di Marco Beccari
Il governo italiano ha intenzione di procedere con la privatizzazione scorporando i rami più redditizi. Il piano aziendale prevede: investimenti nell’alta velocità, acquisizione di gran parte del trasporto pubblico locale e della rete stradale con l’inglobamento dell’ANAS. Il gruppo FS, sempre più monopolista, oltre a centralizzare il capitale impiegato nel trasporto pubblico in Italia, lo esporta all’estero attraverso alleanze, fusioni e acquisizioni in tutta Europa.
La progressiva privatizzazione delle Ferrovie dello Stato (FS) non è un fatto recente, ha inizio nel 1975 con la decisione CEE n. 327 [1], la successiva trasformazione in Ente nel 1985 e in Società per Azioni (SpA) nel 1992. FS è un’azienda con un proprio bilancio, con propri utili e non più vincolata a perseguire l’interesse pubblico, nonostante sia controllata al 100% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), e quindi dallo Stato. È avvenuta una progressiva divisione dell’azienda in diverse società con una conseguente riduzione dei costi, a partire da quello del lavoro [2]. La principale scissione fu quella del settore infrastrutture da quello del trasporto, con la nascita nel 2000 di Trenitalia SpA e successivamente di Rete Ferroviaria Italiana SpA (RFI). Oggi, il gruppo FS è una holding che controlla oltre una cinquantina di diverse aziende, prevalentemente del settore ferroviario, in Italia e all’estero. Ognuna di queste aziende è una società con un proprio bilancio e con una propria politica aziendale. Tuttavia il processo di privatizzazione non si è fermato e negli anni sono state fatte varie dichiarazioni per procedere ad una ulteriore privatizzazione del gruppo.
Nell’ottobre 2015, durante un workshop dell’EXPO, il ministro Delrio sosteneva che rispetto all’ipotesi originaria di quotare l’intero gruppo si era passati all’idea di scorporarealcuni degli asset, quelli più redditizi per i privati. Basandosi sul modello di Alitalia, quindi il governo vorrebbe privatizzare la cosiddetta good company e mantenere in mano allo Stato i “rami secchi” del gruppo. Non a caso l’attuale amministratore delegato di FS, Renato Mazzoncini, si oppone alla privatizzazione di RFI, non redditizia nelle attuali condizioni di gestione. Nello stesso workshop, l’allora amministratore delegato, Michele Maria Elia, annunciava la pubblicazione del bando per la vendita di Grandi Stazioni Retail, controllato in maggioranza dal gruppo FS e in minoranza da Eurostazioni [3]. Privatizzazione poi avvenuta a fine 2016, quando la società è stata acquistata dal gruppo imprenditoriale italiano Borletti insieme ai fondi francesi Antin e Icamap [4] per quasi in un miliardo di euro. Questa è stata la più grande privatizzazione realizzata dallo Stato italiano in quell’anno. Ovviamente una privatizzazione dei profitti, in quanto a giudicare da cosa dice Paolo De Spirit, tra i fondatori del gruppo Borletti, le potenzialità di vendita al dettaglio sono in aumento nelle stazioni italiane, che sono destinate a diventare i più frequentati “shopping center” d’Italia. E il gruppo Grandi Stazioni Retail controlla le aree commerciali delle 14 più importanti stazioni ferroviarie d’Italia [5], dove transitano ogni anno 700 milioni di persone, tutti potenziali clienti dei negozi presenti al loro interno. Il prossimo passo sembra che sarà la quotazione in borsa dei treni a lunga percorrenza (Freccia e Intercity), con la vendita del 30% delle azioni.
