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di Matteo Pronzini*

Negli scorsi giorni la stampa ha dato notizia della morte di un’anziana 83 enne lasciata sola (dimenticata) nel suo appartamento di Lugano. Dramma avvenuto lo scorso 1° febbraio 2017. Da quanto si è potuto apprendere l’anziana signora era ricoverata presso l’Ospedale di Castelrotto, anche se non sono note le ragioni del ricovero. In alcuni articoli di stampa si fa riferimento ad una degenza di carattere riabilitativo, in altri a cure transitorie.

Lo scorso 25 gennaio, al termine di questa degenza, l’anziana sarebbe stata riportata al suo domicilio tramite un volontario della Croce Verde. Non è chiaro se, con il volontario, vi fossero anche operatori di Scudo (SACD del Luganese).

Così come non è chiaro se l’anziana abbia avuto contatti diretti con Scudo e quali prestazioni siano state prescritte e da chi. In un’intervista apparsa su La Regione il presidente di Scudo, Sergio Macchi, ha affermato che “avevano ricevuto una documentazione da un ospedale in cui veniva chiesto agli infermieri del servizio di cura a domicilio di occuparsi della donna. La donna era appena stata dimessa dall’ospedale che l’ha dichiarata autosufficiente. Scudo sarebbe stato sollecitato per la misura quotidiana della pressione ritenuta troppo alta dal nosocomio ma il servizio non conosceva le abitudini dell’anziana visitata solo una volta dall’infermiere”.

Il giorno del ritorno a casa, dunque il 26 gennaio 2017, gli operatori di Scudo si sarebbero recati presso il domicilio della signora. Ma qui la situazione inizia ad ingarbugliarsi e ci si trova confrontati con almeno 3 versione dei fatti:

a) l’anziana non avrebbe risposto al citofono;

b) l’anziana, al citofono, avrebbe risposto di non aver bisogno di nulla e non avrebbe aperto la porta;

c) l’anziana avrebbe risposto al citofono “arrivo” ma non avrebbe mai aperto la porta.

A tutto ciò si aggiunge l’affermazione del direttore amministrativo di Scudo, Enrico Conte: “la signora in questione rifiutava i nostro intervento e non ha firmato le condizioni quadro”.

Sembrerebbe che, a seguito del mancato contatto con l’anziana, Scudo abbia deciso di contattare il medico curante il quale avrebbe rimandato il tutto a lunedì i 30 gennaio 2017.

Nei giorni successivi gli operatori di Scudo sarebbero ritornati al domicilio dell’anziana senza però ricevere nessuna risposta. Come affermato dal direttore amministrativo Enrico Conte Scudo non ha applicato il protocollo interno. Protocollo che prevede di allertare i parenti ed eventualmente la polizia. Polizia avvertita invece da una vicina, accortasi della situazione. Una volta sfasciata la porta si è trovata l’anziana riversa sul pavimento in condizioni drammatiche.

Dal canto suo il medico cantonale, intervistato da La Regione non ha trovato di meglio che affermare che le procedure ed i protocolli funzionano al 99.9% dei casi. Come sua consuetudine non si è attivato per istituire un’inchiesta, ma ha atteso candidamente che Scudo (parte in causa) inviasse una semplice cronologia degli eventi senza i verbali delle persone sentite sui fatti: “Abbiamo ricevuto il rapporto di Scudo che non è proprio l’esito di un’indagine interna quanto piuttosto il resoconto della cronologia degli eventi senza i verbali delle persone sentite sui fatti. ”

Insomma, ancora una volta, l’autorità predisposta al controllo delle qualità delle cure in ambito sanitario viene meno al suo compito, dimostrando superficialità, negligenza e poca voglia di fare.

Alla luce di queste considerazioni chiedo al CdS:

1. Chi e per quale motivo aveva deciso il ricovero dell’anziana a Castelrotto?

2. L’ospedale di Castelrotto e Scudo hanno fatto in modo che l’anziana potesse prendere conoscere l’operatore che avrebbe dovuto occuparsi di lei al rientro a domicilio?

a. Scudo ha partecipato alla fase di rientro dell’anziana al proprio domicilio? Se no, per quale ragione?

3. Quali erano i compiti assegnati a Scudo in relazione all’anziana?

4. Esistono dei protocolli, emanati dall’autorità cantonale, relativi alla presa a carico da parte dei SACD di pazienti provenienti da strutture acute/stazionarie?

a. Se sì, nel caso in oggetto questi protocolli sono stati rispettati?

b. Se no, perché non vi sono questi protocolli?

5. Esistono protocolli, emanati dall’autorità cantonale, sulle misure da intraprendere nel caso in cui delle persone anziani sole e appena rientrate da strutture acute/ stazionarie non rispondano agli operatori, rispettivamente non aprano la porta?

a. Se sì, nel caso in questione questi protocolli sono stati rispettati? Se no, per quale motivo non sono stati rispettati?

b. Se no, perché non esistono tali protocolli?

6. Corrisponde al vero che il medico curante è stato informato il giovedì 26 gennaio?

a. Se sì, corrisponde al vero che lo stesso abbia rimandato il tutto a dopo il fine settimana?

7. Scudo ha provveduto a contattare ed informare l’Ospedale dove l’anziana era stata degente che il contatto con la stessa non era stato possibile?

8. Perché il Medico cantonale non ha ancora aperto un’inchiesta amministrativa su questo grave caso?

9. Il Medico cantonale ha segnalato il caso, come prescrive la Legge sanitaria, alla Commissione di Vigilanza ed al Ministero Pubblico?

10. Se no, perché non è stato fatto?

11. Sa il Consiglio di Stato se SCUDO ed il medico curante hanno proceduto, come prevede la Legge sanitaria, a segnalare il caso al Ministero pubblico?

12. Ritiene il Consiglio di Stato che nel caso in questione l’anziana ha potuto beneficiare, come previsto dall’articolo 5 della Legge sanitaria, a prestazioni scientificamente adeguate all’esigenza di cura nel rispetto dei principi della libertà, dignità e integrità della persona umana?

*Interrogazione al Consiglio di Stato del deputato MPS Matteo Pronzini del 14 febbraio 2017.