a cura della redazione
L’espropriazione di un diritto democratico fondamentale
• Un sistema pensionistico dovrebbe essere il più semplice e prevedibile possibile, dunque controllabile da una larga maggioranza della popolazione.
In Svizzera è denominato “sistema dei tre pilastri”: AVS-AI; 2° pilastro (casse pensioni); il 3° pilastro, vale a dire il risparmio privato (3a) è facoltativo. Ammesso che si rieca ad averlo!
In maniera deliberata, questo sistema è stato costruito come un labirinto, come un groviglio.
Conseguenza: un rapporto sociale e politico ineguale e ingiusto è stato stabilito tra la maggioranza della popolazione e degli “esperti”. Questi ultimi sono quasi tutti al servizio della finanza, delle assicurazioni o di gruppi specializzati. Un dedalo di leggi e regolamenti è stato fabbricato in favore di quelli che detengono il vero potere politico-economico, spalleggiati dai loro rappresentanti politici.
• Da più di trent’anni, questi “esperti” alimentano paure sulle pensioni a colpi di dichiarazioni ingannevoli ma presentate come evidenti; di articoli che sembrano slogan pubblicitari del tipo “perdere 15 kg in 3 giorni”; di cartelloni pubblicitari grandi come le balle che sparano.
Non stupisce che alcune formulazioni tornano in maniera ricorrente quando si discute del tema: “Non ci si capisce praticamente nulla!”,”Non sappiamo quanto riceveremo quando andremo in pensione”, “Bisognerebbe essere uno specialista per capirci qualcosa”.
• Il Movimento popolare delle famiglie (MPF) faceva infatti notare come “In Svizzera, la protezione sociale è fatta di reti che si intersecano, si sovrappongono, si completano, e dove non è facile, per i semplici utenti, conoscere i propri diritti, doveri e i numerosi sportelli a loro disposizione”.
Infatti, il cosiddetto sistema della “sicurezza sociale” è stato costruito in modo da produrre una sorta di insicurezza.
Colmo dei colmi, l’architetto – la destra – di questo sistema osa poi pretendere che esso “uccide la responsabilità individuale”.
E, come per caso, che si presenta per aiutarci a trovare la via in questo labirinto? Credit Suisse, Swiss Life o VZ (VermögensZentrum), con i loro “calcolatori previdenziali”!
Questo concetto “personalizzato” implica di limitare lo statuto incondizionato e universale dell’avente diritto a una pensione dignitosa. La persona che non dispone di risorse materiali sufficienti per garantire la propria “indipendenza” – di fatto una piccola minoranza- è rinviata alla propria “responsabilità individuale”. Il “calcolatore previdenziale” gli rivelerà se la sua traiettoria professionale individuale glipermetteràs di accedere a prestazioni che corrisponderanno ai suoi bisogni.
In mancanza di ciò, la rete dell’assistenza lo recupererà come qualcuno privo di reali diritti. Ecco l’imbroglio che viene lodato.
Ritroviamo qui la paura stimolata dagli ideologi e vincitori di questa truffa. Dunque attraverso questo sistema che induce in molti “la paura per la proria vecchiaia”. La stampa non lesina sui titoli: “Gli Svizzeri si precipitano sul terzo pilastro”, oppure “Terzo pilastro, salvagente delle nostre pensioni” (Tribune de Genève e 24 Heures, 22-23 aprile 2017). Eppure, tra le 87’000 persone che hanno ricevuto l’AVS per la prima volta nel 2015, 68’000 disponevano di un conto risparmio. L’ammontare: fr. 60’000 in media. La linea mediana si trova a 45’000 franchi. Siamo lontani dall’indipendenza. Solo il 10% dei contribuenti può “versare” il massimo – 6’768 franchi nel 2017- per il 3° pilastro (previdenza vincolata), se già è affiliatio a una cassa pensione.
Questo prova che le decine di miliardi gestite dai Swiss Life and Co sono “risparmiati” dai redditi elevati, tra l’atro per pagare meno imposte (3° pilastro 3a). Quanto a Swiss Life, non si vergogna di aumentare gli affitti del suo parco immobiliare invocando, ad esempio e con tono deciso, “una ristrutturazione”.
Alain Berset è messo in un angolo: “sorpreso” da chi?
