Nel corso dell’estate l’MPS aveva attirato l’attenzione sui contenuti del progetto di nuova Legge sugli stipendi sulla quale, già da qualche mese, il governo aveva presentato un nuovo messaggio. Già di per sé, la proposta del governo rappresenta un peggioramento complessivo per la stragrande maggioranza dei dipendenti; ma questa situazione si è palesata in tutta la sua negatività al momento in cui il governo ha presentato le proposte di inserimento delle attuali funzioni nella nuova scala salariale.
Proposte che da alcuni mesi sono oggetto di incontri e “tavoli” tecnici di negoziato con le organizzazioni sindacali. Ma che, fino a questo momento, non pare abbiano sortito cambiamenti importanti rispetto alle prime proposte presentate dal governo.
L’obiettivo del disegno governativo è chiaro. Da un lato si vuole mantenere il più ampio margine di manovra nella politica salariale, rafforzando quello esistente, già assai ampio, in modo da poter, anno dopo anno, decidere senza vincoli o “rigidità”, la politica salariale; dall’altro si vuole avviare una riforma della legge sugli stipendi che, a medio termine, permetterà di diminuire in modo cospicuo i costi del personale.
Intanto la diffusione tra il personale delle proposte governative di nuove classificazioni stanno creando grave scontento all’interno del personale. Questo per tre ragioni.
La prima è strettamente legata alla nuova scala salariale. È evidente che l’allungamento della carriera (dagli attuali 15 scatti) ai 24 previsti per tutti nella nuova classificazione, avrà conseguenze sulla evoluzione delle carriere di buona parte dei dipendenti, in particolare coloro che si trovano grosso modo un po’ più in là della metà della loro carriere sulla base della scala attuale. Costoro infatti non solo si vedrebbero allungata la carriera in modo importante (dai due terzi già effettuati nel sistema attuale si troverebbero ad essere al di sotto della metà degli scatti salariali); ma i futuri scatti salariali sarebbero minori rispetto a quelli previsti dalla nuova scala salariale. E, nella stragrande maggioranza dei casi, qualche aumento salariale previsto a fine carriera non potrà certo compensare questo allungamento.
La seconda è legata al fatto che molte delle classificazioni proposte peggiorano i salari d’entrata di diverse categorie. Ora, tutti capiscono che l’arrivo di nuovi dipendenti con salari inferiori (e di molto, visto che per alcune funzioni i nuovi minimi saranno inferiori di alcune migliaia di franchi all’anno) non potrà che creare di fatto due categorie di lavoratori, con dinamiche molto diverse. Un effetto dumping che sicuramente peggiora la posizione contrattuale di tutti i dipendenti. E questo chiunque lo percepisce in modo chiaro.
La terza riguarda l’assoluta mancanza di trasparenza nei criteri che hanno portato alla classificazione delle diverse funzioni. In un’interrogazione di qualche giorno fa, Matteo Pronzini chiedeva al governo ” di poter disporre di sufficienti informazioni circa le modalità con cui la Sezione delle risorse umane (SRU) del Dipartimento delle finanze e dell’economia (DFE) ha proceduto, su incarico del Consiglio di Stato, alla valutazione analitica delle funzioni dei dipendenti dello Stato al fine di stabilire la gerarchia delle funzioni e l’assegnazione a ciascuna di esse di una classe di stipendio secondo la prospettata nuova scala salariale”. Appare assurdo che vi sia stata una trattativa, durata mesi, senza che nemmeno le organizzazioni sindacali e il personale abbiano potuto disporre di questi elementi, fondamentali per qualsiasi discussione.
In realtà sembra che le cose siano andate, al di là delle presentazioni più o meno “tecniche”, come sono sempre andate: in quei settori nei quali i responsabili si sono impuntati e battuti per i loro collaboratori, le cose sembrano essere ancora accettabili; negli altri settori la situazione è peggiorata radicalmente. Alla faccia dei “moderni” criteri di gestione del personale!
L’MPS chiede che il governo ritiri il progetto e che avvii una consultazione nella quale venga coinvolti tutti i dipendenti del Cantone, sulla base di un’informazione chiara e trasparente sui criteri utilizzati per la classificazione delle funzioni. Evidentemente la discussione dovrà avvenire sulla base di una nuova scala salariale che non allunghi in modo assurdo le carriere e non penalizzi i nuovi dipendenti. Invita i dipendenti e le organizzazioni sindacali a mobilitarsi per una contestazione del progetto di legge e delle proposte di classificazione, non limitata al solo livello istituzionale o esercitata solo nelle segrete stanze dei tavoli negoziali.
Oggi più che mai è necessaria una contestazione che parta dai luoghi di lavoro e che si manifesti con azioni diverse di mobilitazione. In questa prospettiva il movimento sindacale deve abbandonare le esitazioni (e gli errori fin qui commessi, come quello di aver accettato il principio di una scala salariale con 24 scatti) e adottare misure di lotta all’altezza di una partita il cui esito rischia di peggiorare le condizioni di lavoro e di salario di migliaia di dipendenti pubblici per i prossimi decenni.