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di Giuseppe Sergi*

Quando qualcuno ci chiede quale sia il nostro salario, cosa rispondiamo? Una somma mensile che, nella quasi totalità dei casi, riceviamo per 13 volte all’anno.

È da questa percezione generale che bisogna partire per far sì che il dibattito sul salario minimo legale possa sul serio essere un dibattito ampio, pubblico e tale da permettere ai cittadini e alle cittadine, ai salariati e alla salariate di questo cantone, di farsi un’idea precisa, di prendere posizione rispetto alle proposte che invece circolano ogni giorno. Per far sì che questo avvenga è necessario, ad esempio, abbandonare una discussione che, per il momento, si svolge a livello di salario orari: circolano proposte di 19, 20, 21 franchi orari che, per la stragrande maggioranza delle persone, non significano assolutamente nulla; nulla di confrontabile con i termini salariali ai quali normalmente si fa riferimento e che servono da termini di paragone.
Ad esempio il salario orario di 20 franchi al quale ha fatto riferimento il Tribunale federale nella sua sentenza su Neuchâtel (e di cui tutti parlano nelle discussioni) corrisponde ad un salario annuale di 41.759 franchi. Tradotto nel linguaggio salariale che tutti conoscono, al quale si è fatto riferimento negli ultimi 40 anni in questo cantone, significa un salario mensile di 3.212 franchi (41.759 diviso 13).
È su questa linea che si muovono tutti coloro che fanno proposte in una direzione o nell’altra. Ad esempio, chi propone 21 franchi, in realtà propone un salario annuale di 43.680 franchi, pari, su tredici mensilità, a 3.360 franchi. Un salario con il quale c’è poco da stare allegri! Purtroppo è attorno a questi che si muovono coloro che contestano le proposte padronali e del Governo. Che abbelliscano la loro proposta calcolandola su dodici mensilità e non su tredici non cambia minimamente le cose, se non permettere loro di fare una più bella figura avendo l’aria di fare una proposta più «decisa» di quella padronale. Persino chi si è avventurato un po’ più avanti, ad esempio il PS, ha proposto, proprio a commento della decisione del TF, un salario di 3.750 franchi mensili, naturalmente senza indicare se fosse per 13 o per 12. Se fosse, come a noi pare probabile visto che tutti si muovono nella stessa logica, avremmo anche in questo caso un salario annuale di 45.000 franchi che, ricondotto alla consuetudine, significa un salario mensile di 3.460 franchi. Ed è la proposta più avanzata fin qui sentita: giudichino i lettori e le lettrici se un salario mensile comunque inferiore ai 3.500 franchi può essere un salario «dignitoso», con il quale vivere in Ticino.
Questo riferimento alla «misura comune», alla «consuetudine» del calcolo dei salari è fondamentale, poiché uno degli obiettivi del salario minimo – almeno per coloro che lo propongono – è di combattere il dumping salariale, impedire cioè che i salari effettivi (che si sono sviluppati e stabilizzati ad un certo livello negli anni nei vari settori) vengano spinti verso il basso, proprio dal proliferare di salari bassi. Ma anche un salario minimo troppo basso, come quelli indicati, svilupperebbe la stessa dinamica: attirerebbe inevitabilmente verso il basso i salari effettivi, spingendo verso il basso tutto il sistema salariale.
Per questo una discussione seria sul salario mensile deve avere punti di riferimento chiari che ne «giustifichino» in qualche modo la proposta.
A noi pare che uno dei punti di riferimento potrebbe essere il salario mediano, cioè quello che divide in due tutti i salariati: metà sono sopra e metà sotto. In Ticino, facendo riferimento a coloro che non hanno funzione di quadro (cioè la stragrande maggioranza della popolazione attiva e coloro che ad una decisione sul salario minimo sarebbero in qualche modo collegati), avremmo un salario mediano di 4.640 franchi mensili, cioè di 55.680 franchi annui. Se riportiamo questo salario su 13 mensilità avremmo un salario di 4.283 franchi. Una cifra che divide a metà, come detto, questa ampia categoria di lavoratori (metà guadagnano meno, metà di più).
Ed è partendo da considerazioni di questo tipo (possono valere altri criteri: ma almeno se ne fissi qualcuno serio nella discussione) che l’MPS ha sempre sostenuto che non possa essere accettato un salario minimo legale inferiore ai 52.000 franchi annui (4.000 franchi per 13 mensilità). Proposta che avevamo consegnato in un’iniziativa popolare già nel 2007 quando gli attuali «combattenti» della lotta al dumping dormivano sonni tranquilli, convinti che le misure di accompagnamento ci avrebbero protetti dal dumping; iniziativa che il Gran Consiglio ha pensato bene di dichiarare irricevibile.
Come si vede si tratta di una proposta in sintonia con la stratificazione salariale della grande maggioranza dei salariati e che quindi eviterebbe una pressione verso il basso come invece rischiano di fare gli attuali livelli salariali attorno ai quali ruotano le proposte sul salario minimo. Solo a questi livelli si potrà discutere seriamente e senza dover arrossire dalla vergogna di un salario «dignitoso»; senza dimenticare che un salario minimo legale è, per l’appunto, legale: cioè è un salario che chiunque deve accettare perché legalmente valido. E allora, di che dignità e legalità si può parlare di fronte a proposte salariali che si situano a poco più di 42-43.000 franchi annui per un lavoro a tempo pieno?

*Opinione apparsa sul Corriere del Ticino del 16 ottobre 2017.

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