• La preparazione dell’attuale legge “Previdenza vecchiaia 2020” (PV2020) dura da più di dieci anni. Eppure, il consigliere federale Alain Berset, in carica dal 2011, ha dovuto ammettere la sua “sorpresa” (sic) di fronte al rifiuto di una maggioranza del Consiglio degli Stati (24 voti contro 15) di fornire a lui, e a delle casse pensioni, dati attuariali in maniera “il più trasparente e chiaro possibile”. Ebbene, dice lui: “è un dato (calcolato sulla speranza di vita) per la fissazione di un “tasso di conversione minimo adeguato”.
Si tratta di un tasso percentuale applicato al capitale di vecchiaia accumulato nel 2° pilastro, che permette di calcolare l’ammontare annuale di una rendita di vecchiaia ed è molto importante per i futuri pensionati.
Alain Berset spiega: “Queste basi tecniche esistono… sono accessibili unicamente attraverso il pagamento di licenze… Bisogna sborsare tra i 6’000 e i 20’000 franchi. È probabilmente abbastanza lucrativo sviluppare queste tabelle su base privata (sic)… Ebbene sono gli assicurati e le imprese (la parte detta padronale del contributo alla cassa pensione) che devono pagare per acquistare queste tabelle.”
Risultato: l’opacità continua Il responsabile formale del dossier “PV2020”, un consigliere federale, è rispedito nell’angolo dagli assicuratori e altri “uffici specializzati”. Ecco una confessione “federale” di un rifiuto concreto di democrazia sociale. Il termine alla moda “esigenza di trasparenza” serve il più delle volte a camuffare la realtà delle pratiche del sistema in vigore.
• Ammettiamo ora che un Alain Berset, i suoi consiglieri e l’Ufficio federale della statistica (OFS) ottengano gratuitamente questi “dati tecnici”. Sicuramente dovrebbero mantenere il segreto professionale sul modo con il quale sono stati costruiti. La “sfera privata” – e lucrativa- degli assicuratori e altri fabbricanti di “basi tecniche” è garantita. Questo a differenza di quella degli assicurati presso le diverse “assicurazioni sociali”.
Come adattarsi a un possibile vento contrario
• Dal 2008-2009, un settore del padronato prende atto della la diffidenza crescente dei salariati nei confronti del 2° pilastro (LPP). Una testimonianza: “la diffidenza del pubblico nei confronti del 2° pilastro dipende molto dalla tendenza a cercare delle soluzioni che spingono verso l’individualizzazione e il trasferimento di rischio sugli assicurati.” (Sébastien Cottreau, Mensile Patrons, N°, 2017, p. 10).
• Il risultato positivo della votazione di settembre 2016 su AVSplus (40,6% di sì a livello nazionale; accettata in 5 cantoni; Basilea-Città 49.1%,Basilea-Campagna 42.2%,…) ha iniziato a modificare il contesto. Il clima di diffidenza o dubbio sul 2° pilastro degli assicuratori si è accentuato. Del resto, un centro padronale, con tutte le riserve del caso, così definisce la sua posizione di fronte a “PV 2020”: “Abbiamo un’occasione di fare almeno un piccolo passo in avanti grazie a una configurazione vantaggiosa: la riforma è sostenuta da una maggioranza della sinistra, che la considera come una sua vittoria (sic). Un successo popolare, anche se non garantito, sembra possibile. Bisogna quindi cogliere questa occasione di “innescare” gli aspetti positivi di questa riforma, che avrebbero sicuramente meno possibilità di essere accettati se fossero integrati in una riforma ipoteticamente più rigorosa. Una conclusione di impone: “Previdenza 2020″ merita di essere sostenuta in vista dello scrutinio di quest’autunno.” (Pierre-Gabriel Bieri, redattore responsabile de Centro padronale, Losanna, Servizio d’informazione, 29 marzo 2017).
• Due questioni sono evidenti:
1° La legge “PV 2020”, nel suo insieme, rappresenta un “piccolo passo in avanti” reale per i salariati? 2° Il Centro padronale del canton Vaud sarebbe forse diventato, di recente, un “centro sindacale” di difesa dei “diritti democratici” dei lavoratori e delle lavoratrici?
