di Sofia Ferrari*
I fuochi d’artificio di offerte per la futura ubicazione della “nuova” Officina FFS ha ottenuto l’effetto voluto dalle FFS: far dimenticare i contenuti reali della discussione (piano industriale, strategie, occupazione, etc.) per concentrarsi su una specie di “derby” dei poveri, concorrenti per avere sul proprio territorio i resti, ci pare che si possa chiamarli così, di quel che resterà della tradizione di manutenzione ferroviaria in Ticino.
Naturalmente di tutto questo molti non vogliono discutere perché hanno già negoziato (o stanno negoziando) segretamente con le FFS; ed hanno già capitolato (pensiamo ai rappresentanti delle autorità comunali e cantonali) accettando quella che verosimilmente sarà l'”offerta” delle FFS: cioè un nuova fabbrica che tuttavia rappresenterà un fortissimo ridimensionamento delle attività e dei posti di lavoro legati alla manutenzione in Ticino. È ipotizzabile almeno un dimezzamento dei posti di lavoro oggi offerti dalle FFS in Ticino nei vari ambiti della manutenzione (Bellinzona, Chiasso, etc.) che oggi dovrebbero complessivamente aggirarsi sui 500 posti di lavoro. La nuova, moderna, bella, etc. Officina avrà forse ancora meno della metà di questi posti di lavoro. Un passo avanti per il Ticino? Non ci pare.
Eppure oggi la discussione si incentra tutta sulla ubicazione di questa nuova Officina, passando sopra a punti importanti e decisivi che, fino a pochi mesi fa, tutti dicevano di voler rispettare.
Il primo, e più importante, è sicuramente il rispetto degli accordi sottoscritti. Non hanno un attimo di pace i lavoratori dell’Officina nella loro costante azione di richiamo alle FFS, al governo e a tutte le parti interessate sulla necessità di rispettare gli accordi presi e sottoscritti. In particolare di rispettare gli accordi sottoscritti nel 2013 che si impegnavano a garantire i livelli occupazionale all’Officina. Gli accordi sottoscritti impegnavano le FFS a mantenere per un periodo transitorio di 7 anni circa 430’000 ore di lavoro annue. Ebbene, non solo quella cifra è scesa di circa il 20% (stabilendosi attorno alle 340’000 ore), ma le prospettive verso le quali sono orientate le FFS vanno (per i prossimi cinque anni) verso le 300’000 ore di lavoro, praticamente una riduzione del 30%. Questi cali si sono già pesantemente manifestati sul personale con la cancellazione di più di un centinaio di posti di lavoro, e poco importa che fossero in gran parte interinale: si tratta comunque di posti di lavoro che vengono soppressi!
Un secondo aspetto riguarda l’ubicazione. Ora il discorso diventa a dir poco surreale quando si sente che tutti (i comuni, le FFS, il Cantone, etc.) stanno cercando un terreno ideale che possa accogliere questa nuova officina. Come se il luogo dove, da ormai più di cent’anni l’Officina è ubicata, avesse dimostrato di non essere “ideale” per questo tipo di attività e fosse necessario trovarne un altro. Un luogo che per la sua centralità, per le sue dimensioni, per la sua storia e la sua collocazione non ha e non può avere eguali altrove. Senza dimenticare che la difesa di questo comparto, come comparto industriale – e di un’industria, come possiamo dire, “familiare” come è quella ferroviaria e dei trasporti – corrisponde anche ad una certa idea di città. Un’idea esattamente opposta a quella immaginata dalle FFS con il loro progetto Area e “gli interessanti sviluppi urbanistici” alla base di quel progetto. Le autorità comunali, che per anni hanno sostenuto che l’Officina andava bene là dove era, ora sembrano più possibilisti: ha cominciato il sindaco Branda poco prima delle ultime elezioni comunali (“lo spostamento dell’Officina non è più un tabù”) ed ora questa posizione sembra essere diventata patrimonio comune.
Infine, ma non certo, ultimo l’aspetto legato al futuro dell’Officina. E anche qui sorprende non poco che le FFS, ed il codazzo di amministratori comunali che pendono dalle sue labbra, non richiamino le FFS (e i responsabili cantonali) sul fatto che per il futuro dell’Officina non pare necessario inventarsi una strategia: essa ha già avuto una sua concretizzazione di massima nel progetto di centro di competenza e nelle prospettive di sviluppo ad esso legate. Ma gli orientamenti legati al trasferimento dell’Officina, alla costruzione di una nuova officina, rappresentano di fatto una rottura, l’affossamento di quel progetto. E questo, val la pena dirlo, in assoluta coerenza con il mancato sostegno a questo progetto sia da parte del Cantone che delle FFS, con l’intenzione non troppo nascosta di non farlo decollare. Lo spostamento dell’Officina darebbe un colpo definitivo a questo “scenario”.
Sono tutte queste ragioni che devono spingere a rifiutare di entrare in discussione sulla questione nuova Officina. Le priorità sono e devono essere altre: il rispetto degli accordi sottoscritti, la difesa dei posti di lavoro, un progetto industriale degno di questo nome. Tutto il resto è puro sciacallaggio.
*Articolo pubblicato il 1° settembre su Solidarietà.