di Diego Giachetti
Anche l’Europa sta costruendo e fortificando i suoi confini attorno e oltre il mar Mediterraneo per fermare le migrazioni. Per ragioni di conformazione geografica sono muri diversi da quello che Trump vuole portare a termine lungo il confine col Messico, concludendo lavori già effettuati da precedenti amministrazioni governative.
I “muri” che l’Europa sta erigendo sono un insieme di norme giuridiche e pratiche, al limite e oltre i diritti umani, che prevedono il rafforzamento dei controlli lungo le coste anche attraverso l’utilizzo di navi da guerra, la costruzione di campi profughi fuori dall’Europa, l’aiuto finanziario e militare fornito agli stati arabi per il controllo dei loro confini per da impedirne l’attraversamento da parte dei profughi. Sono barriere volute dalla commissione europea, che scarica sull’Italia e la Grecia il compito di mettere al sicuro gli altri paesi dell’Unione dal flusso di un’umanità che fugge da guerre e miseria. Invece di porre la questione al centro dei rapporti con il resto dell’Unione, il governo italiano la usa per accreditarsi qualche punto di deficit in più sul bilancio.
Recentemente il governo italiano ha approvato una serie di decreti volti a istituire nuovi centri di identificazione ed espulsione e estendere la durata massima di permanenza in essi: dagli attuali 90 giorni a 135. Allo scopo di velocizzare i tempi per il riconoscimento del diritto di asilo, verrà tolto un grado di giudizio, cioè la possibilità di far ricorso da parte di chi ha visto la propria istanza rigettata in primo grado. In compenso, i richiedenti asilo potranno, in attesa della sentenza, lavorare gratis, “in favore delle collettività locali”. Inoltre, appena respinta la domanda di asilo, il richiedente perderà ogni diritto all’accoglienza, per permettere alle strutture di avere gli spazi sufficienti per i nuovi arrivati. In realtà, così facendo verranno costrette alla clandestinità migliaia di persone.
Recentemente è stato siglato un accordo con tre tribù insediate nel sud della Libia che si assumono il compito di controllare i 5.000 chilometri di frontiera che toccano l’Algeria, il Ciad, il Niger a il Sudan. L’Italia interverrà con mezzi e risorse per la formazione del personale. Sarà operativa una guardia di frontiera libica per sorvegliare i confini a sud del Paese, cioè “sigillarli”, come ha detto il ministro Minniti, chiudendo i passaggi da quella linea di confine. Lungo la costa libica sarà potenziata la guardia costiera locale, addestrata dalle nostre forze armate e dotate, dal 30 aprile, di dieci motovedette fornite dall’Italia.
Attualmente gli stranieri in Italia sono 5.026.153 di cui 4 milioni circa provengono da paesi non comunitari. Gli immigrati regolari, con permesso do soggiorno, sono l’8,3% della popolazione, in Francia il 6,6% in Germania il 9,3%. 500 mila invece lavorano senza una regolare posizione contrattuale e retributiva. Quali le caratteristiche di questa forza-lavoro? E come si pongono sul mercato del lavoro? Se regolari e forniti di contratto di lavoro sono al pari dei lavoratori italiani, non si pongono in concorrenza, né spingono al ribasso i salari. Per la loro condizioni di immigrati però i regolari evidenziano alcune caratteristiche che li rendono più appetibili allo sfruttamento. I dati statistici rivelano che tra gli immigrati, dopo due anni di lavoro solo il 45% erano ancora impiegato nella stessa impresa, e dopo cinque più di un lavoratore su tre aveva cambiato provincia. E’ una manodopera più debole contrattualmente, più disposta alla flessibilità e al “nomadismo” lavorativo e geografico di quella italiana. Sono assunti per mansioni di bassa qualifica e, mentre in generale i posti di lavoro sono calati nell’industria, nell’edilizia, nel commercio, gli occupati stranieri sono aumentati nei servizi alle famiglie e nella ristorazione.