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di Luís Fazenda*

Cristiano Dan mi ha segnalato, e tempestivamente tradotto, questo breve ma incisivo testo di polemica con Juan Carlos Monedero, che oltre a essere stato uno dei fondatori di Podemos ne rappresenta oggi una delle anime, anche dopo la sua uscita polemica dagli organi di direzione. È interessante la polemica tra due componenti della sinistra della penisola iberica, che riflette quella che lacera la sinistra latinoamericana.

Credo che la conclusione di Luis Fazenda possa essere condivisa da tanti compagni anche in Italia: «Come tanti e tante altre, per decenni mi sono opposto all’imperialismo americano senza per questo appoggiare l’Unione Sovietica, trasformatasi in una negazione del comunismo e della sinistra. Quando è stato necessario, molti e molte di noi si sono mobilitati contro le ingerenze e le invasioni degli USA e della NATO, senza per questo dover appoggiare i Paesi aggrediti quando questi non erano democratici. Se oggi voglio essere contro Trump debbo per forza appoggiare, sia pure “criticamente”, Maduro? Siamo ritornati a questo punto?». (Antonio Moscato)

Juan Carlos Monedero, uno dei fondatori di Podemos, ha scritto un testo sull’attuale crisi della Repubblica bolivariana, che ha intitolato 11-tesis-sobre-venezuela-y-una-conclusion-escarmentada/. Non prendo qui in considerazione l’analisi che vi è fatta della politica ufficiale spagnola e della sua isteria antichavista: tutta la sinistra internazionale può sottoscriverla, senza problemi. Mi concentrerò invece sui problemi più specificatamente venezuelani.

Dice Monedero che Maduro non è né Allende né Chávez, e così dicendo ne diminuisce la statura politica, nel tentativo di neutralizzare le critiche di coloro che lo definiscono un incompetente e un caudillo, ciò che è stato ampiamente dimostrato nel corso degli anni: in ultima analisi [fa intendere Monedero], si tratta di un leader di seconda mano. Curiosamente lo stesso Monedero ignora le responsabilità del Partido Socialista Unificado de Venezuela (PSUV), accettando apparentemente il fatto che gli attori principali dello scenario siano Nicolás Maduro e il suo gruppo al comando. Ma sottovaluta anche la dipendenza esclusiva dal petrolio e la crisi provocata dalla caduta dei prezzi del greggio (in 17 anni non si è riusciti a diversificare la base produttiva), facendo un paragone fra questa caduta e quel che accadrebbe in Spagna se si verificasse un collasso del settore turistico… Siamo seri: questa è una caricatura, non un paragone.

Ma veniamo a ciò che conta realmente. Il succo delle tesi di Monedero ci pone di fronte questo dilemma: o Maduro (piaccia o meno) o l’odiosa destra, fantoccio dell’imperialismo americano.

Credo che possiamo dirci d’accordo con la caratterizzazione della destra come golpista, servile nei confronti del parassitismo rentista, corrotta, agente degli interessi yankee. Anche se, attenzione, non si può identificare tutta la protesta popolare con la destra. Monedero riconosce l’esistenza di inefficienze statali e della corruzione. Le definisce “ombre”. Questa inefficienza dello Stato consiste in realtà nel non aver iniziato a organizzare dei servizi pubblici degni di questo nome: nonostante anni e anni di ricchezza petrolifera, il potere s’è limitato a lanciare “missioni” di solidarietà contro la povertà, nel più puro stile assistenziale e caritativo. Quanto alla corruzione che permea esercito, polizia e burocrazia del “Petrostato” Monedero la giudica poca cosa a confronto con il saccheggio perpetrato a danno dei popoli per salvare le banche durante la crisi del capitalismo finanziario del 2008. Ma è possibile giustificare un potere progressista sulla base del fatto che “i nostri” sono meno corrotti degli altri?

Se i “nostri” si avvalgono di mezzi illegittimi per difendere il potere per il potere, rischiamo di perdere sia il potere sia il senso della nostra causa.