Il gruppo FS, tra le società per azioni statali, è una di quelle cha ha realizzato i maggiori profitti [6], avendo chiuso l’anno 2016 con ricavi operativi per quasi 9 miliardi di euro (con un incremento del 4% rispetto al 2015) e un risultato netto di esercizio in positivo di 772 milioni di euro (mentre era di 464 milioni nel 2015) [7]. A trainare il bilancio è il settore immobiliare con un peso del 48,2%, seguito da quello infrastrutturale al 22,5% e quello del trasporto al 21,2%. La vendita di Grandi Stazioni Retail, con una plusvalenza di 365 milioni di euro, ha avuto un ruolo importante in questo bilancio. Per quanto riguarda il settore trasporto (con un utile di 164 milioni) predomina Trenitalia, nel settore infrastrutturale (con un utile di 174 milioni) RFI seguita da Italferr, operante nel settore ingegneristico. Nel 2015 il risultato netto era trainato, invece, dal settore trasporto, che pesava per il 48,7%, seguito dal 40,1% di altri servizi, mentre l’immobiliare pesava solo il 2,4%. Il capitale sociale a fine 2016 è stato di 36 miliardi di euro e quello investito netto di circa 45 miliardi. Negli investimenti di capitale predomina ancora il settore infrastrutturale (73,4%), seguito da quello del trasporto (22,1%), e non si evidenziano grandi differenze rispetto al 2015. I km di rete ferroviaria controllata da FS sono 16.788 e i dipendenti poco più di 70 mila. Ogni giorno FS muove 8 mila treni, equivalenti a 600 milioni di passeggeri e 50 milioni di tonnellate di merci ogni anno.
Gli interessi di FS non si fermano alle ferrovie, ai settori collegati e al nostro Paese. Se si legge il piano industriale 2017-2026, presentato nel settembre 2016, è previsto un investimento di capitale per 94 miliardi di euro in 10 anni, di cui 58 già stanziati, 23 provenienti da FS e i rimanenti dai contratti di programma, quindi a carico dell’amministrazione statale. Di questi 94 miliardi di euro sono previsti 73 miliardi di investimenti in infrastrutture, 14 in materiale rotabile e 7 per lo sviluppo tecnologico. Oltre il 70% degli investimenti saranno destinati a nuovi settori, con un previsto raddoppio del fatturato del gruppo e un aumento del personale fino a 100 mila unità. FS prevede cinque diverse direttrici di investimento: la mobilità integrata, la nuova “digital travel experience” (ovvero lo sviluppo di piattaforme digitali di supporto agli utenti), le infrastrutture integrate, la logistica integrata (una riorganizzazione del trasporto merci) e l’espansione internazionale.
Per quanto riguarda la mobilità integrata FS si prefigge di diventare un “operatore capace di accompagnare i viaggiatori dalla porta di casa fino alla loro destinazione”, mettendo le mani su gran parte del trasporto pubblico locale (TPL) italiano, con il programma di arrivare a gestire, dall’attuale 6%, il 25% del settore nel 2026. Settore che per Mazzoncini “vale 2,5 volte il trasporto pubblico locale su ferrovia”. In questo contesto si inserisce l’interesse di FS ad acquistare ATAC SpA, l’azienda prevalente nel TPL della capitale. Mazzoncini prevede, anche, una riduzione del trasporto locale su rotaia a vantaggio di quello su gomma. L’espansione da parte di FS nel TPL non è tuttavia un fatto nuovo e risale almeno agli anni ’90, quando, nel 1993, ha acquistato la SITA, tramite il gruppo SOGIN, e ha successivamente fondato la Busitalia-SITA Nord Società a responsabilità limitata (Srl) [8], che oggi, dopo aver fatto “shopping” nel settore, si occupa di TPL in Veneto, Toscana, Umbria e Campania. Il gruppo Busitalia, come socio di maggioranza, gestisce anche il trasporto urbano a Firenze attraverso la società ATAF Gestioni srl (mediante un’operazione conclusasi durante l’amministrazione Renzi della città). Busitalia è un’azienda che dal 2011 al 2015 ha aumentato i propri ricavi del 450%. Non a caso sono previsti nel piano industriale 3.000 nuovi autobus, a fronte dei 500 nuovi treni regionali che andranno a sostituire la vecchia flotta.
