di Gianni Frizzo
Lo scorso 14 ottobre una folta delegazione di lavoratori dell’Officina si è presentata davanti al Gran Consiglio (in seduta) per presentare una petizione firmata da praticamente tutti i lavoratori attivi nello stabilimento. In essa si ribadiscono le rivendicazioni che i lavoratori ormai da tempo sostengono. Qui di seguito l’intervento di Gianni Frizzo al momento della consegna della petizione (Red).
Amiche e amici,
Colleghe e colleghi,
Non v’è più alcun dubbio che il tempo delle domande da porre alle FFS e alle istituzioni politiche sia ormai esaurito. Siamo alla fase successiva, quella dei bilanci, dello stilare gli elenchi dei fatti appurati, il tempo delle denunce e delle azioni concrete per far fronte alle palesi incoerenze per il mancato rispetto degli accordi presi da parte FFS. Quello che in sostanza, denunciano, con determinazione, le maestranze che hanno firmato la petizione, e quelli presenti quest’oggi con lo scopo di mostrare e far sentire il loro disappunto e la più che giustificata rabbia!
Si ha più che una sensazione che quello che per le FFS non è riuscito, in questi anni, con le maestranze ed i loro rappresentanti, in regime post sciopero (Tavola rotonda e Piattaforma), lo stanno collaudando, direi anche con successo, a livello istituzionale, con l’intento di indebolire e frazionare il fronte comune, costituitasi nel 2008, mediante la difesa del bene comune qual è l’Officina.
Un modo d’agire, quello delle FFS e accoliti, subdolo, mettendo in campo assurdi artifizi . Stoppato momentaneamente, nel 2013, lo studio AREA, eccoci confrontati con nuove strategie, come le allegoriche “visioni e apparizioni”, giungendo poi alla più recente “prospettiva generale Ticino”. Dei modi ambigui per veicolare, all’opinione pubblica, il messaggio: Liberiamo l’area pregiata di 100’000 metri quadri sulla quale sorge l’Officina da oltre 140 anni, per far posto a qualcosa di più dignitoso e redditizio degli attuali posti di lavoro. E perché no, mi viene voglia di dire, magari per far posto ad appartamenti per famiglie degli attuali e futuri disoccupati, che partoriranno le OBe, per palese distrazione di coloro che, attraverso: dichiarazioni, promesse e atti regolarmente ratificati, si erano presi l’impegno di vigilare e progettare quanto necessita affinché ciò non accadesse?
Vista la non entrata in materia sulle nostre premesse, con “Prospettiva generale Ticino” hanno, in tutti i modi, cercato di trascinarci in una sorta di complicità, nel spingerci ad entrare in materia, su degli ipotetici e nebulosi, scenari futuri per le OBe, inducendoci, di fatto, a dover ignorare il passato, trascurare il presente e nel non darsi pensiero per quanto potrà accadere nel medio termine e nella cosiddetta fase transitoria o ante “sgombero”!.
Insomma, facendoci entrare in un contraddittorio, nebuloso, inconsistente e pericoloso (visti i numeri) scenario di un’ipotetica “transumanza” (visto il periodo in cui siamo) di quel poco che, tra 10/15 anni, resterà dell’attuale attività e occupazione presenti ora alle OBe.
Basta dunque con le domande dalle risposte scontate, ma necessitano più che mai, bilanci, denunce e puntuali azioni per i torti, le incoerenze e le palesi omissioni perpetrate ai danni delle maestranze e del potenziale sviluppo delle OBe. Bilanci che, in barba alle convenzioni, ai contratti di prestazione e agli accordi sottoscritti, ci indicano che, dal 2013 (firma della convenzione), a fine agosto 2017, abbiamo già perso, alle OBe, la bellezza, di circa 130 posti di lavoro, e attività pari circa a 90’000 ore annue. Dunque: meno 28 % di braccia e d’attività. Niente male vero! Intanto che, da una parte si dibatte sul 2030, dall’altra (come se fossero due parti avulse) si sta, da 5 anni a questa parte, togliendo le fondamenta e sgretolando le mura portanti dall’esistente, senza che nessuno, a parte le maestranze, batta ciglio!
Tutto ciò, ripeto, in barba agli accordi sottoscritti a livello aziendale e istituzionale, nei riguardi delle OBe anche come fulcro, cuore e polmone del Centro di Competenze. E’ facile dunque immaginare, di questo passo e senza una moratoria vincolante per le parti, cosa resterà dell’attuale Officina tra pochi anni! Considerato poi che quasi un terzo d’Officina si è già dileguata come la neve al sole! Ecco dunque spiegato uno dei motivi principali, che hanno spinto le maestranze a rimettere in campo, con urgenza, l’iniziativa popolare del 2008.
Siamo qui, con fermezza a dir questo, perché crediamo che nulla ancora sia già perduto, basta solo ricomporre i ranghi e, di comune accordo, puntare diritti agli obiettivi prefissati nel far rispettare gli impegni sottoscritti che nessuno può dire di misconoscere, tanto meno le autorità politiche cantonali e comunali.
Non si vorrebbe che, anche in questo caso, si dovesse ricorrere a un’inchiesta giornalistica (sarebbe magari anche tempo e ora) per poter sviscerare i fatti e far venire a galla quanto di fuorviante e ipocrita si celi dietro la vicenda delle Officine.
Le maestranze ed i loro rappresentanti continueranno imperterriti, con dignità e coerenza a resistere, a lottare, mettendoci, come sempre fatto, la faccia, perché credono che le oBe, con la sue potenzialità occupazionali, meritino una sorte migliore da quella che si prospetta loro attraverso l’onnipresente e bieca logica del profitto e dei cosiddetti compromessi pragmatici, a beneficio di pochi eletti.
Non abbiamo dubbi nel credere che le cittadine e i cittadini ticinesi e della svizzera italiana, hanno ben capito la posta in gioco e non mancheranno sicuramente d’essere, come lo sono sempre stati fin dal 2008, al fianco delle maestranze nella difesa di questo bene comune.
Grazie di cuore!
Resistere! Resistere! Resistere!