di Guillermo Almeyra
Con un’astensione di quasi il 39%, il governo – che eleggeva in 20 Stati su 23 suoi governatori – ha vinto in 17 Stati (che potrebbero arrivare a 18, se conquista anche quello di Bolívar) ottenendovi una larga maggioranza di votanti. Inoltre, ha tolto ad Henrique Capriles (uno dei golpisti dell’opposizione) il popoloso Stato di Miranda.
Come è avvenuto con la massiccia partecipazione alle elezioni costituenti, la maggioranza del popolo venezuelano e tornato a votare per una soluzione pacifica e politica alla crisi istituzionale e contro il golpe che promuovevano da fuori gli Stati Uniti e il segretario dell’OEA, Luís Almagro.
Queste elezioni sono state imposte all’opposizione dal fallimento dei loro tentativi golpisti e del loro illegale referendum, da cui è uscita divisa. Il risultato è la vittoria politica della sensatezza e del governo, che consolida in seno alla stessa opposizione i fautori del dialogo; ad esempio, Ación Democrática, che ha vinto 4 dei 5 governatorati oggi in mano all’opposizione isolando ulteriormente Almagro e la Conferenza Episcopale.
Il popolo venezuelano ha ribadito di non volere una guerra civile e meno ancora un’ivasione straniera.
Questo, tuttavia, non vuol dire che la maggioranza dei votanti abbia dato a Maduro un mandato in bianco, né che ne appoggino le scelte politiche. Al contrario, con maggior respiro democratico raddoppieranno le proteste per la passività governativa di fronte alla speculazione, alla tremenda crisi economica, alle politiche antidemocratiche e anti-ambientali di Maduro, che cerca soltanto di rafforzare il potere della boliburguesía e dell’Esercito, che ne costituiscono il principale sostegno.
Maduro ha a proprio vantaggio la volontà di pace e il rigetto della minaccia imperialista, ma ha a suo sfavore la sua stessa impotenza (nel migliore dei casi) e la sua incapacità sul terreno economico. Contro la speculazione, si limita a controlli burocratico-polizieschi, senza riuscire a ridurre la speculazione cambiaria, né l’accaparramento di beni alimentari, né il dissanguamento per le divise che fuggono all’estero, e non ha preso alcuna fondamentale misura anticapitalista, mentre in compenso ha burocratizzato e istituzionalizzato tutte le organizzazioni che Chávez sperava servissero a creare potere popolare e a soppiantare il potere statale capitalista. Il PSUV non è più che un’efficente macchina elettorale e la voce dei lavoratori viene azzittita dalle autorità. Ora però, appunto perché ha vinto la battaglia elettorale con Maduro, quest’ultimo sarà ormai costretto ad affrontare i bisogni sociali di fronte alla crisi economica che si approfondisce.
Per questo il madurismo acritico è altrettanto criminale degli appelli degli ultrasinistri sciocchi a rovesciare immediatamente Maduro. Noi socialisti appoggiamo le misure di difesa di fronte all’imperialismo, ma ci opponiamo alle politiche capitalistiche di Maduro.