In questo tentativo di FS di espandere il proprio monopolio al TPL si inserisce l’acquisto, nel novembre 2016, del secondo gruppo ferroviario italiano, Ferrovie del Sud Est (FSE), operante in Puglia, con i relativi servizi di TPL su gomma tra i comuni pugliesi. Sempre in questo quadro si colloca la partecipazione, effettuata a giugno di quest’anno, nel capitale di M5 SpA, la società concessionaria della linea 5 della metropolitana di Milano. Oppure la joint venture (leggasi cartello), realizzata nel febbraio 2012, tra Busitalia-Sita Nord e Autoguidovie, la più grande azienda privata nel TPL italiano operante prevalentemente in Lombardia, per dar vita ad “un operatore leader nel Centro-Nord Italia nei servizi su gomma e nei servizi integrati ferro/gomma nel prossimo futuro”. Intesa suggellata dalla nomina ad amministratore delegato di Busitialia-SITA Nord dello stesso Mazzoncini, all’epoca direttore generale e amministratore delegato anche di Autoguidovie. Non a caso il recente piano occupazionale lanciato da FS prevede anche l’assunzione di autisti di autobus. È interessante notare come questo piano, spacciato per un rinnovo generazionale, sia nei fatti un’immissione di manodopera a minor costo e più ricattabile. Le assunzioni, infatti, riservate a persone che non abbiano superato i 29 anni di età, sono previste con contratto di apprendistato, e un’eventuale esperienza pregressa è valutata solo come titolo, come permesso dal Jobs Act varato dal governo Renzi.
La direttrice infrastrutture integrate è quella che prevede il maggior investimento, ovvero 62 miliardi di euro: 33 per la rete convenzionale, 24 per l’alta velocità/alta capacità e per i corridoi TEN-T europei [9] e 5 in tecnologia. Un’altra parte degli investimenti sarà rivolta a collegare la rete di RFI con quella delle ex-ferrovie concesse [10] (circa 2.500 km da integrare), come quella di FSE o della Ferrovia Centrale Umbra, recentemente acquistate. E, dato non secondario, nella gran parte dei casi le aziende proprietarie delle ex-ferrovie concesse controllano anche il TPL su gomma, esercitando la posizione di “piccoli” monopolisti locali. Nelle infrastrutture integrate rientra anche “l’operazione ANAS” (ovvero il suo inglobamento in FS) per la quale sono previsti ulteriori 15,5 miliardi di euro di investimenti finalizzati ad una maggiore integrazione della rete ferroviaria con quella stradale, nonché ad un ammodernamento di quest’ultima. L’Azienda Nazionale Autonoma delle Strade SPA (ANAS) controlla 940 km di autostrade e 355 km di raccordi autostradali (per un totale di 1.295 km autostrade senza pedaggi [11]), 20 mila km di strade statali (il 90% delle strade statali italiane), 4.753 km di svincoli e complanari (i raccordi tra strade statali e locali) per un totale di oltre 26 mila km di strade. Ed è previsto per un futuro prossimo un ampliamento della rete fino ad oltre 30 mila km di strade. Il più grande gestore delle strade non a pagamento d’Italia! Con l’inglobamento di ANAS, FS diventerebbe non solo il monopolista della rete ferroviaria ma anche della rete stradale del nostro Paese.
Il piano di FS è stato realizzato dal governo, quasi come ci fosse un’unica regia. Ad aprile di quest’anno il Consiglio dei ministri ha dato via libera alla proposta Delrio di incorporare il gruppo ANAS [12] all’interno di FS, il tutto in un decreto legge facente parte delle misure di correzione dei conti, richieste da Bruxelles e previste dal documento di economia e finanza. A giugno si è fatto un ulteriore passo con la manovra correttiva di bilancio, la legge 96/2017 [13] (la stessa dove è stata prevista la reintroduzione dei voucher), che ha convertito in legge il precedente decreto, approvando la fusione tra ANAS e FS con l’acquisizione delle azioni della prima da parte di FS entro 30 giorni dalla verifica di certe condizioni: ovvero il perfezionamento del contratto di programma 2016-2020 tra ANAS e Stato, la verifica tramite perizia di FS dell’adeguatezza dei fondi stanziati da ANAS per risolvere i contenziosi pendenti e l’assenza di effetti negativi, verificati dal MEF, sugli impegni relativi al bilancio pubblico assunti in sede europea. Per pagare i debiti pendenti del gruppo ANAS con le ditte appaltatrici, che bloccavano la fusione, sono stati stanziati 700 milioni di euro, presi dai risparmi di gare. Sono inoltre previsti poteri eccezionali per il presidente pro-tempore di ANAS per svolgere i lavori necessari per l’adeguamento della viabilità statale nella provincia di Belluno in previsione delle gare sciistiche internazionali che si terranno a Cortina d’Ampezzo a marzo 2020 e febbraio 2021.