Dice Monedero che il presidente del Venezuela può convocare una Assemblea costituente sulla base della Costituzione. Ed è vero. La Costituzione di Chávez approvata con un referendum popolare glielo consente effettivamente. E lasciamo pure da parte la scandalosa legge elettorale e la manipolazione del suffragio, per cui scompare il principio di un uomo-un voto, così come lasciamo da parte il fatto che le stesse autorità maduriste hanno riconosciuto una partecipazione al voto di solo il 40 %. Chiediamoci invece che senso ha, in questo contesto e sulla base delle sue analisi, che Monedero faccia un appello al dialogo con i reazionari? Che senso ha questa operazione dopo che il presidente ha operato un golpe costituzionale sulla base della Costituzione di Chávez, dopo che ha sabotato l’esercizio del meccanismo chavista del referendum di revoca del mandato presidenziale, dopo che ha privato di poteri il Parlamento, per limitarci solo a questi provvedimenti arbitrari? Dopo essere stato sconfitto nelle elezioni legislative, Maduro ha rinviato, a sua discrezione, quelle regionali, per volerle realizzare ora, ora che dispone di una Assemblea costituente con pieni poteri di decisione su qualunque organismo e tribunale. Con ogni evidenza, siamo di fronte a uno sfrontato esercizio retorico. Maduro intende privatizzare il potere e non è disposto a fare alcun mutamento nel partito, a nessuna autocritica di fronte a un popolo in sofferenza, a nessuna ripetizione delle elezioni presidenziali, automaticamente rimandate di due anni per via della Costituente.

Non vi possono essere dubbi: una sinistra indipendente e popolare si farà strada in Venezuela, nonostante l’odio della destra e l’ostilità dei maduristi: ed è questa che merita la solidarietà internazionalista.

Come tanti e tante altre, per decenni mi sono opposto all’imperialismo americano senza per questo appoggiare l’Unione Sovietica, trasformatasi in una negazione del comunismo e della sinistra. Quando è stato necessario, molti e molte di noi si sono mobilitati contro le ingerenze e le invasioni degli USA e della NATO, senza per questo dover appoggiare i Paesi aggrediti quando questi non erano democratici. Se oggi voglio essere contro Trump debbo per forza appoggiare, sia pure “criticamente”, Maduro? Siamo ritornati a questo punto?

I dilemmi di Monedero sono vecchi. E io sono pure stufo delle semplificazioni. Non è possibile lottare per una sinistra socialista e democratica nei nostri Paesi ritenendo che in un qualunque altro Paese si possa tranquillamente pervertire addirittura un ordinamento costituzionale eredità di un processo rivoluzionario e legittimato da numerose elezioni. La sinistra attuale non può lasciar cadere la bandiera e la pratica popolare della democrazia se vuole convincere le nuove generazioni della validità del suo progetto.

Sappiamo perfettamente che le opinioni più o meno fanatizzate non hanno bisogno di un’adesione critica. Epperò quelle che ricorrono al cinismo intellettuale e a un zelante ultrarealismo sono ancor più difficili da demistificare.

Il significato liberatorio del socialismo ci dice che, in realtà, Maduro non ha niente, ma proprio niente, a che fare con Allende. E per quanto riguarda il campo di tutti coloro che esigono che Trump levi le sue grinfie dal Venezuela, è doveroso da parte nostra dire che vogliamo difendere la Costituzione del Venezuela, nonostante la sua sospensione.

* Professore, dirigente del Bloco de Esquerda, eletto ripetutamente deputato. Nel 1979, quand’era segretario generale della União Democrática Popular (UDP), un’organizzazione d’origine maoista approdata al marxismo critico, è fra i principali protagonisti della “confluenza” della stessa UDP, del Partido Socialista Revolucionário (PSR, allora sezione della IV Internazionale) e di Política XXI (una dissidenza comunista) in un nuovo movimento unitario: il Bloco de Esquerda, appunto.