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aaaaaaaaaaaaleppoLunedì 12 e Martedì 13 dicembre, la milizia controllata dal regime iraniano – I guardiani della Rivoluzone, Hezbollah e milizie proventi dall’Iraq – e le forze speciali della dittatura di Bachar El-Assad, sostenuti direttamente dai bombardamenti dell’aviazione russa, hanno riconquistato, quartiere dopo quartiere, la maggior parte di Aleppo-Est , in particolare grazie ad un fuoco di sbarramento sempre più ampio.

È documentato che dei bombardamenti al fosforo, cioè obici incendiari hanno ucciso civili, bruciati in mezzo alla strada. I giovani ribelli rifiutano di raggiungere le zone controllate dai servizi speciali, dalla polizia e dall’esercito della dittatura. Sui social network esprimo la loro paura di essere imprigionati, torturati e giustiziati. In effetti, diversi rapporti concordanti attestano di tali abusi, ai quali va aggiunto l’arruolamento forzato – documentato da giornalisti che si trovano ad Aleppo Ovest – di giovani fuggiti Aleppo Est dalle brigate pro-regime e inviati in prima linea a combattere le ultime sacche di resistenza nelle mani dei ribelli. Coloro che si rifiutano vengono “affidati” per i servizi speciali del regime, il Mukhabarat, che hanno ucciso circa 40.000 persone dall’inizio del 2011.

Omar Ouahmane corrispondente di France Culture, ha riunito varie testimonianze in onda oggi, 13 Dicembre, durante il telegiornale delle 7. Mondher ha trascorso gli ultimi cinque anni della sua vita a testimoniare prima di tutto della repressione del regime di Bachar el-Assad, poi degli orrori della guerra civile. Per questo giovane padre di famiglia è meglio morire che raggiungere le zone controllate dalle forze governative. Ha affermato: “Non posso andare in zone controllate dal regime. La gente viene torturata e molti sono giustiziati. È questo regime che ha ucciso centinaia di migliaia di persone. Esso non mostrerà alcuna pietà “. Rimanere nei quartieri ribelli di Aleppo, qualunque siano le conseguenze, è anche la scelta fatta da Mohamed per il quale la libertà non ha prezzo:” Perché non vado nella zona controllata dal regime? Perché sarò arrestato. Voglio vivere libero e con dignità. E questo è un crimine per il regime di Bachar. Centinaia di persone risultano scomparse nelle zone controllate dal regime e così sarebbe anche il mio caso. Alcuni sono stati arruolati con la forza nell’esercito del regime. E altri sono in prigione”. L’unico crimine di questi attivisti è quello di aver assistito alle atrocità del regime siriano.

Raphael Pitti – un ex-medico militare francese che ha partecipato, tra l’altro ad Aleppo, alla formazione del personale medico – i praticanti dell’Unione delle associazioni di soccorso medico siriano, sempre a contatto con i membri del personale medico presente in quel che resta della zona dei ribelli – ha confidato – lo scorso 13 dicembre – al giornalista Eric Biegala che le cosiddette forze lealiste “hanno bruciato le famiglie nelle loro case. Hanno giustiziato in maniera sommaria una trentina di bambini nei pressi del cimitero. All’ospedale Al Hayat hanno ucciso tutto il personale così come i pazienti che si trovavano in questo ospedale. La gente è terrorizzata”.

 

I “berretti rossi” di Grozny a Aleppo

Mentre l’aviazione Putin moltiplica i bombardamenti, “alcune unità speciali cecene sono state inviate in Siria per compiere una missione di ‘polizia militare’ e securizzare la base aerea russa nel Hmeimim, nella provincia di Latakia. Decine di soldati in procinto di imbarcarsi su una pista di atterraggio sono apparsi in un video diffuso il 6 dicembre e diffuso Giovedi da un sito web legato al ministero della difesa, e da media russi”, come riferisce Isabelle Mandraud sul quotidiano Le Monde datato 10 dicembre 2016.
L’esperienza di Grozny – una città che è stata distrutta e la cui popolazione “ribelle” è stata repressa con metodi simili a quelli usati in Siria e Aleppo – viene riproposta. Secondo Isabelle Mandraud “La presenza di militari ceceni in Siria è infatti un simbolo, come sembrava suggerire un Tweet dell’ambasciata russa negli Stati Uniti pubblicato nel mese di ottobre. Accompagnato da recenti foto della città di Grozny, devastata dai bombardamenti russi nei primi anni 2000 e poi ricostruita, il messaggio insisteva sul fatto che da allora questa città era diventato ‘pacifica, prospera e moderna’: “Non è questa la soluzione che cerchiamo? John Kerry? Boris Johnson? “, è stato scritto con la parola chiave” Aleppo”.

Aleppo-Est distrutta, i caccia Sukhoi, compresi quelli a bordo della portaerei Admiral Kuznetsov, potranno bombardare la provincia di Idlib, sola via di fuga lasciata alla popolazione di Aleppo per cercare di sfuggire al massacro.

La sinistra esperienza di Grozny si ripete qui: nel 2007 i “campi profughi”, compreso quella di Chernokosovo, servirono a “filtrare i resistenti”, detto altrimenti a torturarli, giustiziarli o liberarli in cambio di somme enormi di danaro. Le pratiche combinate di Mukhabarat e deiu “berretti rossi” ceceni – questi ultimi formalmente sotto il comando di Ramzan Kadyrov – porteranno a nuovi crimini con il pretesto della “lotta al terrorismo”.

La distruzione di Aleppo Est e il martirio inflitto alla sua popolazione hanno come unico obiettivo, in base alla formula attuale dei media, di “riprendere il controllo del cuore economico della Siria”. Per la dittatura di Assad e per le potenze politiche e militari che lo guidano (Iran e Russia), si tratta di infliggere una sconfitta definitiva ad una delle espressioni, fin dal 2012, del potenziale rappresentato dalla “rivoluzione siriana” con le sue strutture locali che si battevano per una lotta, una resistenza e poi una sopravvivenza tra le più difficili, di fronte ad una contro-rivoluzione supportata dal massiccio intervento aereo russo fin dall’inizio dell’ottobre 2015. È quel che ha sottolineato, a modo suo, Brita Hagi Hasan, presidente del consiglio comunale di Aleppo-Est durante le due conferenze tenute a Losanna e Ginevra lo scorso 11 dicembre.