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vignetta 2Ma come, ci ha detto qualcuno, voi dell’MPS impegnati a fondo per difendere il diritto di espressione di giornalisti del gruppo Ringier, uno dei più potenti gruppi editoriali della Svizzera? Un’osservazione che, nella sua formulazione paradossale, ci spinge a fare qualche riflessione di fondo.

La prima è che i diritti fondamentali sono e devono essere assoluti. Il diritto di esprimersi, il diritto di scrivere e pensare quello che si vuole, il diritto di fare informazione senza dover tenere conto di condizionamenti economico-politici di alcun genere sono diritti che devono essere difesi in quanto tali. Che oggi ad essere colpiti siano dei giornalisti che lavorano per una testata in parte controllata da un forte gruppo editoriale poco importa: non può e non deve essere un argomento.
La sinistra e quello che una volta veniva chiamato il movimento operaio hanno troppo spesso avuto una concezione dei diritti democratici legata a ragioni di opportunità o a considerazioni pseudo-politiche o pseudo-strategiche. Considerazioni che partivano (e partono) dall’idea che vi siano interessi “superiori” ai quali si possono piegare la difesa dei diritti democratici più elementari. Abbiamo visto (basti pensare ai paesi del cosiddetto “socialismo reale”) come è andata a finire.
Una seconda considerazione è legata al merito dei reati che la Procura intende contestare ai giornalisti de Il Caffè e per i quali gli stessi verranno rinviati a giudizio. Oltre alla scontata accusa di diffamazione vi è quella di “concorrenza sleale”; un’accusa, quest’ultima, assolutamente viziosa , da qualche tempo diventata strumento di raffinate offensive padronali.
Qual è, in breve, il ragionamento sul quale poggia questo tipo di accusa? È l’idea, abbastanza semplice, che il ripetersi di atti pubblici critici (articoli di giornali, campagne di stampa, etc.) incentrati sulle attività di un’azienda (qualsiasi sia il suo ramo di attività) possano indebolire l’immagine di questa azienda e, di conseguenza, la sua capacità di competere sul mercato. E quindi l’accusa, per chi questi articoli ha pubblicato, di falsare la libera concorrenza indebolendo uno dei partecipanti.
Nel caso concreto il gruppo Genolier ritiene che gli articoli che, a più riprese, il Caffè ha dedicato alle note vicende mediche avvenute presso la clinica St.Anna abbiano in qualche modo pregiudicato la propria capacità concorrenziale sul mercato delle prestazioni sanitarie.
Si tratta di un’accusa che, se confermata in giudizio, rappresenta un forte attacco alla possibilità che la stampa (ma anche altri attori: pensiamo al dibattito politico) affronti questioni che abbiano una rilevanza dal punto di vista economico, del mercato, e vadano in qualche modo ad infastidire chi ha un solo obiettivo: il profitto, magari direttamente sulla pelle, come in questo caso, di ignari pazienti.
Il terzo elemento inserisce il tema dei diritti democratici in un contesto più ampio, legato alla crisi delle democrazie liberali. Una crisi che vede coinvolte non solo le istituzioni liberali, che mostrano sempre più la loro natura di classe e la loro incapacità a “rappresentare” i cittadini e le cittadine, i loro bisogni e le loro attese; ma una crisi a partire dalla quale la borghesia ha avviato un’offensiva che rimette in discussione i diritti democratici, potenzialmente pericolosi quando non finalizzati alla gestione istituzionale della lotta politica. È un fenomeno che possiamo constatare ovunque in Europa. Dall’Italia alla Francia, dalla Turchia all’Ungheria. E che avanza anche in Svizzera e tocca ambiti diversi: da quelli dei diritti di espressione (stampa, manifestazione) a quelli dell’attività politica diretta (basti pensare alla costante offensiva nei confronti di diritti democratici elementari quali il diritto di iniziativa e di referendum).
È in questa prospettiva che si inserisce la nostra battaglia a difesa del diritto di espressione. Una battaglia che, nella dinamica del contesto politico attuale, rischia di diventare sempre più decisiva.