Porre la domanda equivale a dare la risposta. Si impone quindi un impegno per il referendum contro “PV 2020”. Questo approccio raggiunge – al di là delle divergenze tattiche- quello del professor René Knüsel (Università di Losanna): “La soluzione passa da più solidarietà (dunque più AVS) per evitare che la povertà non guadagni ancora terreno tra le persone anziane. La capitalizzazione individuale (2° pilastro) dalle fragili fondazioni deve invece diminuire.” (24 heures, 21 marzo 2017).
L’immagine deformata di un rapporto di forza… confinato sotto la Cupola federale
• Per mesi, i media hanno presentato alla popolazione questo quadro: una battaglia di titani sarebbe in corso tra un “campo progressista” – il Consiglio degli Stati, “la camera alta” – e un “campo reazionario”: il Consiglio nazionale, la “camera del popolo”.
Una lotta su cosa? Sulla legge “Previdenza 2020”. Essa deve “assicurare la stabilità finanziaria” e dovrebbe migliorare la situazione dei futuri pensionati. Si tratta quindi di un tema centrale per la maggioranza della popolazione.
Il presidente dell’Unione sindacale svizzera (USS), Paul Rechsteiner, rappresentante di San Gallo alla “camera alta”, ha pilotato l’operazione legislativa PV 2020 con il suo compagno di partito Alain Berset. Il secondo rappresentante dell’USS, Aldo Ferrari, per la precisione, affermava nella sua difesa dell’iniziativa AVSplus: si tratta di “pilotare una petroliera da 660 miliardi”. Da allora la stazza è aumentata. Supera gli 800 miliardi di franchi accumulati. Il PIL (Prodotto Interno Lordo) elvetico – vale a dire “la ricchezza” prodotta in un anno”- era di circa 646 miliardi nel 2015.
Quindi, l’oggetto della riforma (PV 2020) è enorme per le persone attive e i pensionati. Lo è anche per gli assicuratori e i mandatari. Non sono dei capitani di pedalò. Anche se Aldo Ferrari li descrive come degli adepti “della tecnica di navigazione di uno zodiac” (RTS, 3 settembre 2010).
• Dopo i risultati ottenuti in occasione del voto sull’iniziativa AVSplus e la vittoria contro la Riforma delle imposte delle imprese (RII-3), il 12 febbraio 2017, il presidente del PSS, Christian Levrat, annunciava: “La destra ha intrapreso un processo di lutto per diniego.” “I vincitori sono galvanizzati, allorché il campo borghese si piega”. Leggera esagerazione, forse.
Eppure quel voto aveva dato un segnale sociale: due terzi delle economie domestiche che guadagnano tra i 3’000 e i 9’000 franchi al mese avevano rifiutato la RII-3 (24 heures, 14 febbraio 2017). Il Blick del 13 febbraio parlava di “rivolta contro le elites”.
Inoltre – e soprattutto – era stata fatta la dimostrazione che era possibile non lasciarsi imprigionare nella trappola del solo calcolo dei voti all’interno della cupola federale. Un teatro di ombre cinesi esaltato per settimane dai media.
Nella memoria esisteva l’esperienza vissuta da ampi settori sociali degli effetti della RII-2 (2008): combinazione di meno imposte e freno all’indebitamento che ha condotto a una riduzione permanente delle spese e del servizio pubblico. Di fronte, dei profitti e dei dividendi che prendono l’ascensore e l’arroganza della destra. Una beffa organizzata dall’ex-consigliere federale Hans-Rudolf Merz (2004-2010).
Le scintille di una campagna di mobilitazione, caduta all’esterno del Parlamento, hanno provocato qualche incendio, imprevisto dai frequentatori della “sala”, mai nome è stato più adeguato, dei “passi perduti” di Palazzo federale.
Un attracco mancato
Il 17 marzo 2017, la petroliera accosta, battendo bandiera del Consiglio nazionale con 101 parlamentari contro 92 e 4 astenuti. Il suo simbolo: “PV 2020”, una sorta di verbale. Page de gauche (n° 163), pubblicazione legata al PS, riassume il disagio: “Bisogna dirlo chiaramente (sic), PV2020 è un compromesso ultra-minimo.” È un po’ come il detersivo che lava più bianco del bianco. Dal PS di Ginevra a quello del Giura il “compromesso” è giudicato al di sotto del minimo.
• Esaminiamo due punti. 1° Il passaggio per le donne dell’età di pensionamento da 64 a 65 anni. 2° Il colossale trasferimento di ricchezze a favore del capitale e a discapito del lavoro, in relazione alle cosiddette “risorse mancanti” per il finanziamento dell’AVS.
