a cura della redazione
Uno degli argomenti dei sostenitori della riforma della previdenza vecchiaia 2020 (PV2020) è che, grazie a questo “compromesso”, per la prima volta da molti anni le rendite AVS saranno aumentate (i famosi – quasi renziani – 70 franchi al mese, 840 all’anno). Ma per fare questo sono costretti ad ammettere cose inammissibili e a “dimenticarne” molte altre. Omissioni che sfiorano la bugia.
Cominciamo con l’ammissione più grave e sorprendente. E cioè quella della “necessità” di questa riforma, pena una sorta di rischio “sistemico” per il nostro sistema pensionistico; una “necessità” fondata, ancora una volta, su scenari apocalittici di invecchiamento della popolazione, di pensionati che superano i contribuenti, di “buchi” miliardari nei fondi destinati alle pensioni.
Si tratta di quella che Silvano Toppi ha qualificato di “strategia del terrore”, basata sullo “spettro del fallimento”. È stato così 20 anni fa quando gli specialisti (si fa per dire) della Confederazione avevano pronosticato per i nostri giorni un buco di una quindicina di miliardi. Ora, nella prospettiva 2030, si fanno ballare i miliardi per giustificare questa riforma. Naturalmente nessuna autocritica sulle previsioni errate: e per forza, visto che alcuni degli elementi che hanno contribuito a smentire quei pronostici sono ancora in atto (e smentiranno quelli attuali).
Sorprende che ad accettare simili prospettive siano anche coloro che, ancora pochi mesi fa e nell’ambito del sostegno all’iniziativa AVSplus (le direzioni dell’USS e del PSS) scrivevano: “Malgrado il catastrofismo di molti, l’AVS poggia su basi solide e le sue finanze sono sane. Gli scenari catastrofici che già anni fa prevedevano enormi deficit si sono rilevati infondati e puramente allarmistici. L’assicurazione sociale più importante della Svizzera è nelle cifre nere e questo sebbene il numero di pensionate/i si sia più che decuplicato da quando è stata creata. L’allungamento dell’aspettativa di vita e la diminuzione delle nascite (il cosiddetto invecchiamento demografico) non l’hanno per niente messa in pericolo”.
Non vi sono quindi ragioni per temere terribili conseguenze dal “fallimento” della riforma se il NO dovesse imporsi.
Vi sono poi le omissioni.
La prima è dimenticarsi che la riforma non apporta nulla alle persone attualmente già in pensione (e sono circa 2,3 milioni). Infatti la “compensazione” di 70 franchi mensili è prevista solo per le nuove rendite. Questo aspetto è forse uno dei più problematici poiché significa che per molti anni avremo due distinte categorie di pensionati, con diritti e rendite diverse. E tutti noi sappiamo che la divisione dei salariati in molte categorie (e i pensionati non sono altro che salariati che beneficiano di un salario differito) è uno degli elementi della dominazione padronale.
La seconda è di glissare (concedendo qualche espressione colorita come “pillola amara” “rospo da ingoiare”, etc.) sull’aumento dell’età di pensionamento per le donne da 64 a 65 anni. Un sconfitta storica, si può affermare senza esagerazione, perché rappresenterebbe la fase conclusiva di quel processo di peggioramento iniziato da qualche anno con l’aumento da 62 a 64 anni. La “parità” sarebbe così raggiunta in un contesto occupazionale sempre più difficile per uomini e donne, in un contesto in cui le differenze salariali, formative, di carriera non accennano a diminuire, in un contesto in cui il lavoro di cura – da sempre a carico delle donne – tende anche ad aumentare: ebbene, in questo contesto si chiede alle donne di lavorare un anno in più!
La terza è la chiusura totale degli occhi su quel secondo pilastro che, dopo ormai più di quarant’anni dalla sua messa in funzione, ha dimostrato il suo fallimento storico rispetto all’obiettivo di un sistema pensionistico: offrire ai salariati pensioni sicure e cospicue.
Il secondo pilastro, ormai acquisito definitivamente alla capitalizzazione e al primato dei contributi, continua ad essere una straordinaria macchina di raccolta fondi. E sempre meno diventa tangibile il rapporto tra quanto i lavoratori sono chiamati a versare e quanto un giorno potranno godere sotto forma di pensione. Non solo questo rapporto diventa sempre meno conveniente (per l’evoluzione sia dei tassi di interesse che del tasso di conversione), ma per un sistema che non riesce più a remunerare il capitale pensionistico.
Queste, e numerose altre, sono le ragioni per le quali la battaglia contro la previdenza vecchiaia 2020 deve essere combattuta con grande determinazione.