Pubblichiamo qui di seguito un epigramma dal titolo semplicissimo: Fidel, tratto dal bel libro Specchi di Eduardo Galeano (Sperling & Kupfer, 2008).
Fidel
I suoi nemici dicono che è stato un re senza corona e che ha confuso l’unità con l’unanimità.
E in questo i suoi nemici hanno ragione.
I suoi nemici dicono che se Napoleone avesse avuto un giornale come il “Granma”, nessun francese sarebbe stato messo al corrente del disastro di Waterloo.
E in questo i suoi nemici hanno ragione.
I suoi nemici dicono che esercitò il potere parlando molto e ascoltando poco, perché era più abituato agli echi che alle voci.
E in questo i suoi nemici hanno ragione.
Però i suoi nemici non dicono che non fu per posare davanti alla Storia che mise il petto di fronte ai proiettili quando venne l’invasione,
che affrontò gli uragani da uguale a uguale, da uragano a uragano,
che sopravvisse a seicento trentasette attentati,
che la sua contagiosa energia fu decisiva per convertire una colonia in una patria
e che non fu né per la magia di Mandinga né per miracolo divino che quella nuova patria ha potuto sopravvivere a dieci presidenti degli Stati Uniti, che avevano il tovagliolo al collo per mangiarsela con coltello e forchetta.
E i suoi nemici non dicono che Cuba è uno dei pochi paesi che non compete per la Coppa del Mondo dello Zerbino.
E non dicono che questa rivoluzione, cresciuta nel castigo, è quello che è riuscita a essere e non quello che avrebbe voluto essere. Né dicono che in gran parte il muro tra il desiderio e la realtà si fece sempre più alto e più largo grazie al blocco imperiale, che affogò lo sviluppo della democrazia cubana, obbligò la militarizzazione della società e concesse alla burocrazia, che per ogni soluzione ha un problema, gli alibi necessari per giustificarsi e perpetuarsi.
E non dicono che nonostante tutto, nonostante le aggressioni esterne e le arbitrarietà interne, questa isola sofferente ma caparbiamente allegra ha generato la società latino-americana meno ingiusta.
E i suoi nemici non dicono che questa impresa è stata frutto del sacrificio del suo popolo, ma che è stata anche opera dell’ostinata volontà e dell’antiquato senso dell’onore di questo cavaliere che si è sempre battuto per i perdenti, come quel suo famoso collega delle campagne di Castiglia.