il PMDB, perde importanti città, come Rio de Janeiro, che va al ballottaggio, senza il candidato sindaco uscente, ma con un confronto tra Marcelo Freixo (del PSOL-Partido do SOcialismo e Libertade, che ottiene il 18.26%) e il pastore evangelico della potente e reazionaria “Chiesa Universale”, Crivella (presentato dal partito di destra PRB con il 27,78%). Il candidato del PSOL arriva al ballottaggio (che si svolgerà il 30 ottobre) nonostante sia stato sostanzialmente ignorato dalle televisioni. Il PMDB, partito del presidente Temer, bersaglio di un vasto movimento “Fora Temer”, conquista solo una delle capitali dei 26 stati che compongono la Federazione brasiliana, la piccola città di Boa Vista, capitale del piccolo stato del Roraima nell’estremo Nord del paese.
Il voto premia in particolare due tra i numerosi partiti che si sono presentati alle elezioni.
psolIl PSOL, che capitalizza una buona parte di quello che il PT perde alla sua sinistra, arrivando, come già detto, al ballottaggio a Rio de Janeiro (oltre 15 milioni di abitanti) e a Belém (capitale dello stato del Parà sulla foce del Rio delle Amazzoni). A Rio de Janeiro il PT non presentava un proprio candidato sindaco ma appoggiava la candidata del PCdoB, un partito di origine maoista, Jandira Feghali, che, alla pubblicazione dei risultati definitivi, che la vedevano esclusa dal ballottaggio, dava ai suoi elettori l’indicazione di sostenere il PSOL. Il PSOL, con i suoi oltre 2 milioni di voti, comincia ad apparire un’alternativa di sinistra alla crisi del PT.
joao-doria-jr_400x400Ma viene premiato anche il partito di destra PSDB, che conquista fin dal primo turno São Paulo, con un voto semiplebiscitario nelle periferie, presentando un “uomo nuovo”, l’imprenditore televisivo (guarda un po’) João Doria Jr (nella foto). Milionario (ha dichiarato di possedere un patrimonio di 180 milioni di real), si è presentato come “non politico, ma amministratore”. Il suo programma è quello di “destatizzare la città, alleggerirne la macchina, che è molto pesante e non va”.
Il tracollo elettorale aprirà certamente una discussione nel PT. Già alcuni dirigenti dichiarano che occorre ricostruire “un fronte unitario di sinistra per sconfiggere la politica delle classi dominanti” rimuovendo il fatto che fino a ieri il partito è stato impegnato in un fronte proprio con la borghesia finanziaria, industriale e dell’agrobusiness.
Nel frattempo, comunque, la direzione del PT, nella sua risoluzione di valutazione dei risultati, correttamente, per le città in cui non concorre al ballottaggio, dà indicazione di voto nel secondo turno per i candidati dei partiti di sinistra del PSOL, del PCdoB, della Rede Brasil Atual e del PDT.