Dai 64 ai 65 anni: un’altra disuguaglianza!
• Il 23 marzo 2017, la responsabile dell’USS, Doris Bianchi, mette le carte in tavola: “Tenuto conto della discriminazione salariale ancora predominante, della ripartizione dei compiti di cura e domestici e della situazione difficile delle lavoratrici anziane in materia di impiego, questo spostamento dell’età di pensionamento a 65 anni (che verrà fatto a tappe di tre mesi su quattro anni, fino al 2021). Costituisce un passo indietro nella protezione delle donne.” Tuttavia si schiera a difesa della legge PV2020!
Ufficialmente, nel settore privato, le donne guadagnano in media il 19,5% di meno degli uomini; nel settore pubblico il16,6%. Le donne sono sempre più confinate, in maggioranza, nei settori a basso salario e faticosi; il tempo parziale forzato è la regola. Le diminuzioni salariali, come nella vendita, sono combinate con compiti sempre più variegati (“polivalenti”). Stress e precariato si aggravano.
• L’insieme di queste discriminazioni si traduce nel versamento di rendite del 2° pilastro (quando le donne ne dispongono!): “Le rendite della previdenza professionale versate per la prima volta nel 2015 hanno raggiunto i 3’278 franchi al mese in media per gli uomini contro 1’839 franchi per le donne. L’ammontare medio dei versamenti in capitale ha raggiunto i 210’000 franchi per i primi e i 93’000 per le seconde. Le differenze importante tra sessi si spiegano in gran parte con le differenze nei percorsi professionali tra uomini e donne (interruzione dell’attività professionale o lavoro a tempo parziale per le donne per delle ragioni familiari) (…). Le rendite di vecchiaia AVS (1° pilastro) raggiungono invece dei montanti relativamente omogenei secondo i sessi e i gruppi di età.” (UFS, 24 marzo 2017)
• Una delegata al Congresso di UNIA ha riassunto in due frasi l’inaccettabile: “Un anno di vita rovinato, non si negozia! Un anno in più a pulire degli uffici mattino e sera, a imballare pollame al freddo, a sollevare persone anziane, non si negozia!” (L’Evénement syndical, 22 marzo 2017). In altre parole, nella situazione attuale, un diritto in quanto tale – che risponde a un bisogno sociale – non si negozia, si rispetta. Il “plafone di vetro” non si situa per tutti alla stessa altezza.
Le Islandesi mostrano la via
• Dopo il 17 marzo, UNIA lancia subito la parola d’ordine: “Stesso salario. Subito!”. Deve gestire un malessere…
Ebbene, sull’uguaglianza salariale, vi è un esempio in via di realizzazione! Quello imposto dalle Islandesi. Il New York Times, del 30 marzo 2017, consacra loro un articolo dal titolo: “Salario uguale. Dimostratelo!”, voi, datori di lavoro.
Il 25 ottobre 2016, decine di migliaia di Islandesi hanno interrotto il lavoro alle 14 e 38. Si concretizzava così la diseguaglianza salariale. I sindacati e le associazioni femministe dimostravano che le donne non erano più pagate a partire da quest’ora.
La legge annunciata non permette nessuna discriminazione di sesso, etnia, orientamento sessuale e nazionalità. Le imprese con più di 25 salariati devono dimostrare – in occasione di un audit al momento della dichiarazione fiscale- l’applicazione stretta dell’uguaglianza salariale. Un rapporto sarà stabilito ogni tre anni. Scadenza 2020-2022 (The Independent, 8 marzo 2017). È una lotta e un cammino da seguire.
“L’AVS riceve solo le briciole”
• La parola d’ordine di PV 2020: 70 franchi di AVS in più per i futuri pensionati. Questo dovrebbe compensare i futuri pensionati. Dovrebbe compensare l’abbassamento del tasso di conversione da 6.8% a 6%; una diminuzione rifiutata da più del 72% dei votanti nel 2010!