Lo Stato italiano con questa operazione metterà fuori ANAS, come già è avvenuto per FS, dal perimetro della Pubblica Amministrazione in modo che i conti dell’azienda non incideranno più sul debito pubblico. Mediante questo artificio contabile ci saranno meno vincoli per l’azienda, ma nei fatti le spese rimarranno a carico dello Stato. Uno studio del 2014 ha mostrato come FS, nonostante sia ufficialmente fuori dal bilancio dello stato, ha pesato dal 1992 al 2013 per oltre 200 miliardi di euro sul debito pubblico italiano sotto forma di sussidi statali. I calcoli fatti, tuttavia, non considerano tutte le spese. La cifra sale ulteriormente se si considera l’emissione di debito per finanziare la spesa di FS. Immaginando una spartizione tra ulteriore tassazione e interessi sul debito, gli autori dello studio hanno stimato una spesa per lo Stato pari ad oltre 250 miliardi di euro, ovvero circa il 12,5% del debito pubblico lordo nel 2013. Tale cifra è circa il 25% del debito pubblico eccedente ai parametri di Maastricht, imposti dall’Unione Europea. Considerando che il tentativo di rientro dentro tali parametri ha comportato tagli e sacrifici per i lavoratori del nostro Paese, si capisce bene chi alla fine ha pagato i conti. Conti destinati a salire se con l’uscita di ANAS dalla contabilità della pubblica amministrazione dovessero essere poi imposte quelle tasse aggiuntive ad oggi solo presentate e poi ritirate, in quanto indigeribili per milioni di cittadini. Per sostenere le spese di ANAS è stato, infatti, proposto di aumentare le accise sulla benzina o di mettere una tassa, sul modello austriaco e svizzero, per l’utilizzo di strade, oggi formalmente gratuite (in realtà finanziate attraverso la fiscalità generale), come il GRA, l’autostrada Salerno-Reggio Calabria o le statali.
Gli effetti di questo accorpamento, tuttavia, non si esauriranno negli artifizi contabili che favoriscono la socializzazione delle perdite. Infatti, il nuovo monopolio, forte del pretesto di “non operare come due organizzazioni distinte nelle realizzazione delle opere” al fine di realizzare “una politica sistemica nello sviluppo dei collegamenti nel nostro Paese”, come sostenuto nel piano industriale, potrà imporre politiche che andranno a discapito della già debole concorrenza, come fatto in passato con lo sviluppo delle linee ad alta velocità mediante i sussidi statali, che hanno esercitato un ruolo non irrilevante nel fallimento della “concorrente” Alitalia. Nei fatti sarà messa un’ulteriore ipoteca sulla vita dei monopoli minori, concentrando FS il capitale del settore trasporti nelle proprie mani. In questa sede non si vuole prendere posizione né contro una migliore razionalizzazione del settore trasporti, né contro la concentrazione del capitale, fatto naturale nello sviluppo stesso del capitalismo. Piuttosto si vuole evidenziare come ciò difficilmente andrà a vantaggio dei lavoratori italiani. La costruzione dell’alta velocità ha forse determinato un migliore trasporto per i milioni lavoratori che ogni giorno sono costretti ad utilizzare i mezzi pubblici per andare a vendere la propria forza-lavoro? Oppure con l’espansione del giro d’affari di FS sono forse migliorati i contratti dei lavoratori del settore? L’acquisto del trasporto pubblico locale (TPL) da parte di FS non ha comportato nessun migliore servizio per gli utenti-lavoratori, come evidenziato dagli stessi giornali di “lor signori”. Per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori si dovrebbe intaccare i profitti, e cederne una parte a vantaggio della collettività. Con la probabile prossima vendita ai privati degli asset redditizi di FS, in primis l’alta velocità, invece, gli utili saranno completamente privatizzati. Privati che si sono già arricchiti con gli appalti per la costruzione di queste linee ferroviarie, mentre in diverse parti del paese, sopratutto nel Meridione, la linea ferroviaria utilizzata dai pendolari è ancora ad un solo binario. Ora codesti signori avranno la possibilità di fare nuovi affari mungendo ancora la vacca grassa dello Stato!
