Dopo la presentazione del messaggio municipale di alcuni mesi fa, ora la discussione sul futuro delle Aziende Industriali di Mendrisio (AIM) entra nel vivo con il dibattito previsto in occasione del prossimo 7 novembre al Consiglio Comunale di Mendrisio.
Un discorso non certo nuovo. Come ricorda lo stesso Municipio nel suo messaggio le più importanti aziende municipali del Ticino sono state trasformate in SA, con l’accordo di tutte le forze politiche presenti in quei comuni (Chiasso, Lugano, Massagno, etc.). L’unica eccezione, come si ricorderà, fu Bellinzona, grazie all’apporto decisivo dell’MPS e dell’allora sezione SEI (Sindacato Edilizia & Industria) di Bellinzona che sconfissero il Municipio per ben due volte in altrettanti referendum popolari. Le AMB non sono diventate una SA e godono di ottima salute, avendo inoltre apportato un importante contributo, in questi anni, alle cassa comunali.
Mendrisio vuole rinnovare con le politiche di privatizzazione. Le motivazioni sono quelle di sempre: la necessità di prepararsi alle liberalizzazione, in particolare a quella che dovrebbe riguardare tutti i clienti (2018) e non solo quelli “grandi” il cui processo di liberalizzazione sarà portato a termine entro il 2017.
Partendo da questa prospettiva il Municipio ritiene che la forma SA sia quella che permetterebbe alle AIM di meglio adattarsi alle evoluzioni del mercato, in particolare “alla negoziazione dei prezzi di acquisto e di vendita dell’energia…a reagire ai mercati per poter mantenere il più a lungo possibile nel proprio portafoglio clienti e la clientela a libero mercato…al consolidamento e gestione in rete di clienti del comprensorio passati a fornitori terzi di energia…alla gestione del profilo di carico per Grandi Clienti in funzione di preparare adeguate offerte di mercato…”.
In realtà queste motivazioni (che possono anche rappresentare problemi alla cui soluzione si dovrà pensare) poco o nulla hanno a che fare con la forma giuridica futura delle AIM. Tutti questi problemi, legati all’efficienza e alla capacità di pianificazione, alla gestione ed al marketing, non hanno un collegamento diretto con la forma giuridica, né con l’assetto proprietario. Basti pensare, ad esempio, che la maggiore azienda elettrica del Cantone, l’AET, non è una SA. Ha sofferto non perché questa struttura non le ha permesso di adattarsi al mercato, ma quando al mercato, alle sue logiche e alle sue mode si è adattata con eccessiva disinvoltura (cfr. investimenti sbagliati…)
Se le ragioni invocate a sostegno del mutamento di forma giuridica sono praticamente inesistenti, più preoccupanti sono invece le ragioni che nel messaggio non vengono evidentemente indicate.
Pensiamo, ad esempio, al fatto che il passaggio ad un forma giuridica come quella della SA apre la via anche a futuri possibili mutamenti dell’assetto proprietario, attraverso la cessione di quote di azionariato (magari giustificata dal fatto che comunque l’ente pubblico manterrebbe la maggioranza: modello Swisscom…).
Un secondo rilevante aspetto che milita contro questo cambiamento di forma giuridica è proprio legato alla forma stessa della SA. La quale, per definizione, è una società che ha come obiettivo la difesa e la crescita del proprio capitale. I suoi amministratori, siano pur essi tutti rappresentanti di un ente pubblico proprietario, non devono e non possono (dal punto di vista giuridico) prendere decisioni che, magari favorendo i cittadini, sfavoriscono la società dal punto di vista economico e finanziario. Non possono, ad esempio, fissare tariffe che, favorendo i cittadini/clienti/proprietari dell’azienda, rappresentassero un danno finanziario ed economico per l’azienda stessa (minori introiti).
Un terzo, pur importante aspetto, è la possibilità che l’azienda possa, attraverso i propri utili, versare dei contributi al Comune. Questo non sarà, evidentemente, più possibile.
Ma, infine, il problema di fondo posto dalla SA va al di là della sua forma giuridica. Con questa trasformazione si entra in una piena logica di mercato. L’ente pubblico affronta questioni attinenti al servizio pubblico (la fornitura di gas e luce è un servizio pubblico) entrando in una logica di mercato. Certo, si possono invocare i mutamenti legislativi: ma questi sono atti politici voluti dagli stessi partiti che oggi dicono che ad essi bisogna adeguarsi.
Chi vuole veramente difendere il servizio pubblico (e l’MPS è certamente tra questi) non può che opporsi con tutti i mezzi a disposizione contro la proposta di trasformare le AIM in società anonima.
Per questo il coordinamento regionale dell’MPS, riunitosi lo scorso 18 ottobre, ha deciso di partecipare al lancio del referendum contro la privatizzazione delle AIM e di svolgere una propria campagna a sostegno di questo referendum.