di Giuseppe Sergi
Vi sono molte ragioni che militano per un doppio NO al progetto di previdenza vecchiaia 2020 in votazione il prossimo 24 settembre. Tra queste l’aumento dell’età di pensionamento per le donne da 64 a 65 anni e la diminuzione delle rendite del secondo pilastro con l’abbassamento del tasso di conversione dal 6,8% al 6%.
Il settore pubblico cantonale dovrebbe essere particolarmente attento poiché la questione tocca lavoratrici che svolgono lavori assai duri e per le quali un anno di lavoro in più per avere il diritto al pensionamento non è certo qualcosa di trascurabile. Pensiamo, ad esempio, alle professioni del settore sanitario (infermiere, ausiliarie, assistenti di cura), ma anche al settore assistenziale (dalle cure a domicilio a quelle delle case per anziani). Si tratta di lavori che richiedono spesso anche grandi sforzi fisici che, con l’avanzare dell’età, diventano sempre più pesanti.
Ma oltre a questi aspetti ve n’è un altro al quale i dipendenti pubblici cantonali (in particolare quelli affiliati alla cassa pensione del Cantone, ma non solo) dovrebbero prestare grande attenzione in vista del voto del 24 settembre.
L’attuale legislazione federale lascia alle singole casse pensione che operano nell’ambito del secondo pilastro la scelta di permettere agli assicurati di anticipare il pensionamento in cambio di una riduzione della rendita. Un anticipo della rendita è possibile, dal punto di vista legale, a partire dai 58 anni. Negli scorsi decenni molti lavoratori e lavoratrici del settore pubblico hanno usufruito di questa possibilità, andando in pensione anticipata, magari avendo cominciato a lavorare a 18-20 ed avendo così accumulato un’anzianità di servizio di quasi un quarantennio.
Se PV 2020 venisse accolta, la regolamentazione relativa alla previdenza professionale verrà allineata, in materia di diritto alle prestazioni, alla cosiddetta soluzione flessibile dell’AVS. Un anticipo o un rinvio della rendita di norma sarà possibile tra i 62 e i 70 anni. Sarà possibile alle singole casse pensione consentire il pensionamento anticipato a partire dai 60 anni.
Ora, quale conseguenza potrebbe avere l’accettazione di queste modifiche sul futuro (anche a breve termine) per gli assicurati della cassa pensione del cantone?
La prima considerazione riguarda il tasso di conversione. Già oggi per i dipendenti del cantone il tasso medio si aggira attorno al 5% (ognuno può constatarlo anche empiricamente controllando il proprio certificato assicurativo) frutto della combinazione tra la parte obbligatoria e quella sovra-obbligatoria del salario. Ma questo tasso è già oggi fortemente rimesso in discussione dalla situazione della cassa.
Infatti nel comunicato relativo alla chiusura dei conti 2016 il CdA della cassa lo indicava con chiarezza: “La riduzione del tasso tecnico avrà quale conseguenza una diminuzione del tasso di conversione (ossia: il tasso utilizzato per convertire il capitale in rendita al momento del pensionamento), con conseguente riduzione delle future rendite previdenziali (fatta eccezione per coloro i quali beneficiano delle garanzie accordate con la riforma emanata nel 2012). Il compito che attende il Consiglio di Amministrazione è pertanto quello di definire tempi e modi della riduzione del tasso di conversione e di studiare eventuali misure compensatorie al fine di limitare l’impatto negativo della riduzione del tasso di conversione per i futuri pensionati”. Ora non vi sono dubbi che l’accettazione della diminuzione del tasso minimo obbligatorio LPP (cioè il passaggio dal 6,8% al 6% previsto da PV2020) rappresenterà un potentissimo strumento per spingere ancora più in basso il tasso di conversione della cassa e una ulteriore diminuzione delle rendite.
A questo si aggiunge l’adeguamento dell’età per il diritto al pensionamento anticipato, previsto da PV2020, che potrebbe avere pure pesanti conseguenze.
Tanto per cominciare cancellerà l’attuale possibilità di usufruire del pensionamento anticipato a 58 anni. Il che significa, ad esempio, che un operaio che ha lavorato dai 18 ai 58 anni per il cantone (quindi ben 40 anni di lavoro) non potrà più usufruire della possibilità di andare in pensione anticipata (rinunciando ad una parte delle rendita). Ma anche la possibilità di andare in pensione a 60 o 61 anni potrebbe essere rimessa in discussione: come detto PV2020 affida alle singole casse la facoltà di prevedere il pensionamento anticipato prima dei 62 anni, nuovo termine di riferimento.
Prospettive inquietanti quindi per i dipendenti pubblici cantonali: l’accoglimento di PV2020 sarà, non vi sono dubbi, uno strumento potentissimo in mano al governo per orientare il “risanamento” della cassa, permanentemente all’ordine del giorno, in una direzione evidente: la diminuzione ed il peggioramento delle prestazioni.
È alla luce di queste considerazioni che appare assurda la posizione dei sindacati del settore pubblico cantonale (VPOD e OCST) che sono ufficialmente schierati a sostegno della riforma. È con queste posizioni che si preparano le future sconfitte per i salariati e le salariate del settore pubblico cantonale.
Tutte ragioni, quelle che abbiamo brevemente esposto, che dovrebbero invece spingere i dipendenti pubblici cantonali (e naturalmente anche gli altri lavoratori e le altre lavoratrici del pubblico e del privato) a votare due volte NO alla PV2020 il prossimo 24 settembre.