Sebbene FS rimane formalmente un gruppo di proprietà dello Stato, essa è una SpA ed agisce in quanto tale, perseguendo l’obiettivo di incrementare i propri profitti. Moltiplica i cartelli che intesse con altri capitali statali o privati, come ad esempio quello con Autoguidovie nel TPL del Centro-Nord Italia, al fine di assumere maggiore forza nella competizione tra monopolisti per la spartizione dei mercati mondiali. Come sostiene lo stesso Mazzoncini “il mondo del trasporto pubblico vede la presenza sempre più massiccia di aziende sempre più grandi. Quindi o noi ci muoviamo in modo aggressivo rispetto al mercato o rischiamo l’invasione come in parte già avviene con gruppi stranieri che scorazzano per l’Italia”. Ecco allora che da bravo monopolista il gruppo FS, oltre a concentrare il capitale, lo esporta all’estero, stabilendo le opportune alleanze con altri monopoli. Nell’ultima direttrice del proprio piano industriale, quella dell’espansione internazionale, il gruppo FS stabilisce l’obiettivo di aumentare gli introiti derivanti dagli investimenti all’estero dall’attuale 13% del totale al 23% nel 2026. Da una parte FS si propone di realizzare commesse per la costruzione di reti ferroviarie in paesi a capitalismo “meno avanzato” [14], dall’altra come acquirente di compagnie straniere, come unico socio o in cartello con altri capitali. Infatti FS non disegna le necessarie alleanze con altri monopoli in quanto con la crescita delle esportazioni di capitali si allargano “le “sfere d’influenza” delle grandi associazioni monopolistiche,” e si procede “sempre più verso accordi internazionali tra di esse e verso la creazione di cartelli mondiali” [15].
Dal 2011 Trenitalia ha acquisito il completo controllo di TX Logistik, azienda tedesca operante nel trasporto merci su rotaia (e non solo) con filiali in Austria, Svizzera, Svezia e Danimarca. Questo operatore transalpino gestisce oltre 20.000 treni-merci l’anno, in particolare dai principali porti del Mare del Nord (Amburgo, Rotterdam, Anversa e Bremerhaven) verso sud (Germania, Svizzera, Francia, Austria e Italia). Nel 2016 Trenitalia ha anche preso il pieno controllo di Thello, la joint venture stabilita da Trenitalia con la francese Veolia Transdev, che gestisce il trasporto passeggeri su rotaia diurno e notturno tra Italia e Francia lungo le rotte Venezia-Parigi e Milano-Marsiglia. A gennaio FS si è aggiudicata per 45 milioni di euro dal fondo greco per la privatizzazione delle società pubbliche la società TrainOSE, che gestisce il trasporto merci e passeggeri sulle linee ferroviarie greche OSE (l’equivalente ellenico delle “nostre” FS). In Grecia infatti, seguendo le direttive dell’Unione Europea, si è scorporata la gestione della rete, gestita dallo Stato, dai servizi di trasporto, che sono stati privatizzati. Il 13 luglio, tramite Busitalia, FS ha siglato il contratto per l’acquisto di Qbuzz, azienda operante nel TPL nell’area metropolitana di Utrecht e nella provincia di Groningen-Drenthe, nei Paesi Bassi, con un’utenza di circa 160 mila passeggeri al giorno. Manca solo il via libera della competente autorità olandese per formalizzare l’acquisto.
A febbraio Trenitalia ha completato, mediante la propria controllata Trenitalia UK, l’acquisizione di National Express Essex Thameside (NXET), la compagnia che gestisce il servizio c2c (City to Coast), ovvero i collegamenti ferroviari tra Londra e l’Essex, assicurandosi la concessione ferroviaria per quella tratta, molto usata dai pendolari che si recano per lavoro a Londra, fino al novembre 2029. Gli interessi di Trenitalia nel Regno Unito non si fermano a questa tratta, infatti a gennaio ha siglato una joint venture con First, First Trenitalia East Midlands Rail Limited, al 70% in mano a FirstGroup e al 30% a Trenitalia UK, per gareggiare alla concessione per la gestione delle ferrovie del East Midlands e della West Coast, e per sviluppare una linea ad alta velocità tra Londra e Birmingham. In questo modo FS ha siglato un’importante associazione con FirstGroup, il principale operatore del trasporto nel Regno Unito e in Nord America, con ricavi di oltre 5 miliardi di sterline e 110 mila dipendenti. Così FS cerca di allargare la propria “sfera d’influenza” nel Regno Unito. FS è attiva anche in Germania, dove ha acquistato nel 2010 il terzo operatore del settore ferroviario Arriva Deutschland, rinominata nel 2011 Netinera. FS ha preso il 51% delle azioni, mentre il restante 49% è in mano al fondo di investimento lussemburghese, Cube Infrastructure, che finanzia la costruzione di infrastrutture in Europa nei settori dell’energia, dei trasporti e delle telecomunicazioni. Netinera controlla circa 40 imprese ed opera in quasi tutti i Lander della Repubblica federale tedesca, prevalentemente nel trasporto passeggeri sia su ferro sia su gomma. Oltre al trasporto passeggeri si occupa di logistica, manutenzione e riparazione dei veicoli, infrastrutture ferroviarie. Nel 2016 ha fatturato 6 miliardi di euro, ha oltre 4300 dipendenti, una flotta di oltre 350 treni e quasi 800 autobus che percorrono ogni anno 50 milioni di km su rotaia e 39 milioni di km su strada.