Diamo un’occhiata adun altro genere di compensazioni: il volume crescente dei dividendi, vale a dire della parte dei benefici attribuiti agli azionisti. Le 20 società faro dello SMI (Swiss Market Index) hanno distribuito: 25 miliardi nel 2009; 27,4 nel 2010; 28,4 nel 2011; 31,5 nel 2012; 35,2 nel 2013; 35,7 nel 2014; 37,4 nel 2015; 38,5-39 nel 2016 (fonte Finanz und Wirtschaft). La Banca cantonale di Zugo stima a più di 50 miliardi i dividendi delle società quotate in borsa nel 2016 (FuW, 23 febbraio 2017). Un aumento continuo da paragonare a quello dei salari! Allorché i pensionati di ieri e quelli di oggi sono i creatori di questa ricchezza.
Tra le star di queste classifiche, Zurigo Insurance e Basilese occupano il 1° e il 4° posto nel periodo 2007-2016 (FuW, 19 aprile 2017).
• A seguito della RII-2 (2008), la corsa verso i dividendi si è accentuata. Andreas Dummermuth – presidente della conferenza delle Casse di compensazione AVS cantonali e direttore di quella di Svitto – parla di “fuga della solidarietà”. Tra il 2007 e il 2011, nel piccolo cantone di Svitto 3.7 miliardi di franchi sono partiti in dividendi. Chiunque, creando una società per azioni, può attribuirsi un salario “ridicolmente basso” –evitando così di pagare una parte dei contributi AVS – e per contro “attribuirsi dei dividendi molto alti” (Tages-Anzeiger, 7 aprile 2017). Artifici del genere si creano nel settore della salute o dei servizi. La conclusione di A. Dummermuth: “L’AVS non riceve che le briciole.” E il deficit dell’AVS è invocato per giustificare un compromesso (ultra-minimo?) battezzato “PV2020”.
Sottoporre la massa di dividendi a contribuzione AVS è una rivendicazione giusta e comprensibile. A modo suo, Andreas Dummermuth conferma la validità di questa rivendicazione.
Il referendum si impone. Deve indicare un’altra via e rispondere alle inquietudini e i bisogni di ampi settori della popolazione.
I TRE PILASTRI
L’Assicurazione vecchiaia e superstiti riunisce due principi: 1° tutta la popolazione è assicurata (universalità): 2° la solidarietà. Vale a dire: a) l’obbligo di contribuire su tutti i redditi, anche sui bonus dei grandi manager; b) per contro, l’ammontare delle rendite ha un tetto di 3’525 franchi per una coppia e di 2’350 per una persona sola.
È un sistema a “ripartizione”: le spese di un periodo (le rendite versate) sono coperte dalle entrate (contributi) dello stesso periodo.
L’AVS è alimentata da: i contributi degli assicurati e dei datori di lavoro (di fatto una frazione del salario); i contributi della Confederazione e dei cantoni (dal 1974, la destra tenta continuamente di ridurli); il rendimento netto della Fondo di compensazione: circa 45 miliardi (CHSS, n° 1, 2017, per l’anno 2014).
Tutte le risorse sono versate al Fondo di compensazione che paga le spese: soprattutto le rendite versate. Questo fondo deve coprire le spese annuali.
Da anni le dichiarazioni “allarmanti” sul “deficit dell’AVS” concernono il tasso di copertura di questo fondo. I poteri pubblici hanno abbassato i loro contributi dal 25% al 20% dal 1973-1975 (8a revisione) al 1979-1980 (9a revisione). È praticamente restato lo stesso a questi livelli tra il 1975 e il 1987: si sarebbero quindi potuti versare 9 miliardi di contributi supplementari senza la modifica di questa percentuale (P. Gilliand e P. Mahon, Rivista dell’USS, 1988).
Evidentemente, ci sono dei problemi demografici e di risorse, ma possono essere risolti con un ampliamento delle risorse (tassare i dividendi, apporti pubblici supplementari,…) e un aumento dei contributi.
Il paragone tra il tasso stabile dei contributi AVS (8.4%) e quello medio (18%) – su una strada tutta in salita- per il 2° pilastro mostra l’efficacia della solidarietà intergenerazionale. Una nuova riforma – e non una controriforma – è necessaria e possibile. Più di 200’000 pensionati devono far capo alle prestazioni complementari. Il progetto di revisione della LPC li attacca.
L’iniziativa AVSplus dell’USS e del PSS indicava una via. Per tutti i pensionati attuali e futuri, proponeva: +200 franchi al mese per le persone che vivono sole e +350 franchi per le coppie.