di Sofia Ferrari
Introduzione di un salario minimo di 4’000 franchi per i dipendenti del Comune, diritto di voto agli stranieri (consultivo visto che la Costituzione cantonale non consente ai Comuni di riconoscerlo effettivamente), assemblee di quartiere aperte a tutti, onorari dei Municipali limitati a un tetto massimo dal quale dedurre i salari percepiti nella loro normale attività, opposizione alle condizioni di passaggio alla nuova cassa pensione: sono questi alcuni dei temi fondamentali che la lista MPS-POP-Indipendenti ha posto nell’ultima seduta del Consiglio Comunale di Bellinzona.
E queste proposte, come vi era da attendersi, hanno raccolto scarsissimi consensi nelle file dei partiti che governano la città. E non stupisce nemmeno che su proposte come queste persino coloro che, a parole e fuori dalla città di Bellinzona, dicono di condividerle, di fronte agli “impegni di maggioranza” si allineino. Roba vecchia per Bellinzona che segna un nostalgico il ritorno all’alleanza liberal-socialista che ne aveva caratterizzato la gestione nei decenni scorsi, con un PS (e i loro valletti Verdi e PC) che ormai non si distingue da quello che fu il PST di Bellinzona degli Storelli, Ambrosetti, Bernasconi , etc.
Prendiamo, ad esempio, la questione del salario minimo. Le nostre rappresentanti in CC hanno proposto, nell’ambito della discussione sul regolamento comunale, che chi lavora alle dipendenze della città non possa ricevere (per un posto a tempo pieno) un salario inferiore a 4’000 franchi mensili per 13 mensilità, cioè almeno 52’000 franchi annui. Non è certo una somma con la quale scialare, ma potrebbe, nel contesto attuale, rappresentare un segnale politico importante.
Questo, in particolare, nell’ambito della discussione sul dumping salariale e sulla introduzione di un salario minimo legale di cui si sta discutendo oggi in Ticino. Introduzione che nessuno contesta più (vista la votazione popolare e le decisioni del Tribunale federale), ma che – ed era chiaro fin dall’inizio – si concentra sull’importo di tale salario minimo. Come indichiamo in un altro articolo del giornale l’introduzione di un salario minimo legale basso rispetto ai livelli salariali complessivi metterebbe in moto una dinamica di spinta di tutto il sistema salariale verso il basso (il dumping).
Il pronunciamento di una città importante come Bellinzona su questo tema avrebbe avuto un significato politico importante in questo momento, anche pensando che da altre parti (Lugano) arrivano proprio in questi giorni segnali inquietanti proprio in materia salariale (il nuovo progetto di ROD a Lugano prevede, per almeno 6 della ventina di classi salariali previste, salari iniziali ben al di sotto dei 4’000 franchi, abolendo inoltre l’automatismo degli scatti salariali che portano dal minimo al massimo della classe).
La sinistra aperitivista di Bellinzona in Consiglio Comunale ha deciso di ignorare questa proposta (nemmeno un intervento per spiegare le ragioni politiche o di opportunità per le quali ci si opponeva), limitandosi a votare contro, assieme a tutti gli altri partiti.
Lo stesso sulla proposta di introdurre l’assemblea consultiva della città alla quale sottoporre, in votazione popolare, temi di grande interesse politico e sociale. Un modo di allargare la partecipazione popolare e un modo per coinvolgere, seppur minimamente, i cittadini stranieri residenti in città, privati del diritto di voto. Anche qui solo opposizione senza discussione.
Ma tant’è: non ci si può aspettare di meglio da chi antepone alleanze politiche in una logica puramente “governista” alla discussione sulla realtà sociale.
Non meglio è andata con il cambiamento di cassa pensione. Pur non essendoci ancora un piano pensionistico, senza una precisa visione di quanto costerà alla città e soprattutto ad ogni lavoratore (in termini di minori prestazioni) il passaggio alla nuova cassa pensione, la maggioranza liberal-socialista di Bellinzona ha imposto la sua proposta (con il benevolo consenso di tutti gli altri). Decretando, tra l’altro, lo scioglimento del fondo di prepensionamento che significherà, di fatto, la fine della possibilità di usufruire, in condizioni pensionistiche decenti, del pensionamento anticipato.
Ma al di là di questi dibattiti, la maggioranza liberal-socialista prosegue nella sua logica di svendita del patrimonio industriale e occupazionale di Bellinzona: significativo che il CC si riunisca in piena “crisi” dell’Officina senza dedicare nemmeno un minuto alla questione (il Municipio si è guardato bene dal rispondere ad una nostra interrogazione urgente sulla questione – che riprendiamo in questo stesso numero di Solidarietà), preferendo continuare nelle trattative segrete nell’ambito delle quali si sta organizzando, di fatto, la fine dell’Officina.