Dal 1995 è attivo il gruppo di trasporto multimodale Pol-rail, per il 50% di Mercitalia (e quindi FS) e per il 50% di PKP Cargo (l’azienda di trasporto merci delle ferrovie statali polacche). Pol-Rail, insieme alla sua controllata rumena Rom-Rail, fornisce servizi di logistica per il trasporto merci in Polonia e nel centro Europa. A settembre attraverso questa azienda arriveranno con un viaggio di una ventina di giorni i primi treni merci dalla Cina, da Chengdu, all’Italia, nell’interporto di Mortara in provincia di Pavia. Pol-rail con le sue quattro direttrici (polacca, ungherese e rumena, balcanica e italiana-polacca), dove ha il pieno controllo del processo di trasporto della merce, potrebbe aver un ruolo centrale nel collegare l’Italia con la Nuova via della seta cinese. L’Italia è, infatti, uno dei soci fondatori della Banca Asiatica d’Investimento per le Infrastrutture (AIIB), che finanzierà con il proprio capitale le strutture ferroviarie necessarie per questo colossale progetto. Nella loro decisione di integrare e rilanciare il trasporto merci, formando un unico polo integrato della logistica, la nuova Mercitalia, gli amministratori di FS guardano probabilmente anche alla possibilità di accedere a questi grandi progetti infrastrutturali. Infine sempre in Europa dell’est, FS controlla l’azienda Grandi Stazioni Česká Republika, di cui detiene il 51% delle azioni mediante Grandi Stazioni SpA, in società con la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (EBRD), che ha il 39%, e Società Italiana per le Imprese Miste all’Estero (SIMEST), che possiede il restante 10%. Questa società si occupa della riqualificazione e della gestione di Praga Centrale e di altre due stazioni (Karlovy Vary e Mariánské Lázně) della Repubblica Ceca.
Articolo in due parti apparso su www.lacittafutura.it
Note
[1] Nella direttiva sono richieste agli Stati aderenti alla Comunità Economica Europea (CEE) misure per il risanamento del bilancio mediante una progressiva aziendalizzazione delle compagnie ferroviarie, compresi gli “obblighi di servizio pubblico”. Il piano di prepensionamento attuato da FS nel 1990 era in “perfetta aderenza” con la suddetta direttiva CEE. Le aziende ferroviarie devono avere patrimonio, bilancio e contabilità distinti da quelli statali e puntare al raggiungimento del pareggio di bilancio. Devono essere eliminate le disparità che possano falsare la concorrenza nel settore trasporti ed è prevista la possibilità di fornire compensazioni statali per gli “obblighi di servizio pubblico”. È interessante notare come nella direttiva 327 fosse già prevista la possibilità per l’azienda ferroviaria di effettuare il trasporto di merci e passeggeri anche su strada.
[2] Riduzione del costo del lavoro realizzata con una drastica diminuzione del personale. Infatti nel 1985 l’Ente FS contava oltre 200 mila dipendenti, ridotti a poco più di 185 mila nel 1990. Nel 1999, al termine della ristrutturazione degli anni ’90, i dipendenti di FS SpA erano 112 mila. Dipendenti ridotti ulteriormente a circa 100 mila nel 2003, e a 69 mila nel 2015.
[3] Società per azioni, che controllava il 45% del gruppo Grandi Stazioni Retail, suddivisa in parti uguali tra i gruppi Benetton, Caltagirone e Pirelli, con una piccolissima parte di azioni in mano all’azienda pubblica francese Société nationale des chemins de fer français.
[4] Il gruppo Antin è focalizzato sulle infrastrutture, mentre il fondo Icamap sui centri commerciali.
[5] Le stazioni di Milano Centrale, Torino Porta Nuova, Genova Brignole, Genova Piazza Principe, Venezia Mestre, Venezia S. Lucia, Verona Porta Nuova, Bologna Centrale, Firenze S.M. Novella, Roma Termini, Roma Tiburtina, Napoli Centrale, Bari Centrale e Palermo Centrale.
[6] Nel rapporto Mediobanca del 2016 sulle principali imprese italiane, nel settore industria e servizi il gruppo FS occupa nel 2015 il 10° posto per utili, e il 6° tra le imprese con capitale statale. Tuttavia le altre imprese (Enel, Snam, Terna, Poste Italiane e Finmeccanica) sono partecipate, mentre FS è interamente di proprietà del MEF.
[7] Dati dal bilancio dell’anno 2016.
[8] Busitalia-Sita Nord, con oltre 4.000 dipendenti, copre ogni anno circa 100 milioni di km tramite bus, 2,7 milioni di km tramite trasporto su rotaia (treni e tram) e 41 mila miglia nautiche. Controlla le aziende Busitalia Rail e Busitalia Simet, la prima operante nei servizi sostitutivi su gomma della rete ferroviaria, e la seconda operante da aprile 2017, come Busitalia Fast, nei collegamenti a lunga percorrenza su gomma in Italia e con alcune città della Germania. Settore dove il pullman rappresenta l’alternativa a basso costo (e a lunga durata temporale di viaggio) al treno ad alta velocità.
[9] Rientrano in questi corridoi il Terzo Valico (la ferrovia ad alta velocità Tortona/Novi Ligure-Genova), la Galleria di base del Brennero (parte della prevista linea ad alta velocità per merci e, in misura minore per passeggeri, che collegherà Verona ad Innsbruck) e la Torino-Lione (per la quale recentemente il governo francese ha previsto una “pausa”).
[10] Le ex-ferrovie concesse sono delle linee costruite e amministrate da soggetti privati, a cui lo Stato aveva dato la concessione. Sono state in gran parte progressivamente dismesse o acquisite da FS durante la fine dell’ottocento e il novecento. Oggi, quelle ancora esistenti, sono prevalentemente gestite dalle locali aziende di TPL e coprono in totale circa 3.500 km di linee ferroviarie. Fanno ad esempio parte di queste ferrovie la Roma-Lido, la Milano-Asso e la Cicumflegrea di Napoli.
[11] Delle autostrade controllate da ANAS fanno parte il Grande Raccordo Anulare (GRA) di Roma, l’autostrada tra Roma e l’Aeroporto di Fiumicino, la Salerno-Reggio Calabria (recentemente completata, dopo oltre 60 anni di lavori, e rinominata A2 Autostrada del Mediterraneo), la Catania-Palermo, la Catania-Siracusa, la Palermo-Mazara del Vallo, il raccordo Salerno-Avellino, quelli Siena-Firenze, Perugia-Bettolle, Chieti-Pescara, Sistiana-Trieste e Opicina-Fernetti.
[12] ANAS è a sua volta una holding, anche se di dimensioni ridotte rispetto ad FS, che controlla diverse società e con partecipazioni in altre aziende.
[13] Qui è consultabile il decreto legislativo 50/2017 con le modifiche introdotte dalla legge.
[14] Ciò avviene in Asia (Arabia Saudita, Iran, Oman, India, Malesia, Singapore, Thailandia e Vietnam), America (Argentina, Brasile, Colombia, Perù, Canada e Stati Uniti d’America) e Africa (Congo, Costa d’Avorio, Sud Africa). Non tutti questi paesi possono ritenersi paesi a capitalismo “meno avanzato”, ma lo sono in gran parte. In Iran ad esempio FS ha stabilito un accordo per partecipare alla costruzione di due reti ferroviarie ad alta velocità.
[15] Lenin, L’imperialismo, fase suprema del capitalismo, 1916.